UN PAESE SOTTO TUTELA

ovvero: fino a quando Gladio sarà necessaria?

di Eros Capostagno

Da più di un anno la NATO, sotto la spinta di Stati Uniti e Gran Bretagna, minacciava la guerra alla Serbia, senza però decidersi a dichiararla, non ostante l'intensificarsi delle atrocità e l'espulsione forzata dei Kosovari dalle loro case. Perché dunque la NATO lo ha fatto solo all'inizio di quest'anno quando, ci si passi l'espressione, i buoi erano in gran parte già usciti dalla stalla?

Analizzando a posteriori questi due mesi e mezzo di guerra ci si rende conto che l'azione militare è (stata) possibile solo grazie alla piena disponibilità delle basi aeree e logistiche disposte lungo tutto il territorio italiano, dello spazio aereo e dei porti italiani, insomma della piena integrazione dell'Italia nell'azione militare alleata. Non è necessario essere esperti di strategie militari per capire che, senza l'Italia, l'azione sulla Serbia non avrebbe potuto aver luogo.

Nel corso del '98, era chiaro agli alleati che finché Prodi fosse rimasto Presidente del Consiglio, l'Italia non avrebbe potuto dare questa piena disponibilità. L'anima anti-NATO, anti-americana, anti-occidentale del variegato popolo della sinistra, avrebbe verosimilmente infiammato l'opinione pubblica, con manifestazioni, dimostrazioni e blocchi davanti alle basi, cortei sindacali e tutto il solito armamentario. In quelle condizioni, difficilmente un governo perennemente traballante e senza base popolare, come quello di Prodi, avrebbe potuto impegnarsi militarmente in una guerra, e se anche lo avesse fatto, sarebbe stato un alleato infido, a causa delle forti tensioni interne alla maggioranza, e quindi pronto a tirarsi indietro alle prime difficoltà.

Occorreva dunque sbarazzarsi di Prodi e portare un qualche D'Alema a Palazzo Chigi. Solo un D'Alema avrebbe potuto infatti tenere a bada tutti gli antioccidentali, ex-comunisti a parole ma nostalgici nel cuore.

Immaginiamo non sia stato difficile, per chiunque abbia gestito l'operazione, ottenere l'impegno di D'Alema a sostenere fino in fondo l'azione della NATO, in cambio della poltrona di Premier: l'ambizione gli avrebbe fatto superare qualsiasi remora.

Restava il problema di come sbarazzarsi di Prodi, che probabilmente non si rendeva ben conto della situazione e non aveva capito che la sua fine era già stata decisa.

Ecco quindi spuntare Cossiga, l'antico capo di Gladio, e l'Opera può iniziare. Nel primo atto, Cossiga raccatta in men che non si dica sbandati di tutte le parti politiche e forma una specie di partito, l'UdR, cui si associa immediatamente un importante Onorevole "ballerino", Carlo Scognamiglio.

Nel secondo atto, Cossiga cessa d'incanto i suoi attacchi a Scalfaro e si rende immediatamente disponibile ad entrare nella maggioranza di governo per sostituire Bertinotti che ne viene (letteralmente) buttato fuori. Guarda caso, Scognamiglio va ad occupare il posto di Ministro della Difesa.

Nel terzo atto, Cossiga ed i suoi peones, benché nel Governo con Prodi, cominciano ad attaccare il Premier e a minacciarlo dal di dentro, sino al giorno in cui, con un voto di (s)fiducia abbastanza pretestuoso, lo fanno cadere.

Inizia il quarto atto. Il Presidente della Repubblica, Scalfaro, butta alle ortiche lo scornato Prodi, e lo sostituisce ipso facto con D'Alema, con la solita tecnica del "ribaltone", alla faccia del maggioritario e del mandato elettorale.

L'Opera sta per concludersi. Nella scena finale appare ancora Prodi che, testardo come il suo ciuco, tenta di rimettersi in mezzo, ma viene portato via da un coro festante, in direzione dell'Europa, con Tony Blair che gli spiana la strada, ed altri pretendenti che si ritirano in buon ordine. La scena si chiude con Cossiga ghignante che, in un angolo appartato, benedice i commedianti e si ritira (pronto però a balzare nuovamente in scena e a mordere, non appena qualcuno, come Dini, si azzarda a mettere in discussione la continuità della partecipazione italiana alle azioni NATO in Serbia, qualunque esse saranno). Tra squilli di tromba, la guerra viene finalmente dichiarata.

Fine della metafora. Non sappiamo se una qualche Gladio esista ancora, tuttavia questa disponibilità di Cossiga a ributtarsi nella mischia con azioni di dubbia limpidezza, e a fare da punto di riferimento per assicurare che l'Italia continuasse a far parte a pieno titolo dello schieramento occidentale, ritirandosi poi a missione compiuta, non può passare inosservata.

Intendiamoci, siamo ben contenti che vi siano (stati) dei gruppi di persone che hanno operato per mantenere l'Italia tra le democrazie occidentali, preservandola nel passato dalle lusinghe del socialismo reale, e che magari operino nel presente per impedire ulteriori scivolamenti verso il terzo mondo, cui ci hanno portato in quest'ultimo decennio tanti imbecilli. Non è questo il punto.

Il punto è che le Istituzioni del nostro Paese sono talmente deboli, screditate, inaffidabili, da consentire a delle "regìe" senza scrupoli, di intervenire e manipolare la politica e i politicanti italiani a loro piacimento. Questo tipo di "regìe" sono sempre esistite e non ce ne scandalizziamo di certo. Nei paesi a democrazia più solida, esse si limitano a creare movimenti di opinione o lobbies per cercare di influenzare le scelte dei governi, nei paesi subalterni possono arrivare a organizzare veri e propri colpi di stato grazie a teste di ponte interne. L'Italia è chiaramente a metà strada, e la cosa non ci riempie affatto di orgoglio.

Nella prima metà di questo secolo, l'Italia si è fatta la fama di alleato inaffidabile, pronto a cambiar bandiera al mutar del vento. Nella seconda metà il Paese, pur con tutte le sue magagne, aveva cercato di rifarsi una verginità, con quella solidarietà atlantica all'ombra della quale era anche cresciuto sino a diventare la quinta potenza economico-industriale del mondo. La partecipazione attiva alla Guerra del Golfo aveva consacrato questa immagine, e le stesse Istituzioni sembravano stabilizzarsi con l'avvento del maggioritario.

Poi è arrivato Scalfaro, i ribaltoni, le Procure, gli ex-comunisti, e tutto è riprecipitato. Ometti e omuncoli vengono manovrati a piacimento, i destini del Paese continuano non solo a non risiedere nelle mani e nella volontà degli elettori, ma ad essere anche alla mercé di estranei. Un Paese non più indipendente, ma di nuovo "sotto tutela"!

Ancora più sconsolanti le pietose bugie ed i silenzi con cui la NATO è costretta a puntellare il governo di D'Alema durante questa guerra ( ma dopo...?): da quella che l'Aeronautica Italiana non partecipa alla guerra "attiva" ma solo ad azioni di supporto e retrovia, a quella che vorrebbe il governo italiano ignaro delle aree adriatiche designate per lo sgancio in mare delle bombe "avanzate".

Lo scopo delle bugie e dei silenzi è ovvio, evitare al governo imbarazzo col suo stesso elettorato pacifista a senso unico, terzomondista, anti-occidentale e filo-Milosevic. E possiamo anche capirlo. Resta nondimeno il fatto che il nostro esercito è costretto a combattere "di nascosto" per non creare imbarazzo al Governo del proprio stesso Paese, e che D'Alema deve smentire ipocritamente al popolo italiano quello che è stato costretto ad accettare in cambio della poltrona di Premier. Ancora una volta il Governo italiano "sotto tutela".

Quali implicazioni tutto ciò avrà sulla dignità e la coscienza del Paese? Lasciamo perdere...
Purtroppo sappiamo già quali implicazioni avrà sull'immagine e la considerazione di cui gode e godrà l'Italia nel consesso dei paesi occidentali.

Lasciamo pure che D'Alema arrivi alla fine di questa guerra, anche se l'unico risultato tangibile per l'Italia sarà quello di decine di migliaia di nuovi immigrati e l'instabilità politica inevitabile allorché la presenza di D'Alema a Palazzo Chigi non interesserà più ai nostri alleati.

Ma dopo sarà assolutamente necessario dare uno scossone alle Istituzioni, facendo in modo che il Capo del Governo (e magari anche il Capo dello Stato) riceva il suo mandato direttamente dagli elettori e non sia alla mercé di una qualsiasi Gladio (per quanto ammirevole essa possa essere) o di gruppi di veri e propri "putschisti". Sistema maggioritario o proporzionale con sbarramento ed elezione diretta sono riforme da cui non si può più prescindere, perché il Paese abbia un Governo indipendente e dignitoso, espressione della volontà popolare e responsabile delle proprie autonome decisioni.

Ci auguriamo che gli Italiani se ne rendano finalmente conto, dando alle uniche realtà che realmente lo vogliono, quelle del Polo, la forza necessaria per attuarle.

Pagina successiva

Sommario Pagina di copertina Commenti alla Redazione

Hosted by www.Geocities.ws

1