SCALFARO, LA FINE DI UN CICLO

di Massimo Galanti

Il nostro ultimo articolo (v. Io non ci sto! nel N° 45) era dedicato a quelli che secondo noi erano i due piu' probabili candidati alla Presidenza della Repubblica, Scalfaro e Ciampi. Non era difficile prevedere che Ciampi sarebbe stato il prossimo Presidente, anche se a noi quell'eventualita' non piaceva affatto: infatti concludemmo l'articolo commentando tristemente che al peggio non vi e' mai fine. Analizzando ora, con piu' serenita', a risultato acquisito, quanto e' accaduto, possiamo trarre anche qualche segnale positivo.

Intanto ci verranno risparmiati altri sette anni di retorica bolsa ed anche un tantino ipocrita, il che non e' poco, ed esce dalla scena il personaggio politico che, secondo noi, piu' ha contribuito alla conservazione e restaurazione del vecchio sistema. L'aspetto piu' positivo della faccenda riguarda pero' Ciampi che, come Presidente della Repubblica, non potra' piu' far danni come ministro del Tesoro. Anche questo non e' poco.

In effetti Ciampi e' fortunato ad andarsene via con una promozione, antica pratica romana (promoveatur ut amoveatur), in un momento in cui i risultati della sua politica non possono piu' essere coperti da una propaganda cosi' sfacciata da far sembrare l'Italia piu' un paese del socialismo reale che non uno del mondo occidentale. Questa propaganda ancora funziona in Italia, mentre all'estero comincia ad essere considerata come tale. Infatti l'ultima proposta di Ciampi, consistente nell'esportare la ricetta economica italiana in Europa, e' stata prontamente respinta, senza discussione, dai partner europei, che hanno tenuto a dichiarare che l'Europa non e' l'Italia. Solo i nostri giornalisti, provinciali e servizievoli, possono credere e tentare di farci credere che l'Italia possa essere presa a modello dai nostri partners. E' gia' tanto se qualche volta ci prendono in considerazione.

Che Ciampi se ne sia andato al momento opportuno, ce l'ha fatto capire anche il suo successore al Tesoro, il famoso Dottor Sottile di craxiana memoria, ovvero Giuliano Amato, il quale ci ha prontamente messo al corrente dello stato di coma profondo in cui versano l' economia e la finanza italiana, a causa di una politica, disastrosa diciamo noi, che ha privilegiato le entrate ed il blocco della spesa, senza aver effettuato nessuna seria ristrutturazione della stessa. Costretto in sede europea a chiedere, ad appena un anno dall' entrata in vigore degli accordi sulla moneta unica, un'attenuazione delle richieste di quegli accordi, poco e' mancato che il povero Amato non venisse accusato dai colleghi europei di essere la causa della caduta di valore dell'Euro.

I nostri partner giustamente cominciano ad interrogarsi sulla saggezza di aver accettato l'Italia nel loro club. Mentre l'Inghilterra, che secondo Prodi & C. sarebbe dovuta sprofondare in una crisi terrificante, si gode il momento magico della sua moneta, come si gode il fatto di essere il piu' importante partner degli Stati Uniti, di fronte ad un'Europa titubante senza una chiara direzione di viaggio. Speriamo che i nostri amici europei non debbano interrogarsi anche sulla scelta di Romano Prodi.

Con Ciampi al Quirinale e Amato al Tesoro si conclude quasi un settennato della vita della Repubblica, settennato che era iniziato con l'ascesa di Scalfaro al Quirinale e con quella dei nostri due a grandi protagonisti della nuova fase politico-economica italiana scaturita dallo scandalo di Tangentopoli. Vale la pena a questo punto una divagazione su Tangentopoli e su come si sia arrivati alla pesante situazione odierna.

Nuovi equilibri di potere

A ben vedere, Tangentopoli fu solo un mezzo per arrivare a nuovi equilibri di potere, necessari per far fronte alla mutata situazione economico-politica internazionale ed al pesante debito interno.

Agli inizi degli anni novanta, il nostro asfittico super-protezionista sistema capitalistico italiano a conduzione familiare, si trovava a dover fronteggiare due formidabili avversari, trovandosi inoltre costretto ad operare in un paese il cui debito pubblico rischiava di crescere a dismisura fuori da ogni controllo. Questi due formidabili avversari si chiamavano Globalizzazione e Avidita' dei partiti dell'arco costituzionale. Finora il consociativismo industria-partiti aveva ben lavorato, permettendo alla grande industria di ben operare all'interno di un sistema superprotetto, mentre i partiti potevano far fronte alle loro incredibili spese di gestione con i soldi neri dell'industria pubblica e privata e con sussidi provenienti dagli Usa o dall' Unione Sovietica.

Questi sussidi erano molte volte conseguenze di affari internazionali in cui il governo sponsorizzava alcune industrie e queste sollecitavano aiuti per alcuni partiti. Probabilmente ad andare a scavare non esiste nessun grande contratto internazionale dove non sia passato di mano qualche miliardo non contabilizzato e dove non sia implicato qualche partito. Se questo sistema consociativo poteva andar bene per le poche famiglie che detenevano il potere economico, per i partiti, per i sindacati e per la grande burocrazia amministrativa e dell'industria pubblica, per il paese si risolveva in un debito statale sempre piu' insostenibile, in un basso sviluppo tecnologico ed in generale in una progressiva deindustrializzazione. Per cui dopo il grande sviluppo e dinamismo degli anni del dopoguerra, il paese arrancava per tenere il passo anche con gli ultimi fra i paesi industrializzati. Il grande processo di globalizzazione del mercato metteva in grande difficolta' un capitalismo familiare che improvvisamnte si trovava a competere con un capitalismo sociale molto piu' agguerrito e competente, che possedeva una grande capacita' di offrire prodotti tecnicamente e qualitativamente piu' avanzati e servizi piu' efficienti.

Le nuove sfide globali potevano rivelarsi la tomba di un capitalismo familiare vissuto sotto l'ala protettrice di un sistema politico compiacente e sotto la protezione di banchieri la cui unica preoccupazione era di far sì che le leve del potere industriale e finanziario restassero saldamente nelle mani delle solite poche famiglie ammesse al cosiddetto " salotto buono".

Per dare un'idea delle conseguenze del passaggio da un sistema protetto ad uno concorrenziale, basti pensare che la Fiat e' dovuta sopravvivere (e finora fortunatamente vi e' riuscita), passando in pochi anni dal possesso di una quota del mercato automobilistico italiano intorno all'80% ad una che oggi non riesce a raggiungere il 40%. Inoltre il sistema politico diventava sempre piu' esigente in termini di quattrini e, cosa ancora piu' preoccupante, dava segni di voler diventare egemone, sottraendosi all'abbraccio troppo interessato della grande industria.

L'Europa, come gia' tante volte era accaduto nella storia, e la ripresa di un pieno controllo della politica potevano significare la differenza fra la morte e la salvezza. Sia ben chiaro, non la morte del paese come paese industriale, giacche' una diversa politica sociale, economica e industriale, antitetica al vecchio consociativismo, promotrice di un capitalismo sociale piu' moderno, che avesse limitato l'influenza del capitalismo familiare, avrebbe senz'altro significato la sua salvezza. Ma qui stiamo parlando di potere e non del benessere economico-sociale di un paese.

Morte e salvezza si riferiscono a quell'élite politica-finanziaria-burocratica-ecclesiastica che da troppo tempo e' signora e padrona di questo paese. Tangentopoli fu la conseguenza ed il mezzo per una congiura di palazzo, il cui scopo era la ridistribuzione del potere per meglio poter sopravvivere in una mutata situazione internazionale. Il crollo del sistema sovietico fu l'occasione per poter associare direttamente al potere quei comunisti che la guerra fredda aveva sempre tenuto lontano dai grandi centri decisionali. In cambio i comunisti, insieme al partito clericale, avrebbero assicurato il controllo delle masse e la loro obbedienza.

Il capitale sceglie la sinistra

La famosa frase cara ai radical-chic-capitalisti "Le riforme le fà meglio la sinistra", va interpretata nel senso che in certe circostanze solo un governo di sinistra puo' assicurare la pace sociale. Basti pensare cosa sarebbe successo in un paese arretrato come il nostro, tenuto sempre a bada dai signori, dai sindacati e dai preti, se nuove tasse, o solo una tassa per l'Europa, o l'inevitabile riforma delle pensione, fosse stata suggerita da un governo di centro-destra.

Milioni sarebbero scesi in strada a protestare se non a far di peggio. Basta vedere quello che e' successo al tempo del Governo Berlusconi. Ancor peggio, forse una vera e propria rivoluzione, sarebbe accaduto se l'intervento in Albania o la guerra per il Kosovo, fossero stati promossi non da un governo di sinistra ma da uno di centro-destra. Solo grazie ad un governo di sinistra gente come Cossutta puo' continuamente gridare a gran voce che bisogna smetterla con i bombardamenti della Nato, e contemporaneamente appoggiare il Governo che quotidianamente ordina ai propri aerei di andare a bombardere il Kosovo. Probabilmente Cossutta sarebbe rimasto al Governo anche nel caso che le truppe Nato avessero marciato su Belgrado. Probabilmente in quel caso avrebbe posto come limite invalicabile per la sua presenza al Governo l'invasione della Vojvodina.

Questo inciso serve solo a far comprendere l'importanza per la classe dirigente di preferire in certe situazioni un governo di sinistra. In questa chiave va interpretata anche la famosa frase: " Non ci resta che sperare in Cossutta". E tutto cio' puo anche spiegare la forte opposizione al Governo Berlusconi. Oltre a temere un governo politicamente forte, capace di fare vere riforme, la nostra classe dirigente non vuole assolutamente rinunciare al vecchio consociativismo, ritenendo questo essenziale per il mantenimento del proprio potere. Il vecchio partito d'azione, quello delle élites intellettuali, dopo essere stato sconfitto dagli elettori, si prende oggi la sua rivincita.

Il ruolo della stampa e della magistratura

La forza di questo sistema si e' vista nell'alleanza strategica fra parte della magistratura e la grande informazione controllata dal potere economico. La congiura di palazzo non ha avuto bisogno di spargere molto sangue, son bastati qualche avviso di garanzia ben propagandato dall'informazione di regime e personaggi e interi partiti scomodi sono usciti dalla scena. La sinistra, risparmiata dall'ondata giustizialista (basterebbe il caso Greganti per avvalorare questa tesi), in cambio del potere e dell'immunita' ha ben accettato di caricarsi dell'onere di portare l'Italia in Europa e d'impedire il concretizzarsi di vere riforme.

Pensare che molti uomini del PCI, oggi PDS, pronti ieri a combattere senza tregua contro l'Europa, la moneta unica e la NATO, ne siano diventati oggi i grandi paladini, lascia invero notevolmente perplessi. A sostegno della tesi sul ruolo della stampa troviamo oggi le dichiarazioni di De Benedetti, che se abbiamo ben capito accusa la sinistra d'ingratitudine, affermando che senza i suoi giornali questa non sarebbe mai arrivata al potere. E' strano, ovvero non lo e' alla luce di quanto stiamo scrivendo che le dichiarazioni di De Benedetti siano state riportate senza commenti.

Le conseguenze per il paese

Le conseguenze di quella che doveva essere una finta rivoluzione, e che ha avuto in Scalfaro uno dei suoi migliori interpreti, e' ormai sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere. Da un punto di vista sociale il paese e' apatico, indifferente a quello che succede nelle stanze del potere, preoccupato piu' di prima della propria sopravvivenza quotidiana, con davanti un incertissimo futuro per se' e per i propri figli , e pronto eventualmente a riaffidarsi ancora una volta ai suoi protettori storici quali la Chiesa, o eventualmente l'Europa.

Economicamente il paese, come purtroppo abbiamo avuto modo di scrivere innummerevoli volte, e' allo stremo, con una crescita che quest'anno potrebbe rivelarsi addirittura negativa, come gia' e' accaduto in questi ultimissimi anni, e comunque con una crescita di molto inferiore alla pur debole crescita del resto d'Europa. Quel che e' peggio e' che le speranze per l'occupazione sono quasi nulle in quanto in mancanza di una politica che renda il costo del lavoro per unita' di prodotto competitivo rispetto agli altri paesi, gli industriali troveranno piu' conveniente, come conseguenza del mercato globale, investire all'estero.

D'altro canto l'ormai cronica mancanza o arretratezza dei servizi, unita anche ad una criminalita' che e' ormai fra le piu' aggressive nel mondo, rende molto improbabili investimenti dall'estero. Della scuola e della ricerca scientifica fà solo pena parlarne. Ne' e' migliorato il nostro sistema industriale, che ancora oggi si basa su un capitalismo familiare dove la grande finanza ed industria sono in mano ad un piccolo esclusivo cartello, mentre il 90% del restante apparato industriale e' composto di aziende famigliari con meno di 10 addetti. I grandi industriali e banchieri che gia' avevano fallito nel compito di creare un grande paese industriale, scegliendo ancora una volta il consociativismo e le sinistre, hanno contribuito a far perdere al paese 7 anni interi, ben rappresentati dal settennato di Scalfaro.

La speranza della fine di un ciclo

Questo e' il paese che ci ritroviamo dopo 7 anni di finta rivoluzione, e questo e' il prezzo che si e' pagato per aver mandato, contro la volonta' della maggioranza del paese, le sinistre al potere. Nemmeno Prodi era sufficiente, ci voleva D'Alema. Forse ci resta solo da provare Bertinotti. D'altro canto come D'Alema ha trovato eccellenti sponsor fra gli industriali che contano, ricordiamo l'intervista di qualche anno fa di Tronchetti-Provera quando Prodi era ancora capo del governo, non dubitiamo che esista anche qualche tifoso di Bertinotti.

Oggi forse si sta capendo che in questa situazione la salvezza puo' diventare una chimera per tutti, e forse e' tempo veramente di cambiare politica e attitudine, cominciando bene a capire quali sono gli ambienti che veramente vogliono un paese libero, ricco e moderno, e chi vorrebbe invece, affascinato dal pauperismo, portare il paese in una situazione da terzo mondo.

Il suggerimento a cambiare, questa volta, non puo' essere mascherato da un generico richiamo ad una pretestuosa unita' nazionale, la scusa essendo che le cose da fare sono sempre le stesse e quindi i concetti di destra o sinistra non avrebbero piu' senso, meglio magari un enorme centro indistinto. C'e' gia' chi auspica il grande abbraccio fra D'Alema e Berlusconi. Questa sarebbe ancora una volta la strada per una politica debole e per l'egemonia di poteri forti e fuori dalle istituzioni.

Deve essere chiaro che le ricette della destra e della sinistra sono diverse, come diverse sono le loro scelte sociali e culturali, e siano gli elettori a scegliere in un clima di vera alternanza, ovvero permettendo questa volta che sia il Polo a governare nel caso di una sua vittoria elettorale.

E' emblematico che il ciclo si debba chiudere con Ciampi e Amato, cosi' come era iniziato. Le sinistre per sopravvivere saranno costrette a mettere in atto quella politica economica-sociale che il Polo delle Liberta' ha inutilmente invocato da anni. Amato dovrebbe essere, nei piani, l'uomo per la nuova politica economica, per una seria politica di destra fatta dalla sinistra. Meglio sarebbe riformare il sistema e permettere alla destra di attuare questa politica.

Noi comunque continuamo a rimanere scettici: una vera riforma del sistema ed un'altra politica economica potrebbero mettere in seria discussione il potere di quegli stessi ambienti industriali, finanziari, burocratici ed ecclesiastici che hanno ridotto il paese in questo stato. Non solo, noi siamo convinti che alcuni ambienti di quelli nominati non sarebbero affatto contrari ad un'Italia antioccidentale, filo terzomondista. Ma di questo ne parleremo in un prossimo articolo.

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