QUALCOSA DI NUOVO....

di Tito Livio

"C'è qualcosa di nuovo oggi nell'aria, anzi d'antico..."
Inizia così una delle più note liriche di scolastica memoria, ove il poeta percepisce nell'atmosfera un qualcosa di indefinito e di nuovo, che tuttavia lo rimanda a un qualcosa "d'antico", che sembra venire da lontano e che affonda le sue radici nel passato, in quel continuo divenire che lega gli eventi tra di loro.

Ci sono tornati alla mente questi versi sublimi, dal sapore universale e sempre attuale, in quanto anche noi abbiamo percepito la scorsa settimana qualcosa di nuovo nell'aria. E' accaduto quando il neo Presidente della Corte d'Appello di Milano ha dichiarato alla stampa: "In generale abbiamo la convinzione di essere tutti dei giudici obbiettivi, anche perché l'obbiettività è la dote indispensabile per giudicare".

Abbiamo detto "qualcosa di nuovo", perché nella passata stagione avevamo avuto la sgradevole sensazione che l'obbiettività fosse considerata più un accessorio che un ovvio requisito per giudicare. Un accessorio utilizzato magari in maniera alquanto soggettiva, come lasciavano sospettare i casi di quel Giudice imparziale che con Berlusconi usava "il bastone e la carota", delle perquisizioni senza fine alla Fininvest, del sequestro delle liste (peraltro pubbliche) dei candidati di Forza Italia per "sospette infiltrazioni mafiose" alla vigilia delle elezioni, e di quel GIP che, vista l'inconsistenza delle tesi accusatorie, invece di archiviare invitava i PM a formulare altri tipi di accuse.

O ancora, i casi dei Magistrati che inventano nuove prassi giudiziarie, estraendo parti da processi che non si potrebbero istruire, pur di arrivare ad una qualche condanna del Cavaliere o che ritengono, certo in buona fede, che alcuni "non potevano non sapere" mentre altri possono eccome (caso All Iberian). O la stringente logica della procura Antimafia: se Andreotti combatte la mafia lo fa solo per crearsi un alibi, essendo in realtà un capomafia incallito, e se Berlusconi è minacciato dalla mafia, è la prova che si tratta proprio di un mafioso, alle prese con faide interne! O magari i casi di certe sentenze definitive a carico di bancarottieri, tenute nel cassetto sino al giorno in cui il reato cada in prescrizione.

Rallegriamoci dunque dell'aria nuova che quelle parole ci fanno respirare, e del vago sapore poetico che da esse emana.

Un poetico candore di fronte all'intervistatore che, poverino, forse non si rendeva conto dell'ovvietà della cosa: per giudicare bisogna essere obbiettivi, quindi i giudici che giudicano sono obbiettivi ...per definizione! Un candore disarmante, in considerazione anche dell'assunto che implicitamente ne deriva (se prese alla lettera), del tipo "noi abbiamo conseguito una Laurea presso una delle tante Facoltà di Legge e poi abbiamo vinto uno dei tanti concorsi pubblici per diventare dipendenti statali con funzione di magistrati. Siamo quindi imparziali, obbiettivi, incorruttibili e, soprattutto, siamo sempre nel Vero perché operiamo in nome e per conto della Giustizia e della Verità, come delle Vergini Vestali. Nessuno può quindi giudicarci, e chi ci critica è un bestemmiatore che in realtà vuole solo delegittimare Giustizia e Verità".

E' nell'ambito di questo lirico delirio che possiamo forse capire il disgusto di quell'altro noto magistrato del Pool milanese il quale, nella recente intervista ad America Oggi, si chiede schifato come possa "un simile personaggio (Berlusconi, NdA) rappresentare l'Italia in un consesso internazionale!"

Ma c'è anche qualcosa d'antico in quelle parole, qualcosa che viene dal passato e che ad esso si ricollega.

Ricordate? Ad aprile dello scorso anno (v. "Semo li mejo...") Tito Livio raccolse alcune perle voluttuosamente lanciate da uno dei soliti noti magistrati del Pool ad una platea di colleghi: "In quest'Italia a scatafascio, noi siamo il meglio che c'é!"

Convinzione questa che li aveva spinti, e li spingeva, sempre quelli del Pool, "a rivoltare l'Italia come un calzino" e a voler "sfasciare" certi personaggi eccellenti, nonché a proporre l'esportazione su scala planetaria della loro rivoluzione, onde eliminare il Male dal mondo e far trionfare Giustizia e Verità.

Convinzione che li aveva spinti anche a suggerire al Presidente della Repubblica la soluzione alla crisi di Governo: "Se il Paese ci chiama, noi siamo pronti!"

C'è qualcosa di nuovo, anzi d'antico dunque nelle parole e negli atti di questi personaggi, un filo conduttore logico e coerente che altri laureati potrebbero magari scambiare per delirio d'onnipotenza.

Non sappiamo come andrà a finire. La Storia offre svariati esempi di integerrimi moralizzatori che finirono per essere chiamati sì dal paese, ma per finire al rogo, vedi Savonarola, o alla ghigliottina, vedi Robespierre. Senza contare che anche le Vergini Vestali finivano spesso giù da una rupe, vedi i Romani, o in braccio al loro stesso Dio, il Fuoco, vedi i Maya. Oppure magari finirà come ebbe occasione di dire Scalfaro nel 1994, di non preoccuparsi cioé, "...tanto questi si distruggeranno con le loro mani..."

Nel nostro piccolo, noi ci limitiamo ad augurar loro ancora una volta che il Paese li chiami davvero, uno ad uno, per dire loro, come diceva Totò: "Ma mi faccia il piacere...!"

Pagina successiva

Sommario Pagina di copertina Commenti alla Redazione

Hosted by www.Geocities.ws

1