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J.F. Herbart

 

(1776-1841)

Sintesi da www.ilgiardinodeipensieri.com/storiafil/pancaldi-2.htm

 

Certamente la prima metà dell'Ottocento ha visto notevoli esperienze pedagogiche illuminate da fine sensibilità sulla psicologia infantile e sorrette da profonde intuizioni metodologiche. Tuttavia solo con  Herbart  la pedagogia esce dallo spontaneismo e dalla improvvisazione e si avvia ad acquisire lo statuto di scienza autonoma. Egli le conferisce una solida base filosofica pur senza dimenticare i concreti problemi didattici. Formatosi alla scuola di Kant e Fichte, si dedica poi alla pedagogia studiando il metodo pestalozziano e scrivendo il suo capolavoro in materia, la "Pedagogia generale dedotta dal fine dell'educazione "(1806). Insegnante a Gottinga e Koenigsberg, scrive ancora una "Psicologia come scienza" (1824-5) e, prima della morte, un "Disegno di lezioni di pedagogia".

Herbart orienta la sua riflessione in senso nettamente anti-idealistico, rifiutando la identificazione della pedagogia con la filosofia e la centralità della dimensione spirituale nel rapporto maestro-scolaro. Ma egli nega anche la riduzione della pedagogia a pratica empirica. La pedagogia è scienza autonoma dell'educazione, anche se per giungere a questo obiettivo ha bisogno di un metodo che le consenta di acquisire uno statuto disciplinare e ne stabilisca le competenze. Ma autonomia non significa isolamento: al contrario la pedagogia è scienza eminentemente interdisciplinare in quanto dipende sia dall'estetica (che, come scienza del bello e del bene, indica le finalità generali da realizzare) che dalla psicologia. Quest' ultima in particolare assume un ruolo rilevante in quanto tocca a lei definire i mezzi per la concreta attuazione del percorso formativo mediante la definizione di soggetto conoscente e la spiegazione del processo conoscitivo. Sotto questo profilo Herbart si mostra ostile tanto all'idealismo (che riduce la realtà a una sostanza spirituale, ossia all'Io e alla sua attività) quanto all'illuminismo (che sostiene la dottrina delle facoltà dell'anima). Seguendo l'insegnamento di Kant, egli sostiene che la realtà è data dalla dinamica delle cose molteplici (chiamate anche "reali") che si offrono alla nostra esperienza secondo una molteplicità di profili che è relativa alle variazioni sensibili attraverso le quali esse ci si presentano. Ognuno di essi entra in rapporto con l 'io umano e genera una relazione specifica che si chiama "rappresentazione", costituente l'oggetto di studio della psicologia La stessa anima non è che uno dei tanti "reali" di cui è possibile conoscere l'esistenza solo mediante l'interazione con gli altri enti. Come dicevamo, la vera realtà è costituita dal complesso delle relazioni tra l'io e le cose e può identificarsi con i meccanismi psichici del soggetto. Se la "cosa in sé" è inconoscibile e la solo realtà per noi accessibile è data dai processi e dalle rappresentazioni dell'anima, è importante guidarli e sostenere la formazione nel giusto senso di "masse appercettive" psichiche. Infatti alla psicologia tocca il compito di studiare le leggi che descrivono l'associazione e il movimento delle rappresentazioni. Prima di esse non esistono facoltà dello spirito: tutto si origina come funzione delle idee che, combinandosi tra loro secondo certe affinità che le associano e le dissociano, producono l'attività psichica rappresentativa. Essa si esplica come una serie di stratificazioni progressive di ciò che via via si deposita dalle percezioni dando luogo appunto alla "massa appercettiva": infatti le rappresentazioni si associano e si collegano tra loro creando delle "masse", che funzionano come poli d'attrazione per le nuove rappresentazioni. Quelle più deboli, isolate e poco aggregate, cadono al di sotto della soglia della coscienza, riemergendo in concomitanza con la formazione di adeguate masse rappresentative. Lo sviluppo conoscitivo è proporzionale all'ampiezza e alla duttilità della massa appercettiva, cioè, in altri termini, alla strutturazione della vita psichica. Poiché questo avvenga nei modi appropriati e nel corretto rapporto quantità-qualità, occorre un'istruzione educativa che guidi tale processo. Ciò è tanto più necessario se si pensa che per Herbart anche la vita etica è insieme originata e condizionata dal pensiero: poiché l'apprendimento consiste fondamentalmente nell'iter di istruzione prescelto, si tratta di considerare i programmi di insegnamento e la metodologia didattica più idonea alla loro corretta assimilazione. Compito dell'educazione è la formazione di una personalità sviluppata in tutti i suoi aspetti secondo i cinque valori fondamentali indicati dall'esperienza: libertà interiore, perfezione, benevolenza, diritto, equità. Poiché l'estetica è la scienza dei valori, la pedagogia risulta subordinata all'estetica come i mezzi ai fini. In vista del raggiungimento di questo obiettivo risulta indispensabile la formazione del carattere, di cui l'educatore è responsabile pur dovendo fare i conti con mezzi e circostanze esteriori. Poiché il bambino viene al mondo senza volontà, preda di impulsi incontrollabili, bisogna che la sua formazione morale avvenga con sforzo e istruzione. Le condizioni per l'istruzione educativa risultano pertanto il governo e la disciplina. Con il termine "governo" Herbart intende il controllo esercitato dall'educatore sull'allievo al fine del mantenimento dell'ordine: esso è necessario finché non sia stata raggiunta l'età della ragione e dell'autocontrollo. Fino a questo momento il governo pone le premesse per il superamento del periodo in cui il carattere è dominato da fattori anteriori alla volontà del singolo. Quest'ultima è frutto di uno sforzo autocosciente verso il miglioramento ed è guidato dai valori indicati dall'estetica. Con la "disciplina" l'atteggiamento di comando dell'educatore deve trasformarsi in un ' azione di guida dell'istruzione intellettuale e di sostegno del comportamento: ciò significa che l'educazione può realizzarsi solo attraverso l'istruzione, o, detto in altri termini, che la formazione intellettuale comprende anche quella del carattere morale. Herbart è convinto che i valori morali non derivino né da un moto spontaneo dello spirito né dall'esperienza: è necessaria "un'istruzione educativa" come trasmissione ed elaborazione della cultura. L'apprendimento deve pertanto essere inteso come processo di organizzazione delle esperienze (o masse appercettive) che attribuiscono profondità e significato ai fatti nuovi acquisiti inserendoli in un contesto dinamico che si sviluppa a gradi e livelli sovrapposti. Il problema educativo consiste quindi nella scelta del materiale adatto a formare esperienze valide e nella messa a punto di procedure metodologiche in grado di svilupparle.

Se cinque sono i valori che costituiscono i fini educativi generali, altrettanti sono i criteri metodologici fondamentali per ogni tappa d'insegnamento: a) la preparazione (richiamare quanto già appreso e indicare l'aggancio con le nuove nozioni); b) presentazione (avvio di un nuovo apprendimento mediante la concatenazione tra più nozioni); associazione (sistemare le nuove nozioni all'interno del tessuto cognitivo già acquisito); generalizzazione (formazione di regole generali per astrazione dal materiale appreso); applicazione (esercizi di verifica e di consolidamento del sapere). Ma questi criteri non potrebbero funzionare se non ci fosse un legame con lo scopo educativo che favorisca la concatenazione tra i contenuti via via appresi. Questo legame è costituito dalla multilateralità dell'interesse, che consente di evitare la dispersione delle attività educative orientandole verso la formazione morale della persona nella sua integralità. L'interesse è alla base della conoscenza in quanto si colloca in posizione mediana tra l'indifferenza e il desiderio. In apparenza desiderio e interesse sono fortemente simili ma il secondo si caratterizza perché non dispone del suo oggetto ma ne dipende. Esso non si collega a nessun contenuto finché non è animato dal desiderio di qualcosa e dalla volontà di raggiungerla: grazie ad esso una cosa percepita assume un valore particolare rispetto alle altre appercezioni per il peso acquistato nel nostro animo. Naturalmente non è possibile elencare tutti gli oggetti interessanti, mentre risulta più proficuo delineare un quadro dei gruppi fondamentali di interesse. Vi saranno allora due grandi aree che comprendono gli interessi di conoscenza e quelli di partecipazione: i primi, concernenti sia la natura che l'uomo, mirano al raggiungimento delle leggi che disciplinano la mutevolezza dei fenomeni reali, mentre i secondi, che concernono solo l'uomo, pur constatando la mutevolezza irriducibile dei casi umani, ne tentano anche una sintesi ed una valutazione sulla base di valori generali. A loro volta gli interessi della conoscenza si distinguono in rapporto all'attività teoretica ( dove possono riferirsi alla natura o alle idee) e all'attività di valutazione (che può svolgersi anche in senso pratico concernendo i valori estetici del bello e del buono). Se gli interessi della conoscenza riguardano la sfera mentale, quelli della partecipazione riguardano la sfera affettiva e possono essere distinti nel rapporto che noi abbiamo con gli altri uomini (sia nel senso dei singoli individui, sia nel senso della collettività) e nel rapporto che abbiamo con Dio (interesse religioso). Questa classificazione risponde all'esigenza di evitare la frammentazione del processo educativo garantendo l'unitarietà del curricolo di studi, i cui contenuti, identificabili con le scienze stesse, devono soddisfare nello stesso tempo i sei interesssi fondamentali. Pertanto seguendo un certo piano di studi vi saranno contenuti e comportamenti che dovranno essere appresi contemporaneamente, mentre gli interessi, nella loro multilateralità, consentiranno di far rientrare le materie in un unico processo istruttivo. Quest'ultimo, comunque possa venir strutturato, dovrà svolgersi in ogni caso all'interno di due fattori fondamentali dell'educazione: la scienza (per gli interessi della mante) e l'umanità (per gli interessi del cuore). In riferimento alla scienza, Herbart raccomanda la scelta di discipline dotate di particolari capacità di suscitare la concentrazione e la riflessione sull'unità del sapere: per gli studi elementari la scelta dovrà cadere sulla Geografia, che contiene le rappresentazioni essenziali del tempo e dello spazio, e per gli studi superiori sulla Storia. Ma Herbart valorizza anche la funzione formativa della matematica, da integrarsi però con lo studio delle altre scienze speciali, in particolare il diritto. Per quanto riguarda l'umanità, questo valore verrà apprezzato soprattutto attraverso lo studio della letteratura classica, a partire dall'"Odissea", la cui lettura in lingua originale dovrà essere proposta fin dall'età di 8-9 anni.

Gran parte dell'attenzione teorica di Herbart è dedicata ai problemi del metodo ed in particolare alla struttura della lezione, strumento fondamentale per un insegnamento-apprendimento che sia organico, di cui tenta per primo una definizione scientifica secondo i criteri più sopra indicati. La sua organizzazione corretta, scandita in un ordine di successione necessaria che non può essere variato, permetterà di procedere con apprendimenti pluridisciplinari e secondo itinerari programmati. Del resto l'impostazione metodologica risulta congrua rispetto alla concezione dell'apprendimento elaborata dalla psicologia. Esso si articolerebbe in due momenti distinti eppure complementari: la penetrazione, in cui la mente si assorbe in oggetti distinti, e la riflessione che collega in unità le varie conoscenze. In relazione a queste modalità, si possono indicare tre procedimenti istruttivi: quello descrittivo, teso al chiarimento della massa delle rappresentazioni, quello analitico, che insegna collegarle procedendo per distinzioni e divisioni, e quello sintetico che si serve delle idee per realizzare nuove sintesi.

Quanto ai problemi di politica e organizzazione scolastica assai dibattuti, come s'è visto, negli anni della Restaurazione, Herbart assume una posizione liberale coerente con le linee generali del suo pensiero pedagogico. Lo Stato dovrebbe avere un ruolo limitato alla fornitura delle condizioni di servizio, mentre le scuole dovrebbero godere di autonomia nell'elaborazione dei curricoli e dei percorsi formativi. Anche in sede di strutturazione dei cicli scolastici, Herbart si orienta nel senso di una sua semplificazione che comprende una scuola di base per tutti ed una scuola superiore articolata in due indirizzi: quello classico e quello tecnico.

Per l'ampiezza dei suoi temi e la novità di molte soluzioni, la riflessione psico-pedagogica di Herbart ebbe vasta influenza sia in Europa sia in America. Specialmente l'impronta scientifica fece sì che essa riscuotesse ampi consensi nell'età del Positivismo, senza peraltro mancare di lasciare una traccia significativa anche in molti pensatori contemporanei.

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