GLOBALIZZAZIONE E NUOVI NAZIONALISMI

di Massimo Galanti

All'indomani della firma del trattato sulla moneta unica, scrivemmo un articolo sull'importanza dello Stato-Nazione in un mondo dove soffiava sempre piu' impetuoso e indisturbato il vento della Economia Globale (vedi Stato-Nazione e Mercato Globale nel N.3). Oggi, a distanza di due anni, ci sembra opportuno ritornare sull' argomento.

Senza una una chiara presa di coscienza del problema, il nostro futuro dipendera' sempre di piu' dagli interessi di un ristretto circolo elitario composto da non piu' di qualche centinaia di soggetti in tutto il mondo. Questi sono coloro che al momento detengono la ricchezza del mondo, essendo stati finora gli unici beneficiari degli enormi guadagni derivanti dal processo di globalizzazione.

Il nostro articolo nasceva dalla lettura di un editoriale publicato su un importante quotidiano nazionale in occasione appunto dell'entrata in vigore del trattato sulla moneta unica. In quell'editoriale veniva esaltato acriticamente l'avvento del "Villaggio Globale" e si celebrava la fine imminente dello Stato-Nazione. L'allora ministro del Tesoro ed attuale Presidente della Repubblica saluto' l'evento rendendo nota la sua gioia perche' da cittadino italiano sarebbe finalmente diventato cittadino europeo, di un'Europa che, almeno finora, sembra essere sempre piu' burocratica e lontana dai cittadini.

La prospettiva, sottintesa nell'editoriale, era quella di un mondo felice saggiamente sottoposto alle forze "naturali" del mercato, dove maggiore fosse l'influenza degli "esperti" e minore quella dei politici inconcludenti.

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Quest'idea del mercato "buono" che risolve tutti i problemi sembra avere preso il posto che nella testa di molti era prima occupato o dalla "Ragione" d' illuministica memoria, o dalla "Rivelazione" dei credenti o dallo "Storicismo marxista". Visto da un'angolazione particolare, possiamo dire che in tutti i casi citati ci troviamo di fronte alla necessita' psicologica di trovare un Disegno, una Guida, una Verita' che esista per se' e che sia alla base delle attivita' umane. La speranza e' l'esistenza di una chiave che possa risolvere tutti i problemi del mondo.

La Storia ci ha insegnato che molto piu' prosaicamente l'adesione acritica a nuove dottrine risolve solo i problemi di coloro che detengono il Potere, o che lo acquistano in virtu' della nuova filosofia di cui si dichiarano unici interpreti. Anche il presente stato di euforia sui miracoli della globalizzazione non sembra sfuggire a questa interpretazione. L'esaltazione mistica del mercato globale che ubbidisce a delle leggi naturali, le leggi del mercato, finora ha portato il massimo dei benefici a coloro che ne sono appunto i migliori interpreti, ovvero le Grandi Corporazioni Multinazionali e la Grande Finanza Internazionale.

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Di fronte ai pochi che beneficiano in maniera spropositata dei risultati dell'economia globale, troviamo miliardi di essere umani costretti a combattere una lotta quotidiana per l'esistenza, sempre piu' incerti del loro futuro e di quello dei propri figli. Anche fra coloro che per lo piu' subiscono il processo di globalizzazione, bisogna distinguere fra i pochi con una buona base culturale ed un'adeguata preparazione tecnica, ed i molti che non conoscono molto di piu' delle tradizioni delle proprie famiglie o del villaggio in cui sono nati.

Ai primi si dischiude un mondo pieno di opportunita', mentri i secondi si troveranno sempre piu' emarginati. Abbiamo sotto i nostri occhi esempi di paesi industrialmente avanzati che faticano ad adeguarsi alle regole dell' economia globale, figuriamoci quale possa essere l'impatto di questa sui paesi in via di sviluppo.

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C'e' da chiedersi allora se la Globalizzazione non sia un male da combattere. Ma scagliarsi aprioristicamente contro il mercato globale ci metterebbe sullo stesso piano dei suoi esaltatori. Quello che e' sbagliato e' il modo di affrontare la nuova situazione, in particolare e' sbagliato pensare che lasciare completa liberta' di manovra agli interessati sacerdoti del Mercato Globale possa portare spontaneamente ad un benessere generalizzato per tutti. Il male, piu' che nell'apertura dei mercati, si trova nel fanatismo, alimentato dai pochi interessati, di coloro che vedono nel Nuovo Ordine Economico, la soluzione di tutti i problemi.

L'apertura dei mercati allo scambio delle merci, con il conseguente incremento del traffico commerciale e finanziario, sono tutte opportunita' che se ben sfruttate e indirizzate potrebbero portare ad un vero aumento della ricchezza procapite, ed anche, cosa altrettanto importante, ad una migliore comprensione fra i popoli della terra. Ma per prima cosa e' necessario affermare con forza che la Globalizzazione non e' una necessita' assoluta ne' un fenomeno naturale, ma e' solo il risultato di una scelta ben precisa operata da alcuni importanti soggetti economici e politici.

Una volta stabilito questo, diventa di fondamentale importanza riconoscere che le conseguenze della Globalizzazione non possono essere lasciate nelle mani dei soli diretti protagonisti. E' assurdo, ne' giusto e conveniente, che i destini degli uomini siano lasciati nelle mani di pochi grandi finanzieri e speculatori che pretendono un'assoluta liberta' d'azione.

Fondamentale diventa il ruolo del controllo democratico, ruolo che puo' essere affidato solo agli Stati Nazionali, gli unici in grado d'interpretare e difendere gli interessi dei cittadini.

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Lo Stato Nazionale e' l'unica organizzazione con la capacita' e la volonta', su mandato dei cittadini, di approntare gli strumenti piu' adatti per migliorare la competitivita' e far fronte alle nuove sfide. Competitivita' non e' solo efficienza aziendale.

Un'azienda costretta ad operare in un ambiente con servizi quali sistema bancario, trasporti, scuola, disastrati o peggio sull'orlo del collasso, con una criminalita' rampante sempre piu' padrona del territorio, e' inutile che cerchi di migliorare la propria efficienza, meglio per lei cercare di trasferirsi in un ambiente piu' adatto. Nel mercato globale una Grande Azienda e' meno interessata al miglioramento del sistema Paese. Molte volte e' piu' conveniente, ed il mercato globale lo permette, trasferirsi direttamente in altri paesi piu' organizzati, oppure in paesi dove il costo della mano d'opera e' insignificante.

La storia ha dimostrato che le Grandi Aziende si interessano al prorio paese solo quando e' piu' conveniente operare in regime di protezionismo, regime che solo lo Stato puo' assicurare. Oggi, e non e' la prima volta che accade, alle Grandi Aziende conviene, e hanno la forza per farlo, operare in un regime di massima liberta' e di apertura dei mercati, e sempre meno sopportano di fare i conti con gli interessi dello Stato Nazionale. Interessi che, tanto piu' lo Stato e' democratico tanto piu' coincidono con quelli dei propri cittadini. Ma le Grandi Aziende sanno come ottenere quello che vogliono.

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Negli ultimi anni, l'Italia ne e' una chiara dimostrazione, e' aumentato a dismisura il ruolo politico di coloro che prima erano solo dei grandi burocrati al servizio dei politici, in particolare dei banchieri. Questo e' avvenuto contemporaneamente alla perdita di prestigio dei politici democraticamente eletti. In questo contesto un ruolo fondamentale e' stato svolto dalla stampa nazionale per lo piu' di proprieta' delle Grandi Aziende.

La stampa ha svolto questo compito enfatizzando e generalizzando la corruzione e l'incapacita' dei politici, o almeno di quella parte che dava piu' fastidio. Lo scopo ultimo di questa campagna, anche se non e' chiaro a tutti, e' l'eliminazione dello Stato Nazionale, od almeno di gran parte dei suoi poteri. Questi poteri andranno delegati ad organismi sovranazionali sempre piu' burocratizzati e lontani dagli interessi democratici dei popoli. Questi organismi internazionali verranno messi sotto la guida di "tecnici" ed "esperti" al servizio delle Grandi Multinazionali.

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Anche l'enfasi sulla nuova societa' multiculturale, che e' cosa ben diversa da una societa' multirazziale, ha lo scopo di promuovere un internazionalismo il cui scopo e' l'annullamento dell' identita' dei popoli. Un grande mondo indifferenziato di lavoratori-consumatori, disarmati di fronte agli egoismi e l'aggressivita' delle Grandi Multinazionali, sembra essere questo il sogno osceno di qualcuno.

E' sintomatica, ma nemmeno tanto nuova, l'alleanza fra l'internazionalismo di una sinistra che, finalmente libera dall'ingombrante presenza dell'Unione Sovietica, gia' sogna, appena le verra' data una nuova opportunita', di promuovere nuovi esperimenti sociali su scala globale, e l'internazionalismo della Grande Finanza. Questa alleanza deriva dalla comune volonta' di abbattere lo Stato Nazionale per sostituirlo con nuovi soggetti su scala internazionale, dove sempre piu' limitato sara' il ruolo della democrazia rappresentativa.

Organismi che saranno legittimati non dalla volonta' popolare democraticamente espressa attraverso il voto, ma da un'ipocrita aderenza ad alcuni valori quali una generica ed ipocrita Solidarieta'.

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Di fronte a questa situazione non c'e' da meravigliarsi se contemporaneamnte all'indebolimento dello Stato Nazionale, che perde d'importanza man mano che delega le sue funzioni ai nuovi organismi sovranazionali, crescano i nazionalismi locali. E' ridicolo e fuorviante pensare che gli Haider possano essere la causa di questi nuovi e talvolta esasperati nazionalismi. Piu' verosimilmente gli Haider sono la conseguenza della volonta' del popolo a continuare ad essere il responsabile dei propri destini.

Non si puo' imporre ai popoli delle societa' avanzate, popoli con storie millenarie, la perdita dell'identita'. Non si puo' imporre una societa' multiculturale, ovvero l'accettazione di culture che il piu' delle volte sono lontanissime dai piu' elementari principi di democrazia, liberta' ed eguaglianza. Non si puo' imporre l'accettazione di un'esasperante immigrazione clandestina come di una calamita' naturale inevitabile, mentre e' solo la conseguenza di un processo di Globalizzazione senza regole. Immigrazione clandestina che tra l'altro e' molte volte foriera di nuova criminalita'. L'imporre ai popoli la sottomissione dei propri interessi a quello delle Multinazionali, non potra' non condurre alla moltiplicazione di fenomeni come quello austriaco con conseguenze che potranno essere solo tragicamente negative.

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