MUSEO GEOLOGICO "G. G. Gemmellaro"

 

                    

Gaetano Giorgio Gemmellaro

Enzo Burgio

 

 
 

Il Museo Geologico “Gaetano Giorgio Gemmellaro”, Sezione del Dipartimento di Geologia e Geodesia dell’Università degli Studi di Palermo, costituisce una delle più prestigiose istituzioni museali della città di Palermo e uno tra i principali musei geologici e paleontologici italiani.

Il Museo nacque nel 1860, grazie all’opera di Gaetano Giorgio Gemmellaro, chiamato a ricoprire la cattedra di Geologia e Mineralogia nella Facoltà di Scienze fisiche e matematiche dell’Università di Palermo.

Gemmellaro continuò l’attività di  riordino e ampliamento della collezione  di rocce e fossili del Gabinetto di Geologia, iniziata nel 1838 da Pietro Calcara, professore di storia naturale nell’ateneo palermitano, e, grazie ad un lascito di 1.000 onze che il conte Cesare Airoldi Arrigoni aveva destinato  al Gabinetto di storia naturale insieme alle sue collezioni geologiche e mineralogiche, arricchì il museo di numerose collezioni, frutto di intelligenti acquisti ma anche della sua infaticabile opera di studioso e di ricercatore; ad egli si deve, tra l’altro, la scoperta e lo studio dell’eccezionale sito fossilifero della Valle del Sosio, risalente al Permiano (circa 240 milioni di anni fa). L’opera del Gemmellaro, che fu direttore dell’Istituto ininterrottamente fino al 1904 e fu anche Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Palermo dal 1874 al 1876 e dal 1880 al 1883, rese il museo palermitano uno dei principali musei geologici e paleontologici del mondo, secondo, a detta degli studiosi dell’epoca, solamente al British Museum di Londra.

Alle collezioni paleontologiche provenienti da tutta la Sicilia, tra le quali, oltre a quelle già ricordate del Permiano dalla valle del Sosio, spiccano le raccolte di mammalofaune provenienti dalle grotte del palermitano, con i famosi elefanti nani siciliani, si aggiunsero così:

a)         la Collezione Petrografia Siciliana; una raccolta completa di tutte le rocce affioranti in Sicilia (2.200 campioni di rocce), utilizzata quale riferimento per la redazione dei fogli siciliani della Carta Geologica d’Italia, in scala 1:100.00,  realizzata dal Servizio Geologico alla fine del 1800 sotto la direzione scientifica di  Gemmellaro;

b)         una rara collezione di pietre ornamentali siciliane, alcune provenienti da cave oramai esaurite

c)          una collezione di campioni dell’isola Ferdinandea, sorta e inabissatasi nel Canale di Sicilia nel 1831, raccolti personalmente da Carlo Gemmellaro, padre di Gaetano Giorgio, inviato in missione esplorativa sull’isola dal governo borbonico.

Il Museo, ubicato nella sede storica dell’Università, la Casa dei Padri Teatini di via Maqueda, viveva una stagione felice e, pur non disponendo di spazi adeguati, aveva tuttavia una collocazione dignitosa in un vasto salone espositivo i cui arredi (bacheche, vetrine, armadi), appositamente realizzati dalla ditta Ducrot in pino-pece, contribuivano ad accrescere il valore dei già prestigiosi reperti in essi custoditi.

Purtroppo giorni bui si andavano preparando per il Museo; prima i danni subiti durante il terremoto del marzo 1941, poi i bombardamenti del 1943, che danneggiarono in parte l’edificio e alcune collezioni, infine  un generale disinteresse delle istituzioni accademiche, fino ad arrivare al 1965 quando, per far fronte alle esigenze di spazio per la collocazione delle nuove segreterie studenti, l’Istituto di Geologia venne trasferito in fatiscenti e angusti locali in corso Calatafimi e i reperti del museo vennero frettolosamente imballati in casse accatastate in depositi di fortuna; lo splendido salone espositivo venne smontato e gli arredi distrutti.

A questa miope opera di vera e propria distruzione di un patrimonio di immenso valore storico e scientifico non fu certamente estraneo quel clima di oblio, in cui l’emergere di nuovi settori di ricerca scientifica,  aveva relegato le più classiche discipline delle scienze naturali e fra queste la museologia tradizionale; resta tuttavia il fatto che appare incredibile come una simile opera di distruzione possa essere stata perpetrata proprio all’interno di una istituzione culturale che avrebbe invece dovuto custodire e valorizzare le proprie ricchezze.

Con il trasferimento dell’Istituto di Geologia nella attuale sede di corso Tukory 131, avvenuto nel 1970, e con la nomina nel 1975 del dott. Enzo Burgio a conservatore del Museo, si gettano le basi per una rinascita del Museo. Infatti l’intero piano terra dell’edificio di corso Tukory viene destinato al Museo, esso comprende un vasto salone espositivo che consentirà il riallestimento della sezione ostensiva.

Ma è soprattutto l’opera infaticabile di Enzo Burgio che consente il miracolo; paleontologo di grande spessore, Burgio affronta questo incarico con il rigore dello scienziato e con  l’entusiasmo del cultore appassionato.

Con il fattivo contributo della direzione e di tutto il personale dell’Istituto di Geologia (diventato nel frattempo Dipartimento di Geologia e Geodesia),  nel 1985 il Museo, che viene a costituire una sezione del Dipartimento, riapre i battenti con l’inaugurazione del salone espositivo ove si sviluppa un percorso museale che mostra cronologicamente l’origine e le forme di vita che si sono succedute attraverso le quattro ere geologiche nell’area della Sicilia.  Lo spazio consente l’esposizione di appena l’uno per cento dell’enorme quantità di reperti custoditi, ma è sufficiente a permettere una esposizione didattica che, se opportunamente illustrata, possa essere compresa da studenti di scuole di ogni ordine e grado ed universitari.

Il Museo viene intitolato al suo fondatore Gaetano Giorgio Gemmellaro, quasi a voler sottolineare questa seconda fase di rinascita.

Ma l’attività del museo non si limita alla sola ostensione dei reperti ed alle visite guidate; esso continua a svolgere la sua funzione di museo scientifico, frequentato da studiosi di tutto il mondo che vengono qui per studio e confronto delle collezioni (il museo custodisce oltre un migliaio di olotipi), e inizia un’ attività di organizzazione e  partecipazione a  numerose mostre itineranti e stanziali, venendo a costituire un punto di riferimento nel panorama culturale non solamente palermitano ma dell’intera isola.

Grazie poi ad una convenzione con il Comune di Palermo, che rende possibile istituire un servizio di visite guidate rivolto alle scuole di ogni ordine a grado, il museo viene chiamato a svolgere sempre più il ruolo di luogo insostituibile in un  percorso di educazione ambientale. Ne sono testimonianza gli oltre 17.000 studenti che visitano il salone del museo nei primi tre anni di attuazione della convenzione.  

Fulcro e volano di tutto ciò è Enzo Burgio, che alle eccellenti doti umane e di scienziato (a lui si devono, tra l’altro, le intuizioni che porteranno alla revisione della successione stratigrafica degli elefanti fossili della Sicilia) aggiunge quelle di infaticabile organizzatore e di educatore e formatore di nuovi e sempre più appassionati allievi. Attorno al museo si forma una serie di specialisti che daranno vita ad una cooperativa di servizi scientifici che affianca l’azione di Enzo.

Nel frattempo il museo ha continuato ad arricchirsi di nuove e prestigiose acquisizioni; viene recuperato uno scheletro completo di donna  risalente a circa 11.000 anni fa in eccezionale stato di conservazione proveniente da scavi condotti nel 1937 nella Grotta di San Teodoro vicino Acquedolci (ribattezzata Tea, diventa ben presto la “mascotte” del museo); si acquisiscono gli eccezionali resti fossili di tartarughe terresti provenenti dalle cave di travertino di Alcamo; si espongono  mammiferi e rettili fossili della grotta di Poggio Schinaldo (fra cui la specie nuova Nesolutra trinacriae); si viene in possesso di un calco encefalico naturale in travertino di Elephas falconeri (reperto unico ed eccezionale), per limitarci a citare solamente alcune delle nuove acquisizioni che giungono grazie all’opera di Burgio, dei ricercatori  e degli studenti del Dipartimento, e che portando il patrimonio del museo agli attuali oltre 600.000 reperti custoditi.

Inoltre a partire dal 1977, a seguito della legge regionale n. 80, il Museo diventa il depositario di tutti i ritrovamenti fossili avvenuti nel territorio della Regione Sicilia.

Purtroppo nel 2001 un male incurabile strappa in brevissimo tempo all’affetto dei suoi cari ed al mondo scientifico,  la  luminosa figura di Enzo Burgio; si tratta di una perdita dolorosissima che lascia nello sgomento più profondo quanti ebbero il privilegio di conoscerlo e apprezzarlo.

La scomparsa fa anche temere per il futuro del museo e per la sua salvezza si mobilitano numerose personalità del mondo scientifico italiano.

Ma il seme gettato da Enzo continua a dare i suoi frutti.

I collaboratori di Burgio, i giovani della cooperativa e l’intero personale del Dipartimento, si stringono attorno al museo e moltiplicano gli sforzi per garantirne la sopravvivenza, certi in questo modo di tributare il migliore omaggio alla Sua memoria.

Continua l’attività di visite guidate e di educazione ambientale, si avviano o si rinsaldano contatti di collaborazione con altre istituzioni museali, si intensifica la partecipazione a convegni, mostre e ogni genere di manifestazioni culturali, si lavora per organizzare il grande Congresso Internazionale sul Giurassico (fortemente voluto da Enzo) che si svolgerà in settembre a Palermo con una grande partecipazioni di studiosi da tutto il mondo. Contemporaneamente continua e si intensifica l’opera di sensibilizzazione delle istituzioni e del mondo culturale a sostegno del museo.

In questa attività un elemento prezioso è costituito dall’attenzione che i vertici dell’Ateneo palermitano hanno per il museo; il Magnifico Rettore prof. Giuseppe Silvestri e il Direttore Amministrativo dott. Mario Giannone assicurano il loro interessamento per affrontare e  risolvere i problemi relativi ad una sede idonea e sufficientemente capiente e alla creazione di un organico adeguato.

È cosi, in un clima di grande commozione e mestizia ma anche di rinnovato impegno, nel mese di novembre 2001, nel corso di una manifestazione che vede una partecipazione eccezionale di pubblico, il salone espositivo del museo, per volontà unanime del Dipartimento, viene intitolato ad Enzo Burgio.

È un gesto di doveroso omaggio alla memoria dell’uomo e dello studioso:   unendone il nome a quello di Gemmellaro, è anche un voler accomunare simbolicamente due figure prestigiose di scienziati che, operando in  tempi e contesti diversi, hanno lasciato un segno indelebile nella vita culturale della nostra città e che rappresentano un modello di riferimento per le future generazioni di studiosi.

 

Valerio Agnesi

Direttore del Dipartimento di Geologia e Geodesia 

Università degli Studi di Palermo

 

Sito ottimizzato per Internet Explorer 5.5 - 800 X 600 px
Hosted by www.Geocities.ws

1