Antonio Montanari

BIBLIOTECA MALATESTIANA
DI SAN FRANCESCO A RIMINI
Notizie e documenti, nuova edizione (2012)


Nel 1528, libri bruciati.

CONCLUSIONI.

1. Francesco Gaetano Battaglini nelle sue Memorie sulla storia riminese (1789, p. 281) scrive che nel 1490 avvenne il trasporto della «celebre» biblioteca francescana «a più conveniente luogo», secondo le disposizioni di Valturio.
In precedenza, aggiungeva Battaglini, la biblioteca francescana era stata «arricchita di codici da Sigismondo, ed accresciuta dalla suppellettile libraria» dello stesso Valturio. (Questo passo è riprodotto da Luigi Tonini nella Storia di Rimini, III, p. 321.)

2. L'archivio comunale e la biblioteca. Già dall'età comunale, «apud locum fratrum minorum» (cioè nello stesso convento francescano) si trovava l'archivio comunale (F. G. Battaglini, p. 44). Questo luogo dell'archivio è definito a metà del XV sec. come «sacristia Communis Arimini in Conventu Sancti Francisci» (F. G. Battaglini, ibid.)
La presenza del pubblico archivio nella sede conventuale, documenta un particolare ed antico rapporto fra l'amministrazione cittadina ed i padri della chiesa di San Francesco, ben anteriore alla nascita di quella «celebre» biblioteca che, anche secondo Battaglini, essendo stata arricchita da Si gismondo, esiste quindi quando questi governa Rimini: dal 1430 assieme ai fratelli Galeotto Roberto (che scompare il 10 ottobre 1432) e Domenico Malatesta Novello; e dal 1433 da solo (mentre Novello diviene signore di Cesena).
Circa l'archivio, da altra fonte (una cronaca del 1532 firmata da padre Alessandro da Rimini e pubblicata nel secolo scorso [1915-16, 1921] da padre Gregorio Giovanardi), ricaviamo:

a) al tempo di papa Paolo II (1464-71) va a fuoco la sagrestia della chiesa di san Francesco con perdita di mss. «antichissimi ed importantissimi» (si ricordi quanto riportato in F. G. Battaglini circa «sacristia Communis Arimini in Conventu Sancti Francisci»;

b) il resto dell'archivio, verso il 1528, è dichiarato a Roma da papa Clemente VII (1523-34).

In un testo del 1616, il Sito riminese di Raffaele Adimari (II, pp. 59-60) leggiamo: nel 1528, dopo la cacciata dell'ultimo Malatesti il 17 giugno con il conseguente passaggio definitivo alla Santa Sede, l'archivio e la cancelleria della città (posti in San Francesco) subirono un assalto.
Con lo stesso furore con cui aveva cercato di danneggiare il Tempio (difeso dalla nobiltà), «la plebe, che sempre desidera cose nuove» asporta «dall'archivio, e Cancellarie, libri, e scritture» bruciati sulla piazza della fontana. Una gran parte di quei documenti fu però salvata «dal furore plebeo» e posta «in due stancie del Monastero di San Francesco, sotto buone chiavi».
La vicenda ha un'appendice: «andando la cosa alla longa, alcuni Frati ansiosi di vedere, che cosa fosse là dentro, scopersero il tetto per entrar dentro dette stancie, e tolsero molte delle dette scritture, le quali furono conosciute per la Città: al fin poi quando se determinò di liberar dette stancie, poco n'erano rimase, le quali restorono in poter delli detti Rev. Padri di quel tempo, alla venuta poi della F. M. di Papa Clemente Ottavo, havendone notitia non sò come le fece levare impiendone due sacchi e mandolle a Roma […] Et perciò la nostra Città, per tal causa fù priva di molte scritture importanti, e honorate […]».
Adimari parla di Clemente VIII (1592-1605) e non di Clemente VII (1523-34) come padre Giovanardi che si rifà alla cronaca del 1532.
Clemente VIII passò per Rimini nel 1598 (Tonini, VI, 1, p. 382). Cioè settant'anni esatti dopo l'assalto popolare all'archivio di cui parla Adimari.

3. Augusto Campana [1931] nel celebre studio sulle biblioteche italiane, scrive al proposito della presenza dei padri francescani nella biblioteca malatestiana: «È possibile, ma è prudente darlo solo come possibile, “che questa libreria - per servirmi delle parole del Massèra - fosse affidata ai frati di San Francesco”». Prosegue Campana: «Ad ogni modo presso di quelli, verso la metà del quattrocento, dovette stabilirsi una notevole raccolta di libri», poi arricchita da Sigismondo (v. sopra).
Quindi Campana non mette in dubbio l'esistenza di una pubblica biblioteca malatestiana «ad communem usum pauperum et aliorum studentium», ma segnala che è prudente (seguendo Massèra) considerare possibile una sua gestione da parte dei frati.
Il che però contrasta fortemente con il testamento di Valturio del 1475 che si rivolge direttamente a quei frati. Se non l'avessero gestita loro, Valturio non avrebbe scritto quanto leggiamo nelle sue volontà (in ben tre stesure), dove sempre si parla della «libreria del convento dei frati di San Francesco».
Le carte d'archivio parlano chiaramente, e fanno decadere l'osservazione di Massèra e la conseguente cautela di Campana.

4. Massèra. Riporto il testo integrale di Massèra dal saggio sulla Gambalunga contenuto in «Accademie e Biblioteche d'Italia», 1928, VI, p. 27: «È probabile che questa libreria fosse affidata ai frati di San Francesco, il cui convento era attiguo alla chiesa» poi divenuta il Tempio malatestiano. «Appunto fu Sigismondo ad arricchire la biblioteca dei Conventuali di moltissimi volumi», come attesta Valturio etc.
Poi Massèra scrive che la lapide «tuttora esistente» attesta «che la sistemazione desiderata ebbe luogo o termine», essendo guardiano Giovanni Baiotti da Lugo.
A p. 29 Massèra incolpa i Conventuali riminesi d'aver lasciato «disperdere le ricchezze raccolte».
I frati vendettero liberamente la libreria alla famiglia romana dei Cesi, come pare sostenere Sartoni?
Forse essi furono costretti non dico dal vescovo romano, ma dalle loro misere condizioni (che risultano da molti documenti conservati in Archivio di Stato di Rimini).
Certo è che Massèra non conosceva la notizia di Righini del 1511 (la biblioteca era stata trasferita a Roma «sic jubente Pontefice»).

5. Prima di Cesena. Se la biblioteca Gambalunga (1619) è la terza in Italia ad essere pubblica dopo l'Ambrosiana di Milano (1609) e l'Angelica di Roma (1614), a quella riminese di Francescani e Malatesti del XV secolo spetterebbe il merito di essere stata la prima in assoluto ad essere pubblica, partendo dal documento del 1430. E di essere sorta anteriormente a quella di Cesena che infatti, si apre soltanto nel 1452 (v. la scheda Tra Rimini e Cesena).
La Gambalunga, va aggiunto, è la prima in Italia ad essere «civica» (cioè del Comune).

APPENDICE. Convento di San Francesco
Inventario 1736-53. AB 155 ASRimini, Congregazioni soppresse

Al capitolo successivo:
Tra Rimini e Cesena

Ai capitoli precedenti:
1430. Un testamento
Dopo il 1430


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