IL BEL DANUBIO BLU

di Eros Capostagno

Il passaggio dal vecchio al nuovo millennio ha visto alcuni Paesi d'Europa affrontare scenari che ne hanno turbato l'equilibrio politico e/o sociale, o che potrebbero turbarlo in un prossimo futuro. Vale la pena di dare un'occhiata a cosa accade in alcuni di essi.

1) La Germania: finita con la riunificazione prima e con l'EURO poi l'era del cancelliere Kohl e dei cristiano-democratici, è ora la coalizione a guida socialdemocratica che ha preso in mano il timone del Paese. Gli esordi non sono stati tranquilli, con scontri interni al partito e dimissioni di ministri, mentre l'Euro, imposto ai tedeschi in sostituzione del loro glorioso e forte marco, mostrava segni di progressiva debolezza. Questo ha comportato in alcune elezioni locali, una perdita netta di consenso da parte della coalizione al Governo. Tuttavia, l'assenza di scadenze elettorali importanti non gravava sul Paese con un particolare clima di scontro elettorale con l'opposizione.

Eppure, in questo contesto, è improvvisamente emerso l'affare dei fondi ricevuti da Kohl per la campagna elettorale della CDU, e non dichiarati a bilancio.

Chi avesse interesse a sollevare questo "scandalo" non è dato sapere, quale scopo si prefiggesse nemmeno, visto che andava a colpire un politico ormai pensionato ed un partito d'opposizione, in tempi ancora lontani da appuntamenti elettorali significativi. Oltretutto nessuno sarebbe così ingenuo da pensare che il finanziamento occulto ai partiti possa riguardare solo la CDU: appare logico pensare che il polverone prima o poi ricadrebbe anche sugli altri partiti, a meno di non ritenere (ma ne dubitiamo) anche la magistratura tedesca affetta dallo strabismo di quella italiana.

Resta quindi il dubbio del "cui prodest?" questo che sembra essere un tentativo di destabilizzazione del sistema politico tedesco, in un momento in cui l'economia centro-nordeuropea riprende vigore malgrado la debolezza dell'Euro.

2) La tranquilla Austria è balzata agli onori delle cronache per il violentissimo attacco che i capi di stato di alcuni paesi europei e degli USA le hanno sferrato all'indomani del successo elettorale di tal Haider, sconosciuto ai più, e tacciato di presunto neonazismo.

Come ai tempi dei monarchi assoluti, che spesso dichiaravano guerre per questioni personali, così il presidente Chirac, ritenutosi insultato da Haider, ha innescato la campagna antiaustriaca, prontamente seguito da altri nobili spiriti. Così, grazie a questo pretesto, senza nemmeno che il nuovo governo austriaco fosse stato formato, l'Austria è stata "sanzionata" e ostracizzata, con la complicità, pare, di alcuni esponenti politici di primo piano di Vienna, ostili ad Haider.

Non sappiamo quale sarà la conclusione della vicenda Haider, che sta riservando altri colpi di scena, certo è che l'effetto ottenuto da Chirac, Clinton e soci è la totale destabilizzazione politica dell' Austria, ed un clima di tensione all'interno dell' Unione Europea.

3) La Repubblica Ceca vive un periodo tranquillo, ma la fine del mandato del presidente Havel si avvicina e sembra, che non vi siano candidati "adatti" per la prossima presidenza, tanto che si parla addirittura della famosa signora M. Allbright, di nazionalità americana, nientemeno che attuale Segretario di Stato e artefice della politica estera americana di questi anni. Perché i Cechi dovrebbero scegliersi un presidente americano, in un Paese del Centro-Europa, non ci è per la verità molto chiaro. Vedremo.

4) Sulla Serbia è forse superfluo dilungarsi, vista la tragedia di cui è stata protagonista lo scorso anno assieme alle regioni e Paesi limitrofi (Montenegro, Kosovo, Albania, Macedonia). Indipendentemente dalle considerazioni umanitarie sulle brutalità perpetrate dalla polizia e dalle dalle varie etnie locali, quella cui abbiamo assistito è stata una guerra voluta fermamente da Clinton e combattuta dagli alleati con una ampiezza e uno schieramento di mezzi che appaiono decisamente sproporzionati agli obiettivi prefissati, almeno se questi erano quelli dichiarati di dare sicurezza agli abitanti del Kosovo.

I risultati ottenuti sono ben lontani da quell'obiettivo: il dittatore Milosevich è ancora saldamente al suo posto, i kosovari ed i serbi del Kosovo continuano a trucidarsi non appena i soldati della forza di pace girano gli occhi, i paesi europei e gli USA sono costretti a mantenere sul posto (così come in Bosnia da tanti anni) decine di migliaia di uomini in assetto di guerra, senza l'ombra di un progetto che ne preveda il ritiro a termine, a seguito di una soluzione stabile.

Altri risultati sono stati: la creazione di zone franche tra l'Albania ed il Montenegro, in cui la criminalità balcanica e quella italiana organizzano le proprie attività; la destabilizzazione del tessuto sociale macedone e, alla lunga, italiano a causa dell'immigrazione dei profughi, con tutti i risvolti criminali ed economici in Italia; l'avvento dei postcomunisti al governo italiano (con un colpo di palazzo contro il governo Prodi), necessario per garantire l'assenza di contestazioni da sinistra alla guerra, con i suoi prevedibili effetti deleteri sull'economia del Paese, non ostante le visioni trionfalistiche di D'Alema.

E, last but not least, l'aver distrutto i principali ponti sul Danubio in territorio serbo, cosa che, più che rendere difficile il passaggio da una sponda all'altra, ha reso il fiume non più navigabile a causa dei detriti. Ora, che i ponti siano sempre stati un obiettivo strategico nelle guerre, per tagliare le vie di comunicazione al nemico, è cosa evidente, ma che cosa c'entrassero alcuni ponti sul Danubio con le operazioni in Kosovo è meno evidente, almeno a prima vista.

5) C'è poi la Turchia che, se non è propriamente un paese europeo, ormai da anni sta tentando di diventarlo, avendo anche chiesto da tempo l'adesione all' Unione Europea. Come noto, tale richiesta giace nelle cancellerie europee, che ne rimandano costantemente l'accoglimento con la motivazione della "non soddisfacente" democraticità delle istituzioni turche. Il processo al capo dei ribelli curdi, Ocalan, ed il rischio della sua condanna a morte, sono stati gli ultimi argomenti, in ordine di tempo, per ricacciare la Turchia lontano dall'Europa.

6) La Romania sta vivendo un periodo di lunga transizione, tra un passato non ancora passato ed un futuro di sviluppo democratico che ancora non arriva. Sintomatico che i finanziamenti italo-canadesi per la realizzazione della seconda unità dell'impianto elettronucleare di Cernavoda sono bloccati da qualche anno, non ostante la buona esperienza e l'eccellente risultato conseguito con la realizzazione della prima unità. Da notare che l'approvvigionamento energetico è un passo necessario per tutti i Paesi dell'Est, sulla via dello sviluppo e della crescita economica.

La fragilità delle infrastrutture rumene è stata messa in evidenza dal recente episodio del cianuro scaricato e finito nel Danubio dai gestori rumeno-australiani della miniera di Baia Mare, scarico che ha causato un disastro ecologico ed economico non solo alla Romania ma anche ai Paesi a valle, con conseguenti tensioni nei loro rapporti bilaterali, in particolare per quanto riguarda proprio la "gestione" del fiume.

7) Della Croazia non si può dire molto: la morte del Presidente-padrone Tuciman ha lasciato il fragile Paese in un clima di attesa e di incertezza. Vedremo la sua evoluzione nei prossimi mesi.

* * *

Quello che colpisce, guardando la carta dell' Europa, è che tutti i Paesi summenzionati si affacciano in qualche modo lungo il bacino del Danubio, fiume mitteleuropeo per eccellenza, che dalla Germania va a gettarsi nel Mar Nero e che è perfettamente navigabile, costituendo anzi da sempre una via di comunicazione essenziale e vitale per questi ed altri Paesi.

Nel futuro prossimo venturo, l'importanza economica del Danubio dovrebbe crescere a dismisura. Sono infatti in via di completamento le opere che renderanno navigabile senza interruzioni la via d'acqua "Reno-Meno-Danubio", una impressionante autostrada fluviale di 3500 Km che dalla foce del Reno (Rotterdam, Olanda) consentirà di raggiungere direttamente il Mar Nero (foce del Danubio tra Romania, Moldavia e Ucraina) e quindi la Turchia e l'Ucraina, a navi mercantili fino a 110 metri di lunghezza con capacità di carico fino a 1800 tonnellate.

Questa via si compone di quattro sezioni, 539 Km da Rotterdam lungo il Reno sino alla confluenza del Meno a Mainz, 384 Km sul Meno, 171 Km di un canale artificiale tra Meno e Danubio, completato nel 1992, ed infine 2411 Km lungo il Danubio stesso.

Tutti i Paesi che si affacciano su questo bacino gravitano, o tenderanno probabilmente a gravitare, nell'orbita della Germania , e che comunque, se non altro per posizione geografica, sono particolarmente sensibili all'influsso economico tedesco ed ai suoi riflessi. In prospettiva non lontana dunque, grazie a questa autostrada fluviale, la Germania potrebbe diventare un crocevia commerciale di incalcolabile importanza, da farne verosimilmente il leader economico (e quindi politico) incontrastato della nuova Europa. E l'Europa stessa, nel suo complesso, vedrebbe aprirsi scenari di indubbia crescita economica e politica, con penetrazione anche verso le repubbliche caucasiche, che dovrebbero controllare le prossime vie del gas e del petrolio.

Si potrebbe configurare in definitiva uno spostamento di assi commerciali, forse paragonabile a quanto avvenuto con l'apertura del canale di Suez, se non con quanto avvenuto al Mediterraneo dopo la scoperta dell'America

Naturalmente questo scenario, tecnicamente a portata di mano, ha una sola debolezza, quella del numero elevato di Paesi coinvolti, ognuno dei quali può condizionarne, nel bene e nel male, la funzionalità. E' chiaro che condizione essenziale perché tutto funzioni è la concordia tra questi Paesi, la loro stabilità politica e la loro "vicinanza" ad un progetto di Europa transnazionale.

Di converso, l'instabilità interna di qualcuno di essi e/o le difficoltà tecnico-politiche nel completare le opere di navigabilità, non possono che rallentare, se non impedire, questo processo. Guardando alle vicende che stanno coinvolgendo questi Paesi negli ultimi tempi, verrebbe da temere che proprio questo stia accadendo.

Naturalmente non possiamo con ciò affermare che vi siano correlazioni tra le varie situazioni analizzate, né che qualche occulta regia stia tentando di boicottare surrettiziamente questo progetto, magari nel timore di perdere un proprio spazio, oppure di trovarsi ad interagire con un nuovo partner di assoluto rilievo sullo scacchiere geopolitico est-europeo ed ex-URSS, sia essa la Germania o l'Europa nel suo complesso. Tuttavia, è un dato di fatto che il favorire l'instabilità interna e l'ostilità tra i paesi europei rischia certamente di frenare la realizzazione dello scenario anzidetto.

Da ultimo, non si può non sottolineare, con l'abituale raccapriccio, come l'Italia stia per l'ennesima volta perdendo il treno della Storia, avendo rinunciato per incapacità ed insipienza politica, ad un'integrazione infrastrutturale (strada e ferrovia) tra Trieste/Venezia e la Baviera verso Nord, Torino-Genova e Lione verso Ovest, e il bacino danubiano verso Est, a quei collegamenti cioé che le consentirebbero di agganciarsi a (e di sfruttare) questa nuova via commerciale mitteleuropea.

Infine, non si può non dare atto, checché se ne pensi, della lungimiranza in politica estera al governo Craxi/De Michelis che, in anni che sembrano ormai lontanissimi, lanciarono l'iniziativa della "Pentagonale", quella zona di intesa commerciale (ma non solo) che dall'Italia si spingeva sino all'Ungheria.

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