Dal sensismo al misticismo

Se, come lo dice il Campanella nel sonetto Modo di filosofare,

« Il mondo è libro dove il Senno eterno
scrisse i propri concetti, e vivo tempio
dove, pingendo i gesti e 'l proprio esempio,
di statue vive ornò l'imo e 'l superno »,

allora si capisce l'esigenza espressa dal poeta di tornare « all'originale », lasciando indietro i « libri e tempii morti » degli uomini, « copïati dal vivo con più errori ».30 Su questo punto le idee del Campanella presentano una similitudine abbastanza sorprendente con quelle di Paracelso (Theoprast von Hohenheim, +1541) : anche lui opponeva i codices scribentium al libro che « Dio stesso ha dato, scritto, dettato e stampato ».31 Di quel grando libro divino (e dunque perfetto), che è la Natura, le creature sono come le pagine ; e i libri del medico non saranno i trattati di Galieno o di Avicenna, ma i malati. Così, i Solari non hanno scrupolo ad anatomizzare corpi umani, perché « chi mira la costruzione del mondo, l'anatomia dell'uomo [...] e delle bestie e delle piante, e gli usi delle parti e particelle loro, è forzato a confessare la providenza di Dio ad alta voce » (CS, p. 1113).

L'esigenza del contatto diretto con l'oggetto, senza passare per i libri degli scrittori autorevoli, perché l'autorità « est tangere quasi per manum alienam », è da collegare con la concezione campanelliana della conoscenza. Su questo punto l'impronta lasciata dal De rerum natura di Telesio, a sua volta erede dell'epicureismo lucreziano, è stata profonda, ma nello stesso tempo assistiamo col Campanella al superamento del sensismo telesiano. Se anche per il nostro filosofo tutte le cose hanno senso, egli introduce una prima distinzione fra il regno umano e i regni inferiori riservando all'uomo una forma di « Sofia » superiore. Sentire per lui non è più perceptio passionis, ma un intrecarsi dell'essere del soggetto nell'essere dell'oggetto ; e la conoscenza non è informatio, quindi semplice modificazione della struttura mentale, ma un vero e proprio immedesimarsi, un' « infarsi » (per riprendere l'espressione del Campanella stesso) nell'oggetto : « Conoscere, e conoscere è inanzitutto sentire [...], è sempre illuiarsi, accogliere l'altro in sé, farsi l'altro in sé stessi ». Per quanto l'epistemologia campanelliana sembri a prima vista corrispondere perfettamente all'adaequatio rei et intellectus di San Tommaso, essa è in realtà agli antipodi dell'aristotelismo medioevale : conoscere non è qui un astratto concettualizzare dell'oggetto dall'intelletto, ma un compenetrarsi con l'oggetto, anzi un mutarsi in esso. La conoscenza non è già scientia, ma sapientia, nel senso etimologico del termine : « sapientia dicitur a sapore, qui sensui gustus intrinsecatur ».34 Lontana dall'empirismo aristotelico, quest'epistemologia va anche oltre l'epicureismo e la perceptio telesiana : il sentire appare qui infatti come l' « estremo culmine dell'intuizione platonica ».35 Ed è al lume di questi dati che si deve leggere questo passo della Città del Sole : « Ma sappiate che questo è argomento che può tra voi, dove pensate che sia dotto chi sa più grammatica e logica d'Aristotile o di questo o quello autore; al che ci vol sol memoria servile, onde l'uomo si fa inerte, perché non contempla le cose ma li libri, e s'avvilisce l'anima in quelle cose morte; né sa come Dio regga le cose, e gli usi della natura e delle nazioni » (pp. 1082-3).

Adesso capiamo che l'idea espressa dal Campanella ove ingiunge all'uomo di "leggere il libro della natura", è quella che l'umanità ha la missione di cercare in ogni creatura l'Essere in cui la natura creata intera ha la sua radice. Tutte le cose sì hanno il senso, cioè partecipano della « Sofia », ma l'uomo, perché la sua coscienza è « strutturata in analogia con l'autocoscienza divina »,36 può accedere ad una conoscenza d'ordine superiore, che trascende quella delle singole cose per abbracciare la totalità dell'Essere. Questa è la sola conoscenza vivificante, perché « se il sentire in quanto farsi l'oggetto, e quindi patire, significa accogliere un nuovo limite, e quindi morire, il contemplare Dio interno a tutte le cose, l'Essere cioè che tutte le costituisce, significa spezzare la negatività e farsi reali veramente : "E l'imparare e il conoscere, sendo un mutarsi nella natura del conoscibile, sono pur qualche morte, e solo mutarsi in Dio è vita eterna, perché non si perde l'essere nell'infinito mar dell'essere, ma si magnifica" ».37

Non è chi non veda che ciò che ha di mira un tale complesso di filosofemi, è di radicare la metafisica e la teologia nell'empirismo, nel senso concreto delle cose, tramite la ragione umana. Il pensiero campanelliano tutt'intero è in effetti dominato da un rifiuto del raziocinio astratto, che il nostro frate identificava - a torto o a ragione - con l'aristotelismo, e che forse gli veniva dalle sue origini contadinesche. In un' ultima tappa, egli si sforzerà di dimostrare che il cristianesimo è la sola religione positiva che corrispondi perfettamente all'insegnamento che possiamo trarre dalla lettura - per riprendere un'ultima volta quest'immagine - del libro della natura : in altri termini, religione naturale - o razionale -, e religione cristiana fanno tutt'uno. Solo che attraverso l'Incarnazione, Dio ha compiuto la Rivelazione del suo Verbo all'umanità, e ci ha dato, oltre a ciò che la nostra ragione poteva dedurre dall'indagine sulla natura, i sacramenti.

L'essenziale del messaggio contenuto nella Città del Sole sta in questo, anche se l'elaborazione teorica della dottrina che abbiamo esposto qui sopra è posteriore alla sua redazione, fatto che attesta appunto quanto la posta in gioco dell'impresa teorica era lì. Alla fine del dialogo, l'Ospitalario, la cui presenza era rimasta fin lì assai discreta, ma che era già apparso come il più autorevole dei due interlocutori, quello che dirigeva la conversazione e a volte dava l'interpretazione dei fatti riferiti dal Genovese, tutto ad un tratto pianta ogni ritenutezza per dare sfogo alla sua impressione generale : « Se questi, che seguon solo la legge della natura, sono tanto vicini al cristianesimo, che nulla cosa aggiunge alla legge naturale, si non i sacramenti, io cavo argumento di questa relazione che la vera legge è la cristiana, e che, tolti gli abusi, sarà signora del mondo » (CS, p. 1113). È indubbio che in questa battuta sia contenuta la "lezione" della Città del Sole.


[30] Opere letterarie, ed. Cit., p. 111. Cfr. anche la lettera a A. Queregno (luglio 1607), citata da Garin, loc. cit.: « il libro di Dio, al cui esemplare correggo i libri umani malamente copiati e a capriccio, e non secondo sta nell.universo libro originale ».

[31] Citato in E. R. Curtius, op. cit., p. 500.

[32] Metaphysica, citata in Garin 1994, p. 247.

[33] Garin 1994, p. 250.

[34] Citato in Garin 1994, p. 248.

[35] Ibid.

[36] Amerio 1961, p. 1597.

[37] Garin 1994, p. 250. La citazione del Campanella è tratta dal Del senso delle cose.


© Karl STAS 1998-1999. This document is not to be cited without the written permission of the author.

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