Il totalitarismo solare

Come tutte le utopie, la società solare si presenta come il vivere civile perfetto secondo ragione e natura ; né c'è la minima contraddizione fra questa e quella : la società ragionevole è anche quella più addatta alla natura umana. In questa società perfetta, niente è lasciato al caso ; è proprio una società totalitaria, nel senso che ogni minimo aspetto della vita sociale è regolato, non tanto da leggi - « son pochissime » - quanto da costumi, che non sono altro che leggi interiorizzate. Il totalitarismo campanelliano è quindi ben diverso da quello di Machiavelli, che un tempo scriveva : « mai fia perfetta una republica se con le leggi sue non ha previsto a tutto, ed a ogni accidente posto il rimedio e dato il modo a governarlo ».17 Le leggi possono essere ridotte al minimo, perché nella società perfetta c'è un'adesione totale di ogni individuo alle regole che reggono la collettività. Non è che non ci avvenghino misfatti tra i Solari, anche se il Genovese in un primo tempo lo dà a intendere.18 Ma se i Solari correggono i falli dei loro concittadini - e qui riemerge l'immagine del corpus politicum -, lo fanno in modo « che paion l'un membro dell'altro » (CS, p. 1104) ; se il reato è più grave, è con grandi manifestazioni di dolore che si dispongono « a resecare un membro infetto dal corpo della republica » (CS, p. 1103). La logica di una concezione della società come insieme organico vuole anche che la pena di morte sia eseguita dalla collettività intera. Insomma, a guardarci bene, ci si accorge che l'atteggiamento del criminale nei confronti della collettività è all'immagine di quello del peccatore al cospetto di Dio : così come il peccatore abusa del suo libero arbitrio e si sottrae volontariamente all'infinita bontà divina, il reo si esclude volontariamente dalla perfetta società.

Nell'Utopia del Moro, i patres familias potevano liberamente servirsi al mercato di tutto quello che occorreva alle loro famiglie ; nella città solare invece, sì « tutte cose son communi; ma stan in man di offiziali le dispense » (CS p. 1078). Questa mancanza di fiducia non è l'aspetto meno ambiguo del modello che il Campanella ci propone. Lo spionaggio è addiritura istituzionalizzato fra i Solari : un « offiziale » chiamato « Mastro Spia » dirige una rete di « spie che avvisano alla republica ogni cosa » (CS, p. 1091). Pare che il Campanella non condividi la fede del cancelliere inglese nella fondamentale bontà della natura umana, e questo suo pessimismo forse lo accosta nonostante tutto a Machiavelli ; comunque, questo dato ci permette di misurare quanto la visione del mondo si sia fatta più cupa fin dal tempo dell'umanesimo erasmiano.

La società razionale è quella donde sono esiliati Ozio e Malinconia - l'abbiamo già notato - ma anche Fortuna. Se prolunghiamo ancora un po' il confronto con Machiavelli, constatiamo che su questo punto il rovesciamento è completo. Il segretario fiorentino insegnava al politico di contare sempre con le circostanze, di far fronte alla contingenza - che egli stima onnipresente e onnipotente - e persino di trarne vantaggio. In Campanella lo Stato non è più quella barca che solo un bravo nocchiero - un nocchiero « virtuoso » - può governare nel mare della contingenza ; è ormai una macchina ben oliata su cui Fortuna, povera donna, non ha presa.

Nelle prescrizioni riguardanti la generazione, la tendenza alla regolazione totale riceve la sua traduzione insieme più conseguente e più sospetta. Presso i Solari, che « si riden di noi che attendemo alla razza de cani e cavalli, e trascuramo la nostra », il coito fa l'oggetto di cure proprio maniacali, sottoposto che è alla sorveglianza non solo di medici, ma anche di astrologi. Va detto del resto che l'attenzione per le buone disposizioni astrologiche concerne tutti gli aspetti della vita sociale ; essa si spiega senza dubbio per la volontà di farne il riflesso dell'ordine immutabile dei corpi celesti : non si potrebbe esprimere più chiaramente l'abolizione del caso nella vita utopica. Per il lettore della fine del Novecento, l'eugenetica solare può risultare difficile da digerire ; essa risale infatti alla Repubblica platonica. Lì, Socrate propone di introdurre « qualche ingegnioso sistema di lotteria » per ingannare coloro che potremmo chiamare i "postulanti al coito" e fare in modo che « gli uomini inferiori accusino il caso, e non i capi ».19 Ma un cosiffatto stratagemma è inutile nella Città del Sole, non tanto perché « tra loro non ci è bruttezza » come dice il Genovese (il che non impedisce che ognuno abbia le sue preferenze personali), ma perché la sottomissione ai superiori ed alla causa pubblica (res publica) ci è totale : « [...] la generazione è osservata religiosamente per ben pubblico, non privato, ed è bisogno stare al detto dell'offiziali. Platone disse che si dovean gabbare li pretendenti a belle donne immeritamente, con far uscir la sorte destramente secondo il merito; il che qui non bisogna far con inganno di ballotte per contentarsi delle brutte i brutti [...] » (CS, p 1088).


[17] Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1512-1519), Libro primo, cap. 34.3.

[18] CS, pp. 1079-80: « [...] non sendo tra loro latrocini, né assassinii, né stupri ed incesti, adultèri, delli quali noi ci accusamo, essi si accusano d'ingratitudine, di malignità, quando uno non vuol far piacere onesto, di bugia, che aborriscono più che la peste [...] ».

[19] Rep. V, 460a: « Klhroi de tineV, oimai, poihteoi komyoi, wste ton faulon ekeinon aitiasqai ef'ekasthV sunerxewV tuchn, alla mh touV arcontaV ».


© Karl STAS 1998-1999. This document is not to be cited without the written permission of the author.

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