Antonio Montanari



Profilo di una crisi.

Biografia di Galeotto di Pietramala, cardinale "malatestiano".
Edizione minore, 2016

9. Vienne, 8 febbraio 1398

A Vienne Galeotto di Pietramala muore l'8 febbraio 1398. Come abbiamo già visto, lo racconta Nicolas de Clamanges nell'epistola XII «Mallem tibi laetiora», composta ad Avignone.
Clamanges ha la prova che Galeotto si trovasse a Vienne: è una lettera del Cardinale stesso, inviatagli da quella città.
In questa epistola XII, Clamanges ricorda che Galeotto fu per lui un protettore, un aiuto, un intercessore ed un procuratore. Ciò significa anche che il nostro Cardinale trovava ampio ascolto presso la Corte pontificia.
Nell'epistola XII di Nicolas de Clamanges, come abbiamo già scritto, la notizia delle dimissioni di Galeotto è data attraverso un semplice avverbio, «nuper», legato alla parola Cardinale, con cui si documenta la completa rottura tra il Nostro e l'ambiente ecclesiastico avignonese.
Ciò ci permette di parlare di una sua nuova fuga, questa volta dalla sede di Avignone. Dove aveva trovato rifugio quando si era allontanato da Urbano VI, autore dei sei omicidi ricordati.
Le fonti storiche moderne hanno sottolineato l'importanza dell'epistola XII di Clamanges soltanto per quanto riguarda la cultura umanistica di Galeotto, la cui biblioteca era molto ricca di libri rari. Questo piccolo ed importante dettaglio del «nuper Cardinalis», sinora dimenticato, rivela qualcosa di ancora più importante, appunto la definitiva crisi dei rapporti di Galeotto con l'Antipapa d'Avignone.
Tornato semplice diacono, come era stato sino al 1378, Galeotto chiude la sua vita inevitabilmente pensando a quella terra toscana da cui provenivano i suoi antenati che tanto erano legati al movimento francescano.
La chiesa principale della Verna è fondata nel 1348 da Tarlato, conte di Chiusi, fratello di Guido, Vescovo di Arezzo; e da sua moglie Giovanna Aldobrandeschi di Santa Fiora. Guido Vescovo è cugino di Roberto Tarlati, nonno paterno del nostro Galeotto.
Discepolo di San Francesco fu un beato Angelo Tarlati, patrizio aretino, scomparso nel 1254. C'è poi un altro beato, Benedetto Sinigardi, patrizio aretino, figlio di Sinigardo Sinigardi e di una Elisabetta Tarlati di Pietramala (forse figlia di una figlia di Guido nato nel 1140).
Su questo beato Benedetto Sinigardi, P. Girolamo Golubovich o. f. m. ha scritto: «il Santo Patriarca Francesco, trovandosi in detto anno [1211] in Arezzo, diede l'abito al giovane Sinigardi», che era nato attorno al 1190 («Vita et miracula B. Benedicti Sinigardi de Aretio», Typ. collegii S. Bonaventurae, Quaracchi 1905, p. 11).
Nel 1216 o nel 1217 «Benedetto fu destinato dal Capitolo generale e da S. Francesco a primo Ministro provinciale della Marca Anconitana. Egli non doveva avere allora più di 27 anni d'età; ma all'età forse immatura, suppliva certo la virtù provetta» [ib.]. Poi, non prima del 1221, fu terzo Ministro provinciale della Terra Santa e di tutto l'Oriente, riorganizzando la Provincia minoritica [ib.].
Tutto questo "retroscena" francescano si collega al fatto che Galeotto è stato sepolto a La Verna. Dapprima nella cappella della Maddalena (voluta dai genitori di suo padre, Roberto di Pietramala e Caterina degl'Ubertini); e successivamente in quella che lui stesso s'era fatto costruire, nella seconda cappella a sinistra della chiesa maggiore, e che ancor oggi è detta «cappella del cardinale».
Il discorso sui Francescani non può dimenticare un fatto che riguarda il 1379, quando quelli scismatici nel loro Anticapitolo generale di Napoli, convocato da frate Leonardo da Giffone, ovvero Leonardo de Rossi (1335-1407), già fatto Cardinale dall'Antipapa il 18 dicembre 1378, lo appoggiano. Rossi è poi arrestato dal Legato Apostolico Cardinal de Sangro, e sconta cinque anni di durissimo carcere ad Aversa, prima di fuggire ad Avignone, dove è ben accolto. Poi volta le spalle all'antipapa Benedetto XIII per la sua ostinazione e pertinacia, scrivendo contro di lui un trattato, in cui lo considera un eretico. [Cfr. Bernardo da Decimo, «Secoli serafici ovvero Compendio cronologico della storia francescana…», Viviani, Firenze 1757, pp. 68-69.]
Per completare il quadro politico locale di quel tempo, ricordiamo che Guido fu scomunicato e deposto da Vescovo d'Arezzo ad Avignone il 17 aprile 1326, per la sua politica quale «Tiranno e Signore» (così lo chiama Giovanni Villani, «Cronica», III, Coen, Firenze 1845, p. 17) della stessa città d'Arezzo, dal 14 aprile 1321 alla morte (avvenuta il 21 ottobre 1327).
Guido e tutti gli altri Tarlati non furono molto amati ai loro tempi, come non sono stati amati da studiosi del secolo scorso, che si sono occupati di loro, ricostruendo confusamente un albero genealogico che addirittura attribuisce al nostro Cardinal Galeotto ben tre inesistenti figli illegittimi [cfr. U. Pasqui, «Documenti per la storia della città di Arezzo nel medio evo», III, Firenze 1937, p. 394].
Galeotto, se divenne Cardinale grazie al nonno Galeotto I, nell'ultimo periodo del suo soggiorno avignonese dovette subire le amare conseguenze del ruolo di primo piano che i suoi parenti Malatesti svolgevano nella Chiesa di Roma.
Proprio nel 1397 Papa Bonifacio IX conferisce a Pandolfo III (fratello di Rengarda, la mamma del nostro Cardinale), l'incarico di Comandante supremo della Chiesa nonché quello di Rettore del Ducato di Spoleto.
Il circolo alquanto vizioso tra vita politica e vita della Chiesa, si chiude per il Nostro con una specie di assedio che lo incatena ad un ruolo di imputato per colpe non sue, mentre le tensioni tra Avignone e Parigi provocano scintille.
Su questo sfondo avviene quanto Clamanges riassume con quel «nuper Cardinalis», ovvero una storia non scritta che s'inserisce nel profilo della crisi che coinvolge tutte le istituzioni, religiose e politiche, mettendole in conflitto fra loro.

Al cap. 10. Vecchio mondo, nuove idee.
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