Un « dialogo poetico »

« Dialogo poetico » : questo sottotitolo, apposto ad un testo in prosa, non può non stupire, tanto più che il Campanella ha sempre combattuto la tesi aristotelica che la letteratura dev'essere finzione ; il nostro filosofo non ha dunque chiamato « poetico » il suo dialogo perché è immaginario. Per lui, la differenza fra Calliope e Clio sta tutta nella forma e l'elocuzione : « se si oppone, che differenza è dunque tra li Commentarii di Cesare e Lucano, tra l'istoria e il poema, rispondesi che la differenza consiste principalmente nell'elocuzione » (Poetica, cap. V). Si noti comunque che dire « poetico » è già un modo di non dire « filosofico ».

Ma se la Città del Sole è frutto dell'invenzione, non è allora una di quelle « menzogne » che lo stesso Campanella ha sempre perseguitato dei suoi fulmini ? Se in effetti la letteratura tende a fini edificanti, la bugia è naturalmente da proscrire, com'è detto chiaramente nel sonetto A' poeti : « Son più stupende di Natura l'opre | che 'l finger vostro, e più dolci a cantarsi | onde ogni inganno e verità si scuopre. | Quella favola sol dée approvarsi, | che di menzogne l'istoria non cuopre | e fa le genti contra i vizi armarsi ».16 L'idea è del resto ribadita nella stessa Città del Sole : « [...] non si può dir poeta chi finge menzogna tra loro; e questa licenza dicono che è ruina del mondo, che toglie il premio alle virtù e lo dona altrui per paura o adulazione » (p. 1107). La chiave del problema è forse nella glosa al sonetto A' poeti : « E qui [l'autore] condanna Aristotele, che fece la favola essenziale al poeta: poiché questa si deve fingere solo dove si teme dir il vero per conto de' tiranni, come Natan parlò in favola a David; o a chi non vuol sapere il vero, si propone con gusto di favole burlesche o mirabili; o a chi non può capirlo, si parla con parabole grosse, come Esopo e Socrate usâro, e più il santo Vangelo. Talché l'autore lauda quella favola solo che non falsifica l'istoria, come è quella di Dido in Virgilio bruttissima; ed ammonisce la gente contro i vizi propri o strani, e l'accende alla virtù. Laonde questo ultimo verso dicea nel primo esemplare: "E fa le genti di virtù infiammarsi". » La Città del Sole non è « favola », ma parabola, e l'autore c'invita a leggerla pure sul piano allegorico : lungi dal muoversi nella pura astrattezza, come un dotto dialogo filosofico, questo testo si propone di tradurre idee astratte in immagini concrete.


[16] Opere letterarie, a cura di L. Bolzoni, Torino 1977, p. 101.


© Karl STAS 1998-1999. This document is not to be cited without the written permission of the author.

Indietro | Torna all'indice | Avanti

[Viewable With Any Browser]

Hosted by www.Geocities.ws

1