SOTTOTENENTE DI COMPLEMENTO

di Eros Capostagno

E' interessante analizzare le differenze tra la campagna elettorale in corso e le due che l'hanno preceduta, per rendersi conto dell'evoluzione del quadro politico nell'ultimo decennio.

Nel 1994 gli Italiani si trovarono ad affrontare le elezioni politiche in una situazione che non aveva precedenti. La classe politica tradizionale, colta di sorpresa dagli eventi, non aveva saputo resistere ai pasdaran della rivoluzione giudiziaria e si era lasciata travolgere ed annientare.

Che tutta la classe politica italiana avesse ormai esaurito il suo ciclo storico era chiaro da un pezzo, vuoi per i mutati equilibri internazionali,  vuoi per l'incapacità di autorigenerarsi progressivamente in termini di idee, di progetti e di uomini. Invece della rivoluzione giudiziaria, avrebbe potuto esserci qualche altra congiuntura meno violenta, ma la fine di questa classe era comunque segnata.

L'anomalia fu che una parte di questa classe politica, quella che la maggioranza degli Italiani aveva sempre rifiutato, si servì di quella rivoluzione per occupare il Potere rimasto vacante, presentandosi come "nuova". Operazione tanto più truffaldina in quanto non solo questa parte politica era stata pienamente consociata al Potere, ma aveva sempre proposto agli Italiani mirabolanti modelli politici ed economici di cui la Storia aveva da poco fatto, finalmente, giustizia.

E' comprensibile quindi che la campagna elettorale del neofita Berlusconi nel 1994 fosse centrata sul tema del Comunismo e sui suoi alfieri, che pensavano di poter sopravvivere alla condanna della Storia, semplicemente cambiando nome e logo al proprio partito.

Il confronto elettorale tra i due schieramenti fu dunque di natura ideologica, e l'obiettivo immediato del nascente schieramento moderato non poteva  che essere quello di sbarrare la strada del Potere alla Sinistra ed alla sua avanguardia rivoluzionaria. Programmi concreti per la ricostruzione materiale e morale del Paese non potevano che passare in secondo piano durante la campagna elettorale del 1994. Campagna elettorale che ricalcava, mutatis mutandis, quella del 1948, in cui il popolo italiano, più che eleggere un'assemblea parlamentare, venne chiamato a scegliere tra un sistema "totalitario" di stampo sovietico ed un sistema "democratico" di stampo occidentale. E gli Italiani, come allora bocciarono Togliatti, così adesso ne bocciarono gli allievi.

Dopo i due anni di transizione conseguenti alla congiura di Palazzo contro il Governo Berlusconi, si arrivò alle elezioni politiche del 1996. L'obiettivo della sinistra post e neocomunista, e dei residui del Potere democristiano, era uno ed uno solo: impedire a Berlusconi ed ai moderati di vincere nuovamente le elezioni, donde accordi con Rifondazione Comunista, corteggiamenti e lusinghe a Bossi ("...costola della Sinistra...") e avvisi di garanzia (risultati poi dei tragici bluff a distanza di qualche anno) a Berlusconi e a quanti si candidassero nelle sue file (Micciché...).

Tutto questo poteva però non bastare: vista l'allergia degli Italiani alle facce compromesse col Comunismo, e non osando quindi presentarsi col proprio volto, i dirigenti dell'unico vero partito della coalizione di sinistra presentarono come leader della coalizione e candidato premier un  boiardo di Stato della ex sinistra democristiana.

E' comprensibile che parlare di "programmi" concreti per la gestione dei successivi cinque anni di Governo, in una coalizione eterogenea messa insieme con il solo obiettivo di impedire la vittoria elettorale del Cavaliere, sarebbe stato chiedere troppo. La campagna elettorale dell'Ulivo fu dunque concepita sulla delegittimazione pura e semplice dell'avversario, e l'unico programma dichiarato fu, appunto, quello di impedirne la vittoria.

In queste condizioni, la campagna del Polo per le Libertà fu condotta essenzialmente sulla difensiva e, più che porre l'accento sui programmi per il futuro, i suoi leaders furono indotti a mettere in guardia gli elettori sulla inconsistenza dello schieramento di sinistra e dei suoi presunti 'programmi'. In particolare, essi preconizzarono l'impossibilità pratica per l'Ulivo di abbozzare un serio programma di Governo, data l'eterogeneità della coalizione e la presenza di Verdi e Rifondatori, che avrebbero paralizzato la ripresa dei lavori pubblici ed avrebbero creato imbarazzi in politica estera. Sottolinearono inoltre come la figura di Prodi quale leader non fosse altro che un'operazione di facciata, una sorta di prestanome i cui fili erano manovrati dai vertici di Botteghe Oscure.

Quanto queste messe in guardia fossero realistiche, gli Italiani se ne sono accorti in questi ultimi cinque anni, con il siluramento di Prodi, con il Governo in minoranza sulla guerra alla Serbia, e tutto il resto. Resta il fatto che anche nel '96 agli Italiani fu impedito di scegliere sulla base di programmi concreti, ma fu loro imposto l'ennesimo referendum, questa volta pro o contro la persona Berlusconi.

Ecco dunque spiegati anche gli editoriali di certi illustri commentatori politici, come Galli della Loggia, oggi ravvedutosi, che sentenziava che "il Polo è il Nulla" e che "...i suoi rappresentanti sono impresentabili... lo stesso sorriso e l'abbronzatura di Berlusconi.... sono antidemocratici...".

In un modo o nell'altro, la Sinistra vinse le elezioni del '96 ed è stata quindi al Governo in questo scorcio di fine  millennio. Il bilancio fallimentare nel campo dell'economia, della criminalità, del lavoro, dello sviluppo del Meridione, unitamente alla caduta della maschera democratica, con l'occupazione totalitaria della RAI, della museruola alla libertà di stampa con le condanne precipitose di giornalisti e vignettisti per "diffamazione" (ma come la mettiamo con i Luttazzi e le Dandini che satireggiano con greve rozzezza...?), con l'occupazione di Enti, Amministrazioni e Istituti finto-privatizzati, hanno però bruciato l'ultimo alibi di questa Sinistra sulla sua "diversità" e sulla sua "indipendenza" dalle ideologie e dai metodi in cui nel passato si era identificata, facendo aprire gli occhi anche a parecchi degli Italiani che nel '96 le avevano creduto.

Ecco dunque perché, al di là delle cifre dei sondaggi, è oggi palpabile in seno all'elettorato italiano, in questo inizio del nuovo millennio, l'orientamento a concedere fiducia alla Casa delle Libertà.

Questa situazione fa sì che per la prima volta in Italia una campagna elettorale possa essere impostata su progetti concreti, che non siano l'abituale aria fritta dei mestieranti della politica, e che non siano puri e semplici manifesti ideologici o dichiarazioni di principio.

In effetti, la variopinta coalizione di sinistra (Ulivo, Margherita, Girasole...?) non può più far ricorso alle argomentazioni delle due campagne elettorali precedenti. La Storia ha fatto giustizia dell'ideologia comunista, ed il ridicolo ha spazzato via l'Ulivo Planetario: una campagna elettorale basata sul confronto ideologico non sarebbe; dunque possibile.

L'esperienza di un'intera legislatura ha sepolto sotto un cumulo di macerie, come detto, il mito della diversità, della serietà e della capacità degli ex comunisti, nonché del rispetto della volontà sovrana degli elettori: una campagna elettorale basata su queste presunte caratteristiche era plausibile nel passato, in assenza di controprove, oggi non sarebbe che patetica.

Resterebbe ancora la demonizzazione e criminalizzazione degli avversari, ma anche a sinistra alla fine devono essersi resi conto  che questa politica si è rivelata un boomerang: non è per caso che i vari Mussi e Veltroni, specialisti nel settore, sono stati recentemente azzittiti. Ed anche la cavalleria giudiziaria sembra ormai combattere scaramucce di retroguardia (tutto ciò a lume di logica, ma non si sa mai...).

In queste condizioni, non dovendo più correre dietro a motivazioni ideologiche, rintuzzare biechi attacchi personali, dimostrare l'inaffidabilità degli avversari e l'assenza di veri programmi elettorali, cercare di far cadere la maschera di liberalismo e socialdemocrazia con cui si coprivano il volto, finalmente lo schieramento moderato ha iniziato ad illustrare con dovizia di dettagli i suoi progetti per la rinascita materiale e morale del Paese, impostando su di essi l'inizio della campagna elettorale.

Novità assoluta per l'Italia, ed è di buon augurio che il nuovo millennio si apra con questa novità, quasi ad indicare la fine di un'era e l'inizio di un'altra nella vita politica italiana. Novità che gli Italiani mostrano di capire ed apprezzare, come testimonia anche la stizza con cui la Sinistra ed i suoi mezzi di comunicazione cercano goffamente di imporre il silenzio su questi programmi.

Per ben due volte nel ventesimo secolo l'Italia è stata ricostruita dalle macerie in cui due guerre l'avevano ridotta, grazie a  due classi politiche completamente rinnovate rispetto a quelle che le avevano precedute: ci riferiamo ai decenni che vanno grosso modo dal 1924 al '34 e dal 1955 al '65.

Nel primo vennero create tutte le infrastrutture dell'Italia "moderna", le ferrovie, gli edifici pubblici, i complessi sportivi, gli insediamenti urbani, le bonifiche, i collegamenti stradali, nonché le strutture di uno Stato sociale (asili, colonie estive, patronati scolastici,...) ed un nuovo tipo di strutture economico-industriali (l'IRI).

Nel secondo, analogamente vennero ricreate le strutture distrutte dalla guerra, vennero realizzate le infrastrutture moderne per i trasporti stradali e quelli aerei, vennero lanciati quei programmi di ricerca che fecero dell'Italia il terzo Paese occidentale all'avanguardia nel campo delle tecnologie nucleari e aerospaziali (v. anche  Il Prof. Broglio in questo stesso numero),  venne ricreato il tessuto economico e industriale con l'invenzione delle Partecipazioni Statali e così via.

Se tutto ciò fu realizzato in quei tempi lontani, con i mezzi allora disponibili, nel piccolo spazio di un decennio, non meravigliamoci se Berlusconi stimi in un decennio il tempo necessario e sufficiente per realizzare il suo, il nostro, programma di ricostruzione. Purtroppo questo scenario di concretezza per il prosieguo della campagna elettorale sembra destinato ad essere vanificato. Vediamo infatti cosa accade a sinistra.

Da un lato, consci di una disfatta annunciata, mettono in salvo i loro generali, ponendo al comando dell'esercito un qualunque sottotenente di complemento, che si farà carico della probabile sconfitta e che potrà essere successivamente messo da parte senza problemi (cosa peraltro vera anche in caso di ipotetica vittoria). Dall'altro, non avendo programmi da proporre, stanno ricorrendo a quelle tecniche di marketing, normalmente utilizzate per rimediare ad un calo di vendite di fronte ad un nuovo prodotto della concorrenza: cercare di imitarne l'etichetta per indurre il consumatore distratto all'inconscia convinzione che "...tanto sono tutti uguali!". Che è appunto quanto sta facendo Rutelli.

Poco male, verrebbe da dire: chi imita non fa che affermare la propria inferiorità. Molto peggio sarebbe per tutti se, presi dalla disperazione, si lasciassero tentare da altre vie, quali la "via del Marsiglia" a Verona o la "via del Manifesto" a Roma, o magari ancora la via giudiziaria.

Purtroppo però, ricorrendo a questo stratagemma per mascherare le proprie deficienze, la Sinistra rischia di costringere ancora una volta gli Italiani a votare per astrazioni ideologiche, invece che per scelte programmatiche come avviene in altri Paesi, rinviando nuovamente l'allineamento dell'Italia alla maturità democratica delle altre democrazie occidentali.

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