IL PROF. BROGLIO

di Eros Capostagno

E' con sincera commozione che vorremmo ricordare il prof. Luigi Broglio, scomparso nei giorni scorsi  dopo una vita dedicata alla ricerca aerospaziale italiana.

Correva l'anno 1967, e dal poligono equatoriale italiano "San Marco", costruito al largo delle coste del Kenia, il prof. Broglio e la sua équipe dell'Università di Roma lanciarono in orbita il satellite italiano "San Marco B". Con quel lancio, l'Italia diventava il terzo Paese al Mondo, dopo USA e URSS, in grado di mettere in orbita satelliti.

Vista la quantità di satelliti militari, scientifici e commerciali che da allora vengono ininterrottamente lanciati e la scarsità di vettori disponibili, quel lancio avrebbe potuto significare per l'Italia l'inizio di una brillante attività aerospaziale, con tutti i ritorni in termini scientifici e commerciali associati.

Eppure, quel lancio non trovò, nell'Italia del 1967, adeguata risonanza. Erano gli anni del Liceo, ed eravamo stati, proprio quell'anno, tra i fondatori di una rivista studentesca  cittadina, ovviamente ciclostilata. L'avevamo chiamata "LASER", non perché sapessimo cosa fosse un laser -i tempi erano prematuri- ma solo perché ci aveva colpito il laser con cui Goldfinger pensava di sbarazzarsi di 007 ed impossessarsi delle riserve di Fort Knox.

Ebbene, nell'aprile del 1967 scrivemmo sul "LASER" un articolo proprio in occasione di quel lancio, intitolato "San Marco: una gloria misconosciuta del nostro Paese", nel quale lamentavamo  l'indifferenza con cui il Paese ed i mezzi di comunicazione (come si chiamavano allora, prima di trasformarsi in mass-media) avevano accolto la notizia, senza coglierne appieno la portata e le relative potenzialità.

Dobbiamo riconoscere che le continue missioni russe e americane con uomini a bordo oscuravano i lanci del piccolo San Marco e dei suoi simili e che di lì a due anni un gigantesco Saturno V avrebbe consentito alla capsula Apollo di posarsi sul suolo lunare,  e dobbiamo anche riconoscere che era  difficile immaginare allora l'importanza di questi satelliti  nel futuro da fantascienza che si stava preparando  nel mondo delle telecomunicazioni.

E' anche vero però che nel 1967 stava spegnendosi in Italia quello slancio entusiasmante che aveva consentito agli Italiani di rinascere dalle rovine  della guerra e di giungere, a soli vent'anni dalla fine del conflitto, a posizioni di assoluta preminenza in Europa e nel mondo, sia in campo scientifico che infrastrutturale.

Non a caso, nei due anni successivi, sull'onda delle mode straniere, di ideologie ammalianti e probabilmente anche di una certa follia collettiva, si sarebbe verificata quella catastrofe che va genericamente sotto il nome di "sessantotto".

La ricerca universitaria italiana venne praticamente annientata, disaccoppiandola dal mondo dell'industria, dal momento che l'ideologia "rivoluzionaria" imponeva che la ricerca ed i ricercatori non dovessero essere più "al servizio  dei capitalisti e degli industriali", e tutta l'attività scientifica universitaria e parauniversitaria venne sottoposta al "controllo" dei "comitati di base" o cose del genere. Ne conseguì un deterioramento progressivo delle condizioni in cui i ricercatori italiani più validi, come appunto il prof. Broglio, si trovarono ad operare.

Così, non ostante da allora dal poligono San Marco siano stati effettuati una trentina di lanci senza mai un insuccesso, di fatto l'attività autonoma italiana in questo settore è andata progressivamente scemando. Tanto per capire di cosa parliamo, chi oggi vuole mettere in orbita un piccolo satellite, ricorre a lanciatori indiani, pakistani, cinesi...

Nel frattempo, i Paesi che riuscirono rapidamente a scrollarsi di dosso le follie sessantottine, presero il posto dell'Italia, diventando leader assoluti nel settore aerospaziale. Inutile citare la Francia.

Non diversamente andò per la tecnologia nucleare, come varie volte illustrato su questa rivista (v. anche La strana storia del nucleare in Italia), dove in quegli stessi anni l'Italia era il quarto Paese al mondo per potenza installata, dopo USA, URSS e Gran Bretagna.

Ecco dunque perché la scomparsa del prof. Broglio, fondatore della Cattedra di Ingegneria Aerospaziale all'Università di Roma, è passata quasi inosservata sui quotidiani e totalmente ignorata dai telegiornali. Grandi ideali ed entusiasmo creativo non trovano spazio nell'Italia di fine secolo, inviluppata su se stessa e colpita da un'apparente sindrome di autodistruzione.

Il prof. Broglio incarnò quegli ideali e ci sembra doveroso porgergli il nostro commosso grazie.

Quello che ci rimane oggi di autenticamente e genuinamente italiano nel campo dei lanci spaziali (a parte ovviamente i progetti internazionali cui l'Italia  partecipa), sembrano essere... gli onorevoli Vita e Giulietti, autorevoli esponenti DS, la cui vita pare ispirata ad un unico ideale, quello di dover "mandare sul satellite" Retequattro, il canale Mediaset del mitico Emilio Fede. Accontentiamoci.

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