Renovatio mundi

Infatti, già per Tommaso Moro l'utopia era una finzione letteraria che permetteva di dimostrare abilmente che la religione cristiana era quella più in armonia con la ragione e la natura, e di denunciare nello stesso tempo gli abusi che si perpetravano in suo nome. Ma Moro scriveva ad un momento in cui la cristianità era ancora un bel monumento senza crepa, di cui nessuno poteva presagire la disgregazione imminente ; il Campanella invece scrive in piena Controriforma, e Dio sa quanto ne ha sofferto. Il senso delle due utopie non poteva dunque essere lo stesso. Presso gli Utopiani, varie religioni coesistono pacificamente, e ci sono persino ceremonie comuni ; uno spirito di tolleranza "erasmiano" pervade dunque questa società, sebbene ci siano a questa tolleranza due restrizioni importanti : « [Utopus] vietò tuttavia, con una pietosa severità, che alcuno abassasse la degnità umana e ammettesse che l'anima perisce insieme col corpo, ovvero che il mondo è retto dalla fortuna, senza che ci sia una providenza. Gli Utopiani credono quindi che, dopo questa vita, i vizi saranno sanciti con castigi, e le vertù con ricompense. Colui che pensa altrimenti, non lo considerano nemmeno come un uomo, dato che egli svilisce la sublimità dell'anima sua alla bassa materialità animale. [...] Lo disprezzano, dovunque sia, come un essere vile e senza risorse, senza però infliggergli nessuna pena corporea, perché sono convinti che non è dato all'uomo di credere ciò che vuole ».38

A questo discorso, centrato sulla dignitas hominis e insomma abbastanza moderato, seppure non privo di equivoci, si sostituisce col Campanella uno di tipo tutto diverso. Che l'anima potrebbe essere mortale, l'idea non è nemmeno presa in considerazione : « Tengono per cosa certa l'immortalità dell'anima, e che s'accompagni, morendo, con spiriti buoni o rei, secondo il merito » (CS, p. 1110). La storia dell'umanità è posta sotto il segno di un providenzialismo totale : « noi appartenemo alla providenza di Dio, e non del mondo e delle stelle, perché rispetto a loro siamo casuali; ma rispetto a Dio, di cui essi sono stromenti, siamo antevisti e provisti » (Ibid.). Questi articoli di fede non sono problematizzati come nell'Utopia, anzi vengono presentati come andando di sé. Ma la religione "naturale" ne comporta ancora altri, e anzitutto quello della trinità primalitativa : « Qui ti stupisci ch'adorano Dio in Trinitate, dicendo ch'è somma Possanza, da cui procede somma Sapienza, e d'essi entrambi, sommo Amore ». La credenza nella trinità personale dipende tuttavia dalla Rivelazione : « Ma non conosceno le persone distinte e nominate al modo nostro, perché non ebbero revelazione, ma sanno ch'in Dio ci è processione e relazione di sé a sé » (CS, p. 1111). Ma a parte questa restrizione, il credo solare è in perfetta concordanza con la dogmatica cristiana, anche sui punti della teodicea (il peccato come schietta negatività) e del libero arbitrio, talché l'esclamazione ammirata dell'Ospitalario (« Oh, come sono arguti ! ») si giustifica pienamente. Vogliamo qui insistere soprattutto sull'evidenza con cui questi concetti sottilissimi sembrano poter dedursi dalla mera ragione, cioè sull'aspetto quasi meccanico di tale deduzione. Dopo il Concilio tridentino, il dubbio - presente benché rigettato in Moro - non ha più ragione di esistere, ed è evacuato dalle opere e dalle menti. Tuttavia questo rifiuto del dubbio - come quello della contingenza, cui abbiamo accennato sopra - ha in Campanella qualcosa di profondamente patetico, e così anche l'edificazione di un corpo di dottrina, destinato a corroborare queste "sicurezze", cui egli si dedicherà nel seguito.

Con tutto ciò, il punto di maggior constrasto fra l'Utopia e la Città del Sole sta senza dubbio nel lato profetico di quest'ultima. Le ultime pagine del dialogo sono in effetti impregnate, parte da un senso acuto della decadenza dei costumi, e parte dalla previsione di una renovatio mundi imminente. Sebbene il mondo sia profondamente corrotto (« Essi confessano che nel mondo ci sia gran corruttela, e che gli uomini si reggono follemente e non con ragione; e che i buoni pateno e i tristi reggono », CS, p. 1112), non è il caso di rifugiarsi in una laudatio temporis acti : « Più pazzia è dire che prima resse Saturno bene, e poi Giove, e poi gli altri pianeti » (Ibid.). Il Genovese denuncia il predominio delle femmine (« l'imperio donnesco ») in Europa e altrove, nonché l'universale declino della virilità : « E tutti son maledici li poeti d'ogge per Marte; e per Venere e per la Luna parlano di bardascismo39 e puttanesmo. E gli uomini si effeminano e si chiamano "Vossignoria"; ed in Africa, dove regna Cancro, oltre l'Amazoni, ci sono in Fez e Marocco li bordelli degli effeminati publici, e mille sporchezze » (CS, p. 1115).40 Certo, Moro condannava ciò che la situazione sociale e religiosa del suo tempo aveva di biasimevole, ma l'insistenza sul malcostume sessuale è chiaramente un'elemento nuovo, che non può passare inosservato, e che si spiega soltanto in riferimento al contesto controriformistico.41

I vituperî del nocchiere mirano tuttavia anzitutto all'eresia che si è diffusa nell'Europa cristiana. In una contrapposizione assai significativa, egli sottolinea che solo l'Italia e la Spagna sono state risparmiate dall'infezione ereticale che ha invece corrotto la Germania, la Francia e l'Inghilterra, « Spagna per Giove ed Italia per il Sole, a cui sottostanno ».42 Ma proprio per l'influsso delle medesime pianete, « nel mondo novo e in tutte le marine d'Africa e Asia australi è entrato il cristianesimo » (CS, p. 1115). Poco prima, l'Ospitalario aveva dato un'interpretazione providenzialistica alla scoperta del Nuovo Mondo e alla sua conquista dagli avventurieri spagnoli : « Quelli vanno per avarizia di danari cercando novi paesi, ma Dio intende più alto fine. Il sole cerca strugger la terra, non far piante ed uomini; ma Dio si serve di loro in questo. Sia laudato » (CS, p. 1113). Il che ci conduce a pensare che il Campanella si sia servito qui del linguaggio cifrato dell'astrologia per indicare, in modo appena velato, che il Papato e la Monarchia spagnola saranno gli attori incaricati di realizzare un piano divino, che porterà alla vittoria finale della "vera fede" e la sua diffusione nel mondo intero. E l'avvenimento di questa mutazione del mondo non è affatto riportato in un lontano futuro, anzi va considerata come imminente : « Ma entrando l'asside di Saturno in Capricorno, e di Mercurio in Sagittario,43 e di Marte in Vergine, [...] sarà grande monarchia nova, e di leggi riforma e d'arti, e profeti e rinovazione. E dicono che a'cristiani questo apporterà grand'utile; ma prima si svelle e monda, poi s'edifica e pianta » (CS, p. 1114).

Pertanto non possiamo che condividere l'opinione di A. Asor Rosa, dove osserva che « la descrizione della Città del Sole nella mitica Taprobana non cristiana può essere intesa obliquamente come un contributo alle mire espansionistiche spagnolo-cattoliche : essa infatti mostra come i fondamenti di una società naturalmente-razionalmente organizzata si identifichino con quelli ritenuti giusti dalla rivelazione cristiana, e come quindi a questa sia consentito sperare in una universale diffusione. [...] il riferimento alla Spagna torna ad imporsi come assolutamente necessario [...] : in questi anni infatti essa appare ancora come la sola nazione europea disposta ad assumere il compito di vicario armato di Cristo, di cui Campanella ha bisogno per rendere credibile e compiuto il suo disegno ».44 L'idea che sta alla base di questa "utopia" è dunque la stessa che quella espressa dal nostro frate nella Monarchia di Spagna, scritta poco prima, ma che era senza dubbio già quella abozzata nella Monarchia dei Cristiani (1593), oggi perduta, e che aveva ispirato poi la fallita tentativa di rivoluzione in Calabria : cioè il sogno di un mondo unificato e pacificato sotto il segno del Cristo, retto da una monarchia teocratica.

Questo sogno, il Campanella ci è continuamente tornato, e, un po' come egli ha sempre bandito l'astrattezza dal suo pensiero filosofico, non ha voluto che quel sogno restasse soltanto un sogno, e ha cercato instancabilmente di iscriverlo nel dinamismo storico reale, di tradurlo in misure concrete, di collegarlo con istituzioni politiche esistenti. Ma il sogno primitivo che nutriva il suo pensiero politico è rimasto sempre lo stesso, dalla Monarchia dei Cristiani, scritta all'età di venticinque anni, mentre studiava all'università di Padova, all'Ecloga in portentosam Delphini nativitatem, composta dal frate settantenne. E che lo strumento della sua realizzazione non importava, ne dà ampia prova il fatto che negli anni 1628-33 le sue speranze si siano gradualmente stornate dalla monarchia spagnola per cristallizzarsi su quella francese.

Nell'evoluzione della filosofia politica campanelliana verso una sempre maggiore concretizzazione, la Città del Sole non è insomma che un'episodio, seppure un'episodio estremamente interessante. Uno potrebbe chiedere come mai il Campanella, così poco tempo dopo aver dato forma alle sue nuove intuizioni politiche nella Monarchia di Spagna, abbia voluto trattarle poi un'altra volta sul modo della finzione letteraria. La risposta è forse che uno scritto letterario conciso, conforme al genere delle relazioni di viaggiatori tanto di moda a quest'epoca, ricco di mille particolari pittoreschi e quindi gradevole da leggere, era più atto a propagare certe idee che un'arido trattato di filosofia politica.


[38] Th. More, Utopia etc., in The Complete Works of St. Thomas More, vol. IV, a cura di E. Surtz e J. H. Hexter, New Haven and London 1965, pp. 220-222: « Nisi quod sancte ac severe vetuit, ne quis usque adeo ab humanae naturae degeneret, ut animas quoque interire cum corpore, aut mundum temere ferri, sublata providentia putet. Atque ideo post hanc vitam supplicia vitiis decreta virtuti praemia constituta credunt. Contra sentientem, ne in hominum quidem ducunt numero, ut qui sublimem animae suae naturam, ad pecuini corpuscoli vilitatem deiecerit. [...] Ita passim velut inertis, ac iacentis naturae despicitur. Caeterum nullo afficiunt supplicio, quod persuasam habeant, nulli hoc in manu esse, ut quicquid libet, sentiat. »

[39] bardascismo: da bardassa (o bardasso), cioè cinedo, prostituto.

[40] Questa diatriba corrispondeva probabilmente a una realtà dell.epoca, poiché ritroviamo un discorso del genere nella New Atlantis di Fr. Bacone: « Know therefore, that with them there are no stews, no dissolute houses, no courtesans, nor any thing of that kind. Nay they wonder (with detestation) at you in Europe, which permit such things. [...] The haunting of those dissolute places, or resort to courtesans, are no more punished in married men than in bachelors. And the depraved custom of change, and the delight in meretricious embracements (where sin is turned to art), maketh marriage a dull thing, and a kind of imposition or tax. [...] As for masculine love, they have no touch of it; and yet there are not so faithful and inviolate friendships in the world again as are there », ed. cit., p. 477.

[41] Vedi Renucci 1974, pp. 1364-1367.

[42] « Ma in Germania, Francia ed Inghilterra entrò l'eresia per esser esse a Marte ed alla Luna inchinate; e Spagna per Giove ed Italia per il Sole, a cui sottostanno, per Sagittario e Leone, segno loro, restâro nella bellezza della legge cristiana pura » (CS, p. 1115). Il Genovese ribada poco dopo : « Onde la costellazione che da Lutero cadavero cavò vapori infetti, da.Gesuini nostri che fûro al suo tempo cavò odorose esalazioni di virtù, e da Fernando Cortese che promulgò il cristianesimo in Messico nel medesimo tempo » (CS, p. 1116).

[43] Ma entrando... Sagittario: l'entrata di Saturno in Capricorno doveva aver luogo nel 1630 e produrre mutazione di costumi e di leggi, e quella di Mercurio in Sagittario nel 1615 e produrre novità di dottrine: cfr. Quod reminiscetur, lib. I, cap. 1, art. 3 [nota di R. Amerio].

[44] Asor Rosa 1974, pp. 206-7.


© Karl STAS 1998-1999. This document is not to be cited without the written permission of the author.

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