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(1788-1873).
E' la figura più notevole di pedagogista ed educatore dell'area del cattolicesimo liberale. Fondatore nel 1836 della prima rivista pedagogica italiana, la "Guida dell'educatore", e di un istituto privato a S.Cerbone, fu ispettore generale delle scuole della Toscana nel 1859, senatore del Regno d' Italia, presidente dell'Accademia dei Georgofili, docente di Pedagogia nel Regio Istituto di Studi Superiori di Firenze.
Il suo pensiero è affidato a scritti quali "Dell' educazione" (1849), "Discorsi ai maestri" (1851), "Dialoghi sull'istruzione" (1860 e segg.). I suoi esordi furono per lo più pratici: negli anni Venti e Trenta fu in rapporti con quegli intellettuali (tra cui soprattutti il marchese C.Ridolfi) che, riuniti nell'Accademia dei Georgofili, individuavano nell'agricoltura il fattore essenziale del progresso civile. I suoi primi scritti furono quindi finalizzati ad un disegno di educazione professionale per divulgare tra gli imprenditori agricoli i metodi e gli strumenti della libera produzione.
Per
Lambruschini (come in precedenza per Pestalozzi) solo l'educazione dei contadini
a lavorare la terra in modo moderno e produttivo poteva impedire alle masse
popolari di diventare macchine al servizio dell'industria: nella sua concezione
cattolica e liberale, come in quella dei moderati del tempo, il filantropismo
sociale doveva sposarsi con il riformismo economico. Con queste motivazioni
nacque anche la scuola di S.Cerbone: sorta come istituzione annessa ad
un'azienda agricola (sul modello svizzero di Pestalozzi ma anche su quello
locale di Meleto voluto dal Ridolfi), essa doveva essere nello stesso tempo un
convitto per pochi giovani delle classi abbienti e centro propulsore per la
formazione della gente dei campi. Nella scuola l'atmosfera era famigliare e
Lambruschini si comportava come un padre, facendo leva sugli interessi degli
allievi ed associando all'istruzione attività di tipo pratico. Tra le materie
insegnate (i docenti erano tutti specializzati per aree o tecnici e
professionisti) grande rilievo avevano le lingue moderne e le discipline tecnico
scientifiche, così come ampio spazio era lasciato all'educazione fisica. Ma la
formazione morale costituiva per Lambruschini il nucleo essenziale della sua
iniziativa: gli alunni erano responsabilizzati e chiamati ad esprimere una
valutazione settimanale sull'andamento delle attività comuni; inoltre
partecipavano alla redazione di un loro giornale e a quella di una rivista della
scuola, "L'Aurora", che veniva scambiata con l'analoga dell'istituto
di Ridolfi.
Sciolto
per motivi economici S.Cerbone, dopo il fallimento dei moti del '48-9
Lambruschini si ritirò dalla vita politica attiva e per un decennio si dedicò
alla riflessione teorica e all'elaborazione delle sue idee esposte nelle sue
opere già ricordate.
Secondo
Lambruschini, due sono le finalità dell'educazione: sviluppare la personalità
dell'individuo favorendo il libero manifestarsi delle sue potenzialità, e
fornire tutti i supporti cognitivi e morali per il raggiungimento di questo
obiettivo. Ma non c' è personalità senza moralità e questa si identifica con
la legge divina, universale ed eterna. Quindi la religione è fondamento
essenziale dell'educazione, a condizione che formi l'intelletto e la volontà
salvaguardando la libertà individuale e la spontaneità della coscienza, senza
opprimerle e soffocarle. Se non si nega l'autorità della Chiesa, tocca
soprattutto alla famiglia (e certo nell'età moderna, in seguito al mutamento
delle condizioni sociali e a quello conseguente tra genitori e figli, questo
compito è più diretto e delicato) provvedere ad una solida e rigorosa
formazione etica. La scuola deve affiancarsi alla famiglia, colmandone le lacune
e completandone la funzione. Essa deve essere organizzata dallo Stato, senza
limitare l'iniziativa dei privati che non riceveranno finanziamenti ma neppure
saranno sottoposti a controlli facendo della qualità dell'offerta formativa
l'unico fattore concorrenziale per attirare gli allievi.
Quanto
ai modelli pedagogici, Lambruschini si mostra ancora una volta
"moderato" nella ricerca di un compromesso tra i vecchi indirizzi
educativi autoritari e quelli emergenti come frutto della nuova situazione
sociale dove il bambino viene lasciato a se stesso e senza una guida. In
sintonia con la dottrina cristiana che concepisce la libertà come obbedienza
alla legge divina, egli riconosce che l'autorità è necessaria e costituisce il
compimento della libertà in quanto induce l'individuo, in sé debole e
inconsapevole, a fare ciò che è giusto e utile. L'educazione non è né solo
un intervento dall'esterno, né solo uno spontaneo estrinsecarsi di impulsi
interni: essa è mediazione tesa a promuovere la libertà e l'autonomia del
fanciullo che si realizza quindi nella cooperazione tra maestro e allievo. Al
primo spetta in primo luogo il compito di eliminare il male dall'animo
infantile: deve quindi essere a sua volta persona retta, preparata, in possesso
di tutte le informazioni sui suoi allievi. Su questa base, egli dovrà cercare
di esercitare un'autorità non certo fondata sul timore, ma sulla stima e
sull'amore, condizioni che la rendono accettata e quindi efficace. Il suo
problema fondamentale sarà quello di trovare di volta in volta, in mancanza di
una regola generale, una "giusta misura" in ogni intervento.
Secondo
Lambruschini vi sono alcune modalità da tenere presenti nell'esercizio concreto
della prassi pedagogica. La prima è l'educazione indiretta che si distingue in
negativa (in quanto tende ad eliminare tutto ciò che ostacola una corretta
maturazione della persona) e positiva (che consiste nel creare condizioni
favorevoli affinchè le potenzialità naturali possano esprimersi al meglio).
Seguirà l'educazione diretta che consiste nell'esercizio dell'autorità
dell'insegnante, che deve essere limitata e impiegata tenendo conto di alcune
condizioni quali l'età dell'allievo, il suo carattere, le sue abitudini ecc.
Soprattutto l'autorità non deve soffocare la libertà, ma promuoverla
insturando nel fanciullo il primato della retta coscienza che si realizza quando
lo si induce a volere ciò che l'adulto vuole ragionevolmente per lui. I
castighi e i premi devono pertanto essere un sussidio cui ricorrere solo
eccezionalmente. Quanto al problema dell'istruzione, Lambruschini liquida
recisamente la vecchia teoria della disciplina formale che la faceva consistere
quasi esclusivamente con l'esercizio lungo e paziente di di forme-valori e la
limitava alla sola sfera mentale. Ma egli respinge anche la nuova tendenza di
matrice illuminista a dare il primato assoluto agli studi scientifici, con
l'illusione che essi servano in modo esclusivo a sviluppare la ragione autonoma.
Il compito della pedagogia moderna sarà pertanto quello di trovare un
equilibrio tra i vari contenuti (umanistici e scientifici, intellettuali e
sentimentali, religiosi e laici) in modo da sviluppare tutte le potenzialità
dell'essere umano e prepararlo ad affrontare le molteplici dimensioni della
vita, pubblica e privata. Bisogna dunque che l'insegnamento parta
dall'esperienza dell'alunno, procedendo dalla globalità alla distinzione, da
un'idea oscura dell'oggetto all'analisi dei fattori costitutivi. Si perverrà
infine alla ricostruzione sintetica in modo da ottenere la pluralità nell'unità.