Antonio Montanari

Galeotto di Pietramala, cardinale "malatestiano"

11. 1. Giovanna I di Napoli, "bella ed ardente".



«Bella, ardente, generosa, e senza freni morali», è descritta Giovanna da Romolo Maggese nella voce dell'Enciclopedia Italiana, 1933.
«Domenico di Gravina e Giovanni Boccaccio ne attestano senz'altro la bellezza» (cfr. M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor. Profili di sovrani angioini da Carlo I a Renato (1266-1442), Milano 2009, p. 336.)
Circa Domenico di Gravina, ricordiamo il suo Chronicon de rebus in Apulia gestis, opera pubblicata da L. A. Muratori nel tomo XII delle Rerum Italicarum scriptores, Milano, 1728. Ne esiste l'edizione novecentesca di Città di Castello 1903 (tomo XII, p. III), a cura di A. Corbelli, dove (3,6-4,6) leggiamo che Giovanna «cresce bella e virtuosa», come si riporta nella biografia dell'indice alfabetico, p. 184. Il testo latino, p. 3, parla per Giovanna di «forma mirae pulchritudinis et castitatis».
Scrive Gaglione, p. 483: «Se i principi di sangue reale e soprattutto i cugini non ambivano che a sposarla, i membri della corte di lignaggio non regale cercavano almeno di diventarne gli amanti, e tutti gli altri la blandivano per ottenerne benefici, pensioni e feudi».
Sempre in Gaglione, pp. 487-490, leggiamo: «Giovanni Boccaccio, come si è già osservato, offrì, anch'egli, in un primo momento, un profilo negativo della Sovrana, ma, poi, la riabilitò nel De mulieribus claris, per celebrarla, in seguito, come "gloria non soltanto delle donne ma anche dei re”. I giuristi Baldo e Angelo da Perugia la definirono donna santissima, onore del mondo e unica luce d'Italia. L'antipapa Clemente VII, a sua volta, la celebrò come novella Giuditta e la esaltò in una sua lettera con queste parole: "fra tutte le donne illustri di questo mondo, Giovanna, rosa fulgida, e aulente tra le spine, ci penetrava, così come tutta la Chiesa Romana e i suoi sudditi, di un profumo d'ammirabile soavità, ella è passata dalle miserie di questo mondo alla beatitudine del Regno di Dio, dove ora gioisce e regna, dove spregiando i suoi nemici e ridendosi di essi, riacquista lo scettro che le era stato strappato e riceve la corona nella cerchia dei santi martiri”. Matteo Villani ne fece, invece una Messalina assetata di amanti, e, dunque, un lampante esempio di vizio. Accanto al Villani, uno dei principali responsabili della leggenda nera può essere individuato in Domenico di Gravina, certamente poco favorevole alla Regina, tanto che Ludovico Antonio Muratori, proprio sulla base della sua Cronaca che aveva pubblicato nella raccolta dei Rerum Italicarum Scriptores, poté affermare: "esser più facil cosa lavare e imbiancare il volto ad un moro, di quello che sostenere, con buon effetto, la causa di Giovanna di Napoli”. E, infatti, scriveva il Gravina: "Oh quant'è sventurato questo regno! Questo regno che è giunto infine sotto il governo delle donne e dei fanciulli! E quanto dovrà affliggersi ciascun abitante… Ho dopo di ciò assistito alla pessima fine di moltissimi conti condannati a supplizi indegnissimi, e di moltissimi magnati, principi e baroni, nobili e popolari di entrambi i sessi, e città, castelli, province e casali devastati e impoveriti”. È però appena il caso di osservare che sia Domenico di Gravina sia Matteo Villani, che erano ben lontani da Napoli, appresero i fatti soprattutto dai partigiani ungheresi di Andrea e di re Luigi. […] Lo stesso Muratori, sempre con riguardo alla Cronaca del Gravina, osserverà che, essendo egli partigiano degli ungheresi "le cose che dice della contraria fazione e della regina Giovanna sono talvolta da pigliare con cautela e riscontrare con altri fatti di quei tempi”. Benedetto Croce ha notato che, in realtà, almeno nella storiografia napoletana, e in particolare nelle opere di Angelo di Costanzo, Tristano Caracciolo, Giulio Cesare Capaccio, Scipione Ammirato e Scipione Mazzella, il giudizio su Giovanna è sostanzialmente positivo poiché questi autori ci offrono il profilo di una Sovrana pia, clemente, modesta, generosa e pudica, pur non mancando qualche eccezione, e che la leggenda nera di Giovanna I sarebbe stata alimentata dalla confusione con le vicende e la personalità della successiva Giovanna II, cui invece la stessa storiografia napoletana aveva riservato un giudizio fortemente critico, quale donna lussuriosa e crudele». (Attorno a questa Giovanna II fiorisce la leggenda, riproposta anche di recente in libri e spettacoli, della tragica fine dei suoi amanti in un pozzo all'interno del Maschio Angioino.)
Sempre in Gaglione, leggiamo alle pp. 480-481: «La data del decesso può essere stabilita al 27 luglio del 1382 sulla base della lettera circolare di quello stesso giorno con la quale Carlo di Durazzo comunicava la notizia agli Stati italiani, dichiarando formalmente che la Sovrana, dopo lunga malattia, era morta di morte naturale nella devozione della Santa Chiesa. Carlo dimenticava, dunque, che Giovanna era invece stata più volte scomunicata. Inoltre, la Regina non era morta di malattia, ma assassinata proprio quando Luigi d'Angiò stava attraversando la Lombardia con il suo esercito diretto alla volta del Regno. La morte di Giovanna evitava che Carlo dovesse far fronte a ribellioni o contestazioni dei fautori della Sovrana, e, al contempo, almeno in teoria, privava di giustificazione la discesa di Luigi nel Regno. Proprio per questo Carlo si affrettò a comunicare ufficialmente la notizia, ordinando il trasporto del cadavere in S. Chiara ove lo stesso fu esposto per sette giorni per attestare in modo incontrovertibile la sua vittoria. […] Introdottisi nella sua camera da letto, quattro sicari si lanciarono sulla Regina, le legarono mani e piedi e la soffocarono tra due cuscini, o secondo altre fonti, tra due materassi di piume. Il cadavere fu, come detto, trasportato a S. Chiara e posto su di un catafalco ai piedi del sepolcro di Roberto tra molti ceri. Quel volto livido e deformato risultò, però, alla luce tremolante delle candele, irriconoscibile a molti». (La fonte dichiarata è É. G. LÉONARD, La captivité et la mort de Jeanne I de Naples, pp. 68 segg.)
Scrive ancora Gaglione: «Secondo una tradizione viva presso i Francescani del convento di S. Chiara, i resti di Giovanna sarebbero stati collocati fuori dell'area della chiesa, in un ossario coperto da una pietra circolare nei pressi della porta d'accesso al chiostro proprio perché la Sovrana era morta scismatica e scomunicata».
Abbiamo visto nella pagina precedente che Giovanna a diciotto anni nel 1345 fa uccidere il marito Andrea, figlio del re d'Ungheria. E che Luigi d'Ungheria accusa Giovanna per l'uccisione del fratello Andrea, mentre la Corte pontificia dichiara Giovanna innocente: «La vostra vita sregolata, l'autorità del regno ritenuta, la vendetta trascurata, e le vostre scuse provano che siete colpevole» («Iohanna! inordinata vita praeterita, ambitiosa continuatio potestatis, neglecta vindicta, et excusatio subsequta, te viri tui necis arguunt consciam, et fuisse partecipem»).
L'abate Vincent Mignot (1728-1790), figlio di una sorella di Voltaire, nella sua biografia di Giovanna (La Haye 1764, pp. 137-152) ricorda che la regina di Napoli fu chiamata dal papa ad Avignone. Ricevuta alla presenza del marito Luigi che l'accusava, risponde con fermezza. La sua bellezza, la sua giovinezza, la sua dignità contribuiscono a difenderla. Ciò che poteva apparire umiliante per una regina, finisce per essere il suo trionfo, conclude Mignot.
11.1. Continua.
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La foto in alto riproduce un'immagine ripresa dal sito www.vignanotica.com, dove si parla del volume Nuove luci sulle vicende della regina Giovanna I di Napoli di Ciro Angelillis (Centro di Studi Micaelici e Garganici, Monte Sant'Angelo, 1977). L'immagine appare nella copertina di tale volume.


Fonte di questa immagine: www.herodote.net.

Antonio Montanari
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Pagina 2099, creata 11.11.2014. Agg.: 13.11.2014