IL CONCLAVE

di Eros Capostagno

Rimaniamo colpiti dall'indifferenza degli italiani di fronte all'ennesima indecorosa sceneggiata dell'elezione del Presidente della Repubblica.

Diciamo "elezione", ma è solo un eufemismo, perché il prescelto non sarà (stato) il frutto di una libera scelta, ma di un mercanteggiamento occulto tra oligarchie di partito e potentati economici. Mercanteggiamento di cui gli elettori e la maggior parte dei parlamentari, legittimi rappresentanti del popolo, non sono informati né tantomeno coinvolti.

Al contrario. Al popolo non viene nemmeno riconosciuto il diritto di sapere quali sono i candidati al soglio quirinalizio, e con quali credenziali questi si presentino ai loro "grandi elettori". Il popolo saprà tutto a cose fatte. Sarà per la vicinanza col Vaticano, a Roma tutto si svolge sempre come nel Conclave. La comunità conoscerà il suo nuovo capo a fumata bianca avvenuta, ma almeno al di là del Tevere c'è lo Spirito Santo che stende le mani sui Cardinali elettori, di qua c'è solo lo spirito perverso della nomenklatura che stende le mani sulla cosa pubblica, facendone una "cosa loro". E l'unico impegno che l'eletto prenderà davanti alla Nazione sarà quello di (far) garantire il "rispetto della Costituzione": dopo l'oltraggio, anche la beffa, visto come il Presidente uscente ha interpretato questo impegno.

Ben vengano dunque movimenti spontanei o anche lobbysti che sponsorizzino un candidato, quando questi abbia accettato pubblicamente la candidatura. Non stiamo sostenendo qui la candidatura di Emma Bonino, sulla quale ognuno può avere opinioni diverse, quanto il metodo, primo tentativo nella nostra repubblica di un tipo diverso di approccio all'elezione del Presidente.

E' chiaro che nel sistema attuale, chiunque si ponga come elemento di rottura del sistema stesso, si trova davanti lo sbarramento compatto di quanti traggono dal sistema la loro (unica) ragion d'essere, donde il tacito accordo di ignorare, come provocatoria, l'autocandidatura della Bonino. Un "ignorare" che la dice lunga sul timore della nomenklatura per la possibile diffusione nell'opinione pubblica del favore per un'elezione popolare diretta. L'avvento dei comunisti al potere ha poi rinforzato la tendenza ad escludere la pubblica opinione da qualsiasi processo decisionale: se sette anni fa circolavano tra i possibili candidati anche i nomi di personaggi estranei alla politica attiva (Bobbio, Valiani,...), ora non se ne parla nemmeno.

Così nel teatrino della politica, un'opinione pubblica resa indifferente dalla nausea, è costretta a sorbirsi le scaramucce verbali sulle candidature di commedianti da avanspettacolo che, con un linguaggio fatto di nulla (v. Chi l'ha detto? in questo stesso numero), cercano di coprire il nulla di cui sono ammantati.

Amici, quando leggerete queste note, probabilmente i giochi saranno già stati fatti, ed il nuovo (speriamo) inquilino sarà già installato al Quirinale, è dunque inutile fare qui delle previsioni sui nomi. Comunque andrà a finire, resterà il fatto che lo scontro vede protagoniste essenzialmente tre realtà: i soliti potentati finanziari, la lobby giustizialista, i circoli cattolici.

I potentati economici. Non è un mistero che i padroni del vapore hanno dal 1992 la loro longa manus nel Governo (v. Britannia nel N°3) e che non disdegnerebbero di allungarla sul Quirinale, anche in segno di gratitudine per i servizi da lei resi, specie nel settore delle telecomunicazioni e delle banche. Indifferenti naturalmente al fatto che questa longa manus ha distrutto l'economia italiana, contribuendo a far esplodere la disoccupazione ed il numero di nuovi poveri (v. L'avanzata del gambero nel N°37).

La lobby giustizialista. Non può sorprendere che chi ha plasmato e usato la Magistratura come strumento di lotta politica, cerchi di elevare al soglio quirinalizio uno dei suoi, qualcuno che, in un momento in cui le "quotazioni" di certi magistrati stanno progressivamente scendendo alla Borsa dell'opinione pubblica di buon senso, garantisca la continuità così nella gestione dei pentiti come nell'impunità di quei magistrati che si reputano al di sopra della Legge.

I cattolici. Non è un mistero che gli ambienti cattolici cerchino di ribadire la tradizione cattolica del Paese, nominando un Presidente che, da un lato, possa bilanciare il totalitarismo della Sinistra al Potere e che, dall'altro, riscatti l'onore dei cattolici stessi, visto che questi non riescono a reagire da soli alla delegittimazione storica ed al linciaggio di cui sono fatti ipocritamente oggetto dall'accoppiata DS-Magistratura.

E' comprensibile che queste tre realtà si scontrino e si incontrino nella difesa dei loro interessi, avendo come unica regola del gioco la volontà di tener fuori ogni possibile elemento perturbatore, come il popolo sovrano. Non disponendo ciascuna di queste tre realtà della forza sufficiente per imporsi sulle altre due, il risultato finale non può che essere il solito compromesso, delle cui clausole l'opinione pubblica verrà tenuta all'oscuro, e la cui faccia visibile sarà verosimilmente la nomina di un personaggio "anonimo", nato cresciuto e pasciuto quale burocrate di partito e/o di stato, in un Palazzo disaccoppiato dalla società civile (a cui, anzi, andrà tutto il quirinalesco disprezzo).

Con il fondato rischio che l'anonimo, gonfiato il petto nella convinzione di essere stato scelto perché davvero il migliore, si metta ad agire di testa propria. Non sappiamo se sia lecito estrapolare alla politica quanto avviene nel mondo del lavoro, ma chi ha esperienza professionale sa quanto sia più facile confrontarsi con un capo scorbutico di cui non si condividano i metodi ma di accertata personalità, che con un capo più amabile coi dipendenti ma spinto dalla propria insicurezza a fare idiozie.

Non ci interessa in questo momento rivedere l'ordinamento costituzionale italiano né la definizione dei poteri del Presidente della Repubblica: se ne può riparlare. Per ora ci basterebbe lasciare al Presidente il ruolo ed i poteri attuali, a condizione che la sua sia una "elezione" e non una "nomina" privata da parte di conventicole più o meno pulite. E dicendo "elezione", non alludiamo nemmeno all'elezione popolare diretta, nella nostra ingenuità ci accontenteremmo per ora di molto meno. Lasceremmo pure che i parlamentari e gli altri "grandi elettori" continuino ad esercitare il loro mandato costituzionale ma, per favore, che lo esercitino su una lista di candidati alla presidenza che siano stati ufficialmente dichiarati tali (con l'avvallo ovviamente di un congruo numero di personalità dell'amministrazione statale a garanzia della serietà della candidatura, come avviene in Francia) e di cui si conoscano il curriculum, la posizione assunta nel passato sui vari temi della vita sociopolitica, la posizione (chiara) sui problemi del presente e l'orientamento su quelli a medio e lungo termine.

Una democrazia compiuta vorrebbe forse che la scelta venisse effettuata direttamente dai cittadini, ma lasciamo stare: anche così i gruppi parlamentari non potrebbero più sottrarsi ad una scelta chiara di fronte agli elettori, riducendo così, se non proprio eliminando, gli aspetti più sgradevoli del mercanteggiamento di questi giorni.

Poiché non ci si può illudere che i circoli di potere abdichino spontaneamente alle loro attuali prerogative, non resta che puntare su una forte spinta da parte dell'opinione pubblica moderata. Speriamo che abbia ragione il Cavaliere nell'ipotizzare milioni di italiani scendere nelle strade per protestare, in caso di elezione presidenziale sgradita al Paese, perché in verità a noi sembra di vedere invece tanta, ma tanta, colpevole indifferenza.

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