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GENESI E ASCENDENZE DELLO PSICODRAMMA
UNA FORMA DI TEATRO TERAPEUTICO
di Donatella Leoni
(per sapere di pi� di vai anche a "libri3.html" e "boria.html")

Scrive Moreno in Gli spazi dello Psicodramma:

"Quello di cui stiamo parlando � di amore terapeutico, come l'ho definito quarant'anni fa:

Un incontro a due, sguardo nello sguardo, faccia a faccia.
E quando sarai vicino io coglier� i tuoi occhi
per metterli al posto dei miei,
e tu coglierai i miei occhi
per metterli al posto dei tuoi,
poi io ti guarder� con i tuoi occhi
e tu mi guarderai con i miei"

Rune E. A. Johnasson, psicologo svedese che ha passato met� della sua vita a studiare la psicologia orientale scrive:

"Con ogni probabilit� il lettore, come del resto lo stesso autore, ha ricevuto un'istruzione di tipo occidentale e condivide la visione che nel mondo ha l'Occidente. Ci� significa, fra le altre cose, che egli stabilisce una netta distinzione fra un mondo fisico e le proprie esperienze soggettive. Egli crede, dunque, in una realt� materiale, retta da leggi di carattere fisico ed esistente in modo assolutamente indipendente dall'esperienza che lui stesso ne ha. Sa che le sue percezioni non sono che immagini incostanti e contraddittorie di quella realt�, rese ancora pi� fallaci da mancanza di chiarezza, fraintendimenti e desideri. Crede nell'esistenza di una condizione di legittima saldezza al di sotto della sconcertante superficie. E le leggi agiscono meccanicamente e non hanno niente a che fare con intenti o moralit�. "

Ma che centra ora la psicologia orientale con il teatro occidentale e l'uomo moderno di oggi? Si pu� ragionare nei termini di un certo parallelismo fra la mentalit� orientale e la mentalit� degli antichi greci, i quali, attraverso la nascita della tragedia, con il passaggio dal racconto epico al teatro, hanno per primi iniziato una frattura fra se' e cosmo e cominciato a discutere di responsabilit� dell'uomo nei propri atti, inserendo quel processo cognitivo che lungo i secoli ha accompagnato l'uomo occidentale a distinguere sempre pi� i fatti che coinvolgono la propria soggettivit� dalla realt� circostante.

Si discute, ormai, da pi� di un secolo di quale sia stata l'origine e la nascita della tragedia e tale discussione ha percorso il pensiero moderno coinvolgendo filosofi come Nietzsche, che nel 1872 in La nascita della tragedia dallo spirito della musica, individuava la forza di tale accadimento negli impulsi dionisiaci ed apollinei della societ� greca, lettura e substrato di partenza per un approfondimento dell'indagine sugli impulsi, la loro genesi ed infine la scoperta da parte di Freud dell'inconscio personale e del cosiddetto Complesso di Edipo, che Freud ha voluto chiamare cos�, prendendo appunto il nome da una nota tragedia greca di Sofrocle, l'Edipo re.

Un complesso, quello di Edipo, secondo l'accezione freudiana, che sarebbe il principale responsabile di molte nevrosi sessuali maschili e che, nel corso dello sviluppo delle teorie psicologiche, � stato pi� volte ribadito, discusso, negato, recuperato e nuovamente posto sotto processo in tutto Novecento, fino alla costituzione del movimento Anti-Edipo, negli anni '70 ( Gille Deleuze e F. Guttari, L'anti-Edipo, 1972 e Silvia Montefoschi, Oltre il confine della persona). Da pi� di cinquant'anni ormai si parla di crisi della psicoanalisi, e si parla della trasformazione delle sue istituzioni, crisi profonda che ne investe il suo stesso statuto disciplinare e che ne ha ridimensionato il ruolo di unica chiave di lettura realmente efficace contro le nevrosi, che nel frattempo, nella nomenclatura medica hanno cambiato nome e persino classificazione, nonch� decorso terapeutico, dato che l'uomo che veniva analizzato da Freud cento anni fa non � pi� lo stesso di oggi. Dal punto di vista fenomenologico sono scomparse le isterie, l'omosessualit� non � pi� considerata una perversione, molte psicosi sono oggi curabili dai farmaci scoperti gi� negli anni '50 da Enri Laborit (Elogio della Fuga, 1982, Milano, Arnoldo Mondadori Editore). Una crisi, quella della psicoanalisi, dettata anche dallo sviluppo e dai lusinghieri risultati dalla psichiatria organicista, della neurobiologia con la scoperta delle sostanze antipsicotiche e dallo sviluppo della farmacologia, che dalla met� degli anni '80 � in piena evoluzione, con nuove cure sempre pi� efficaci e sicure.. La crisi della psicoanalisi investe soprattutto la sua egemonia nella cultura psichiatrica mondiale, ma, per fortuna, la psicoanalisi non corre il rischio di un decesso e di una sua estinzione, semmai la sua � una crisi di crescita che va nella direzione dello stimolo per una maggiore apertura al dialogo con altre discipline e approcci alla mente umana, all'ibridazione. Date le attuali strutturazioni delle varie scuole di psicoanalisi, che si fanno garanti di una certa metodica d'indagine, ma possono riprodurre fenomeni di conformismo e di repressione delle menti pi� portate alla sperimentazione, in nome della loro ortodossia, producendo in passato l'espulsione delle personalit� pi� creative, man mano, nel campo della cura psicoterapeutica si � sentita l'esigenza di passare, in questo secolo, dalla monade individuo fino ad una maggior coscienza dei fenomeni collettivi di sistema in cui l'individuo � inserito. Cio�, le indagini necessarie alla cura di un individuo si stanno spostando verso l'inconscio e la psiche collettiva e verso il contesto in cui l'individuo � inserito, senza risparmiare una radicale critica al ruolo dello stesso piscoterapeuta, che un tempo era posto su un piedistallo , nella condizione di una superiorit� intellettuale e spirituale, come depositario di uniche "verit�" sul paziente.

Il mio ambito di ricerca, non essendo ne' psicologa ne' psicoanalista, ma scenografa e soprattutto insegnante, pur con una formazione specifica con analisi personale, � stato per anni il tentativo di interrogarmi su come funzionano a livello collettivo le grandi narrazioni e quali siano le molle che scattano all'interno del pubblico perch� avvenga la catarsi dello spettatore. Cos� sono approdata ad interessarmi allo psicodramma, per una forma di indagine sulle dinamiche di gruppo, dinamiche che accadono all'interno di una compagnia teatrale o di un cast cinematografico, affinch� avvenga quell'amalgama collettivo di miti condivisi che rendono una rappresentazione verosimile e portano il gruppo ad elaborare un prodotto finale sul quale si inseriscono, poi, i processi di identificazione collettiva. Ho indagato, in questi anni, su quale sistema di convinzioni correnti sulla natura umana siano date per scontate, affinch� una fiction cinematografica o teatrale catalizzi l'attenzione e diventi un successo nel pubblico della sua epoca, constatando ovunque e in tutti i secoli che il suono delle "corde" tragiche, solitamente, raccoglie maggior consenso e incide pi� profondamente, nell'evoluzione linguistica di una forma espressiva, rispetto a quello che fa leva sul suono delle "corde" comiche. Ecco che i parziali o totali processi di identificazione stanno alla base della compartecipazione del pubblico al dramma del protagonista, avviandone la sua comprensione, repulsione e discussione. Ecco il principio primo della catarsi, gi� individuata da Aristotele ne la Poetica. Ma i processi di identificazione che si producono in massima parte negli spettacoli pi� riusciti, fanno parte di quel percorso di fascinazione che avviene anche nell'analisi personale verso il proprio terapeuta, durante il fenomeno del transfert.

Ma ora facciamo un passo indietro e torniamo alle soglie del V secolo a. C., laddove ebbe origine la tragedia greca.

Scrive Jean-Pierre Vernant in Mito e tragedia nell'antica Grecia. La tragedia come fenomeno sociale estetico e psicologico  cento anni dopo Nietzsche:

"Nel corso dell'ultimo cinquantennio, gli ellenisti si sono soprattutto posto il quesito delle origini della tragedia. Anche se avessero portato su questo punto una risposta conclusiva, non per ci� il problema della tragedia ne risulterebbe risolto. Resterebbe da capire l'essenziale: le innovazioni che la tragedia attica ha apportato e che ne fanno sul piano dell'arte, delle istituzioni sociali, della psicologia umana, un'invenzione. Genere letterario originale che possiede le sue regole e le sue caratteristiche proprie, la tragedia instaura, nel sistema delle feste pubbliche della citt�, un nuovo tipo di spettacolo; inoltre traduce come forma di espressione specifica, aspetti sin allora misconosciuti dell'esperienza umana; segna una tappa nella formazione dell'uomo interiore, del soggetto responsabile. Genere tragico, rappresentazione tragica, uomo tragico: sotto i suoi tre aspetti il fenomeno appare con caratteri irriducibili (...) E' ci� che Louis Gernet aveva intrapreso attraverso un'analisi del vocabolario e delle strutture di ciascun dramma. Aveva cos� potuto mostrare che la vera materia della tragedia � il pensiero sociale proprio della citt�, specialmente il pensiero giuridico in pieno travaglio di elaborazione. La presenza nei tragici di un vocabolario tecnico giuridico sottolinea le affinit� tra il temi prediletti dalla tragedia e certi casi di competenza dei tribunali, quei tribunali la cui istituzione � abbastanza recente perch� si avverta ancora pienamente la novit� dei valori che ne hanno imposto la fondazione e che ne regolano il funzionamento. (...) Sotto la penna dei tragici, sono diventati mescolati e opposti ad altri gli elementi di un confronto generale dei valori, di una messa in causa di tutte le norme , in vista di un'indagine che non ha pi� niente a che vedere con il diritto e che verte sull'uomo stesso: chi � questo essere che la tragedia definisce "dein�s", mostro incomprensibile e sconcertante, insieme agente e soggetto passivo, colpevole e innocente, lucido e cieco, dominatore di tutta la natura col suo spirito industrioso e incapace di autogovernarsi? Quali sono i rapporti di questo uomo con gli atti che sulla scena lo si vede deliberare, di cui lo si vede prendere l'iniziativa e portare la responsabilit�, ma il cui senso vero si pone al di l� di lui e gli sfugge, cosicch� non � tanto l'agente a spiegare l'atto, ma piuttosto l'atto che, rivelando a cose fatte il suo significato autentico ricade sull'agente svela ci� che egli � e ci� che ha veramente compiuto senza saperlo?(...)

Come il personaggio tragico si costruisce nella distanza che separa "da�m�n" da "�thos", la consapevolezza tragica si istituisce tra l'antica concezione religiosa della colpa-macchia, dell'"hamart�a", malattia dello spirito, il delirio inviato dagli dei che genera necessariamente il delitto, e la nuova concezione in cui il colpevole, "hamart�n" e soprattutto "adik�n" , � definito come colui che senz'esservi costretto ha scelto deliberatamente di commettere un delitto. (...) Questa esperienza ancora fluttuante e indecisa di ci� che sar� nella storia psicologica dell'uomo occidentale la categoria della volont� (si sa che non esiste nell'antica Grecia un vero vocabolario del volere), si esprime nella tragedia in forma d'interrogativo ansioso concernente i rapporti dell'agente sui suoi atti: in quale misura l'uomo � realmente la fonte delle sue azioni? Anche allorquando delibera su di esse nel proprio intimo, ne prende l'iniziativa, ne assume la responsabilit�, non hanno esse la loro vera origine altrove, non in lui? Il loro significato non resta opaco a colui che le commette, derivando le azioni la loro realt� non dalle intenzioni dell'agente, ma dall'ordine generale del mondo, al quale solo gli dei presiedono? Perch� vi sia azione tragica occorre che sia gi� sviluppata la nozione di una natura umana avente caratteri suoi propri, e che di conseguenza i piani umano e divino siano abbastanza distinti per contrapporsi; ma bisogna anche che non cessino di apparire inseparabili. Il senso tragico della responsabilit� sorge allorch� l'azione umana fa posto al dibattito interiore del soggetto, all'intenzione, alla premeditazione, senza avere per� acquisito bastante consistenza e autonomia per essere autosufficiente. Il mondo proprio della tragedia si colloca in questa zona di confine ove gli altri umani acquistano il loro vero senso ignorato dall'agente, integrandosi in un ordine che supera l'uomo e gli sfugge."

L'attualit� oggi di interrogarsi sulla sapienza tragica, sulla ricerca della "verit�", principale conflitto individuativo del dramma, sta proprio in quella parte imponderabile che riguarda la coscienza o non coscienza e la volont� degli atti che l'essere umano commette, di cui la civilt� greca antica dava responsabilit� in parte al delirio inviato da un demone, in parte all'ignoranza, in parte ad atti deliberatamente scelti ma sconsiderati, perch� fatti alla luce di una parziale conoscenza della natura reale delle cose, che per l'uomo greco erano di natura trascendente e divina e che invece oggi la loro natura � attribuita a quella sottile demarcazione che c'� fra conscio e inconscio.

Si � sostituita gradualmente la materia della tragedia che oggi consiste nella difficolt� dell'uomo alla comprensione ed al suo adattamento al rapporto con la "realt�" esterna o interiore, tanto che anche Carl Gustav Jung, in Simboli e trasformazioni della libido interrogandosi sul significato del teatro ha scritto:

"Da un punto di vista psicoanalitico, e prescindendo da ogni considerazione di carattere estetico, si potrebbe definire il teatro come una istituzione per l�elaborazione pubblica dei complessi"

Riflessione che apparteneva anche a Freud di cui conosciamo le puntuali osservazioni sulle tragedie shackspeariane, specialmente quelle riguardanti l'Amleto e il Macbeth, che a suo parere avrebbero in comune una materia in versione rimosse del conflitto sottostante alla tragedia dell' Edipo re.

Ecco che l'opera di Jacob Levi Moreno, l'inventore dello Psicodramma, prende alla lettera questa considerazione sull'importanza del teatro per la vita psichica, comune, per altro, a molti ambienti intellettuali della Vienna dei primi anni del secolo, per fare del teatro il centro dell'azione terapeutica con il suo Teatro della spontaneit�, frutto della messa in scena della vita quotidiana e dei drammi di tutti i giorni, fra poche sedie in un parco pubblico cittadino. In questo periodo Vienna � una citt� che � crocevia di ampi scambi intellettuali, culla del teatro espressionista e delle seccessioni artistiche vicine alla seconda internazionale, nonch� laboratorio fertile di innovazioni nel campo della cura psicologica e psichiatrica. Moreno stesso infatti parler� di questo momento storico precedente la Guerra Mondiale estremizzando il conflitto con Sigmund Freud nel capitolo del suo Manuale "La culla dello psicodramma"

"...Vienna, la citt� delle culle. Era anche la culla della psicoanalisi. Il lettore potrebbe chiedere: che relazione c'� fra lo psicodramma e la psicoanalisi? Come correnti di pensiero hanno origini diametralmente opposte. Incontrai il dottor Freud soltanto in un'occasione. Successe nel 1912 quando assistetti ad una delle sue conferenze, mentre lavoravo alla Clinica Psichiatrica dell'Universit� di Vienna. Il dottor Freud aveva appena terminato la sua analisi di un sogno telepatico. Quando gli studenti uscirono egli mi chiese che cosa facevo. "Bene, dottor Freud, io parto da dove lei finisce. Lei incontra le persone nel contesto artificiale del suo studio, io le incontro per strada e a casa loro nel loro ambiente naturale. Lei analizza i loro sogni. Io cerco di dar loro il coraggio di sognare ancora. Io insegno alla gente a giocare la parte di Dio." Il dottor Freud mi guard� come divertito."

E' importante, in questo contesto, rilevare l'aderenza giovanile di Moreno al movimento espressionista tedesco attraverso la direzione della rivista Daimon, nel 1918, e ci� � tanto sorprendente se la si mette in relazione con la sua laurea in medicina, conseguita lo stesso anno, e con le sue aspirazioni alla professione di psichiatra, che non coincidevano con le opinioni caute e distanti rispetto al mondo artistico che circolavano nel movimento psicoanalitico.

Scrive E. H Gombrich in Freud e la Psicologia dell'arte

"Nel giugno 1920 Oscar Pfister aveva inviato a Freud il suo opuscolo sulle basi psicologiche e biologiche della pittura espressionista. (...) La parte principale dell'opuscolo riguarda l'opera di un artista espressionista che Pfister stava psicanalizzando. Sono spiegate le associazioni dell'artista con i suoi disegni che vengono trattati come sogni. (...) ci� che Pfister deduce da questo e da altri documenti � che l'artista espressionista � un tipo autistico, introverso, prigioniero delle proprie repressioni. (...) La risposta di Freud, scritta il 21 giugno 1920, � tipica della combinazione di onest� intransigente e di buona educazione che lo distingueva:

 

Ho preso in mano il suo opuscolo sull'espressionismo con curiosit� fervida e con altrettanta avversione, � l'ho letto d'un fiato. Alla fine mi � piaciuto molto, non tanto per le parti puramente analitiche che non possono mai eliminare le difficolt� d'interpretazione per chi non � analista, quanto per ci� che lei collega con esse e ne ricava. Spesso mi sono detto "Che brava e buona persona, libera da ogni spirito d'ingiustizia, � Pfister, non ci si pu� paragonare a lui, e fa piacere trovarsi d'accordo con le conclusioni cui giunge per conto suo". Debbo dirle infatti che nella vita privata non ho per niente pazienza con i matti. Vedo soltanto il danno che possono fare, e per quanto riguarda questi "artisti" io sono in effetti uno di quei filistei e lumaconi che lei mette alla gogna nella sua introduzione. Ma tutto sommato lei stesso vede in modo chiaro e esauriente perch� questi individui non possono pretendere al titolo di artisti."

 

Due anni dopo la posizione di Freud si era ancora pi� irrigidita. Karl Abraham gli aveva inviato un disegno fatto da un artista espressionista, e questa volta (26 dicembre 1922) la risposta di Freud esce quasi dai limiti della cortesia:

 

"Caro amico, ho ricevuto il disegno che presumibilmente dovrebbe rappresentare la sua testa. E' spaventoso. So quale brava persola lei sia e sono tanto pi� profondamente urtato che una piccola lacuna nella sua personalit� come la sua tolleranza o la simpatia per l'"arte" moderna debba essere stata punita cos� crudelmente. Ho sentito dire da Lampl che l'artista sostiene di averla vista cos�. A persone come lui non si dovrebbe permettere di accedere ai circoli analitici..."

 

Il pericolo di una nuova forma di conservatorismo ideologico stava in agguato, dietro le caute conclusioni sociali di una organizzazione come quello della Societ� di Psicanalisi, desiderosa di guadagnarsi l'ufficialit� del mondo accademico in qualit� di associazione di cultori di una nuova scienza, pur attribuendole un approccio rivoluzionario nei confronti dell'uomo, come mai prima aveva avuto la psicologia e la psichiatria tradizionali.

Ma gli espressionisti erano un movimento antiaccademico per eccellenza, tanto che Moreno, ricordando la sua influenza culturale nella Vienna del periodo scriver�:

 

"La psicoanalisi aveva sviluppato tra i giovani un'atmosfera di paura. La paura della nevrosi era all'ordine del giorno, il metro di riferimento. Un gesto eroico, un'aspirazione nobile rendevano immediatamente sospetto il loro portatore. (...)

Il teatro della spontaneit� divenne un punto di incontro per gli insoddisfatti e i ribelli psicologici, la culla della rivoluzione creativa tra il 1922 e il 1925. E' soprattutto da l� e dal mio libro sul Teatro della Spontaneit� che deriv� l'ispirazione per l'uso delle tecniche di gioco, la terapia del gioco spontaneo, la psicoterapia di gruppo e l'addestramento al ruolo, metodi che molti psicoanalisti ed educatori hanno gradualmente assimilato nel loro lavoro. Le linee che portarono alla Maysedergasse, dove si trovava lo Stegreiftheater, alla Dominikaner Plats, dove viveva il dottor Freud, si potrebbero delineare con facilit�. Sarebbe interessante per uno storico una ricerca sul modo in cui questa adozione viene fatta dagli psicoanalisti un passo dopo l'altro, avvicinandosi sempre pi� ai miei metodi e alle mie procedure in un primo momento, e in seguito persino alla mia terminologia e alla mia teoria. (...) Inizialmente c'era solo una situazione accettabile per Freud: la situazione dello psicoanalista nel suo studio. Ma gradatamente le limitazioni di questo contesto divennero evidenti. Era applicabile solo a una piccola minoranza di individui, ai giovani e agli adulti di mezza et�. Non si instaurava nessuna relazione di transfert con i bambini e gli psicotici e dunque nessuna analisi era possibile. Ma poich� non era possibile nessuna psicoanalisi senza lo sviluppo di un transfert adeguato, secondo la sua stessa affermazione(...) Questa � probabilmente la ragione per cui i suoi allievi presero cos� lentamente le mie idee della terapia del gioco spontaneo e della terapia di gruppo o di pubblico."

E' importante in questo contesto aprire due brevi parentesi su alcuni concetti chiave della psicoterapia secondo la formulazione di Freud e di Moreno, si tratta del concetto freudiano di transfert e del concetto moreniano di tele:

Freud definisce il transfert come "Una traslazione di sentimenti sulla persona del medico...gi� pronta nel paziente e...trasferita sulla persona del medico in occasione del trattamento analitico...Finch� la sua traslazione � preceduta dal segno positivo, essa riveste il medico di autorit� e si converte in fiducia nelle sue comunicazioni e concezioni...I suoi sentimenti non derivano dalla situazione presente e non sono destinati alla persona del medico, bens� ripetono qualcosa che in lui � gi� accaduto precedentemente" (Freud, Opere, Vol VIII, pp.591-594),

mentre Moreno definisce il tele come: "Un complesso di sentimenti che spinge una persona verso l'altra e che nasce dai reali attributi dell'altra persona, attributi individuali e collettivi..."

Nell' Introduzione alla terza edizione del suo Manuale di Psicodramma (1968) che fu pubblicato a partire dal 1947 a Beacon, negli USA, scrive: "Nel 1914 a Vienna esistevano due antitesi alla psicoanalisi; una era la ribellione nei confronti dell'individuo da parte del gruppo che era stato messo da parte; era il primo passo oltre la psicoanalisi, "la psicoterapia di gruppo". Fui io a introdurre questo termine particolare per sottolineare che aveva a che fare soprattutto con una "terapia" del gruppo e non semplicemente con un'analisi sociologica o psicologica. L'altra era la ribellione dell'attore che era stato messo da parte dalla parola. Questo era il secondo passo oltre la psicoanalisi, "lo psicodramma" In principio era l'esistenza. In principio era l'atto".

E infatti sempre Gombrich scrive a proposito del rapporto fra Freud e l'arte:

"Ci vollero sedici anni e le calde perorazioni di una amico stimato, Stefan Zweig, per indurre Freud a ricevere uno di questi artisti moderni. Acconsent� di vedere Salvador Dal� il secondo mese dopo il suo arrivo a Londra. Le poche righe che scrisse il 20 luglio 1938, dopo questa visita, contengono la dichiarazione pi� rivelatrice sull'atteggiamento di Freud verso l'arte:

Devo realmente ringraziarla per quello che il visitatore di ieri mi ha rivelato. Fino a ora ero incline a considerare i surrealisti, che sembra mi abbiano prescelto come loro santo patrono, dei puri folli, o diciamo puri al 95 per cento, come l'alcool... Il giovane spagnolo con i suoi occhi evidentemente sinceri e fanatici e la sua innegabile maestria tecnica mi ha suggerito una diversa valutazione. Sarebbe davvero assai interessante esplorare analiticamente le origini di una pittura del genere. Eppure come critico uno potrebbe avere il diritto di dire che il concetto di arte resiste al fatto di essere esteso oltre il punto in cui il rapporto quantitativo tra materiale inconscio e l'elaborazione preconscia non � mantenuto entro certi limiti. Tuttavia questi sono problemi psicologici seri."

Gombrich riportando questa lettera allude alle teorie di Freud rispetto alla psicopatologia della vita quotidiana, ed in particolare alla genesi del motto di spirito

"Ricordiamo infatti la formula usata da Freud sul motto di spirito: "Un'idea preconscia � esposta per un momento all'influenza dell'inconscio" . Ci� che il motto di spirito deve all'inconscio secondo questa formula non � tanto il contenuto quanto la forma, la condensazione quasi onirica di significato caratteristica di quello che Freud chiama il processo primario. E' questo un processo in cui le impressioni e le esperienze della nostra vita da svegli sono mescolate e come frullate in permutazione e combinazioni imprevedibili. Nel sogno, non meno che nella follia, il dinamismo di questo vortice sopraff� il nostro pensiero cosciente, il principio di realt� dell'Ego. Un pensiero che sarebbe forse brutale o indecoroso esprimere in chiaro � immerso, per cos� dire, nella magica fonte del processo primario, come si pu� immergere un fiore o un ramoscello nelle acque calcaree di Karlsbad da dove essi emergono trasformati in qualcosa di ricco e di strano. In questa nuova forma l'idea non solo � accettabile, ma anche gradita. Quello che Freud aveva soprattutto in mente nel costruire questo modello erano i giochi di parole. (...) Questa interpretazione, se � giusta, pu� permetterci di precisare in forma quasi di diagramma il malinteso grossolano sulle idee di Freud. L'espressionismo e i suoi derivati nella critica sembrano prendere quasi alla lettera la parola "espressione" (ex-pressione). Essi ritengono che un pensiero inconscio turbi l'artista nel suo intimo e sia quindi espulso verso l'esterno per mezzo dell'arte, onde turbare anche la mente del pubblico. La forma , in questa concezione, � poco pi� che un involucro per i contenuti inconsci che il consumatore a sua volta libera dall'involucro e scarta."

Seguendo un filo logico si noti come questi due processi, quello di rivestire un pensiero inconscio di contenuti socialmente accettabili, e quello di attivare una sua espulsione attraverso l'arte, siano intercambiabili e bivalenti e tali che ciascuno non escluda necessariamente l'altro.

Ma Moreno � di parere diverso: "Ci� che il poeta nasconde non sono i complessi, ma i germi delle forme, e il suo scopo � un atto di nascita. Perci� egli non sta semplicemente seguendo un modello: egli pu� trasformare creativamente il mondo. Fu l'errore della psicoanalisi che non riusc� a comprendere il processo che ha luogo nell'artista come un fenomeno "specifico" dell'io-creativo, ma fece derivare le sue forme e i suoi materiali pi� o meno esclusivamente dalla storia sessuale o biologica della sua persona privata (i complessi)"(L'atto creativo in Manuale di Psicodramma).

Moreno, in sorprendente anticipo, pone al centro del suo metodo il gioco spontaneo nel teatro. E pi� avanti scriver� in Le radici storiche dell'idea di catarsi totale:: "Dramma � una parola che deriva dal greco "drama" che significa azione, oppure una cosa fatta. Psicodramma � una traslitterazione di una cosa fatta per la psiche e con la psiche, esso indica la psiche in azione"

Con questo compie uno spostamento nei confronti del teatro, della creativit� e dell'arte situandosi esattamente laddove il teatro cessa di avere funzione estetica e catartica, solamente per il pubblico, per rivolgersi ad esso come contenitore spaziale per la elaborazione collettiva dei complessi, per i quali rivaluter� moltissimo la struttura architettonica del teatro greco, con alcune varianti in funzione dell'uso psicodrammatico. Tale contenitore resta l'utero di una catarsi che, nello psicodramma, si realizza contemporaneamente, sessione dopo sessione nel "protagonista" come nell'"uditorio", negli "Io ausiliari", come del "regista", nella completa intercambiabilit� dei ruoli, costituendo una risposta alla terapia psicoanalitica individuale tradizionale che la contiene e, in qualche modo, la supera verso orizzonti di vasta applicazione sociale.

Nella prefazione alla quarta edizione dello stesso Manuale, Moreno scrive:

"Duemila anni fa l'umanit� attraversava, come la attraversiamo oggi noi, una crisi di prima grandezza. Per le grandi masse il sollievo, la catarsi giunse dal Cristianesimo, grazie all'universalit� dei suoi metodi, alla praticit� dei suoi strumenti, l'amore e la confessione, la carit� e la speranza, piuttosto che dalle scuole filosofiche dell'Egitto e della Grecia. Al giorno d'oggi sono le scienze sociali e mentali a mirare a un risultato simile a quello che un tempo fu ottenuto dalla religione. L'umanit� intera soffre di inquietudine sociale e mentale. La catarsi probabilmente giunger� da strumenti in grado di combinare l'universalit� del metodo con una grande praticit�. Uno dei pi� promettenti metodi sviluppati negli ultimi venticinque anni � in grado di rispondere a queste domande � il metodo psicodrammatico. (...) Il metodo psicodrammatico usa principalmente cinque strumenti - il palcoscenico, il soggetto o paziente, il regista o direttore, il gruppo degli assistenti terapeutici, detti anche Io ausiliari, e il pubblico. Il primo strumento � il palcoscenico. Perch� un palcoscenico? Esso fornisce al paziente uno spazio vivente che � multidimensionale e articolabile in massimo grado. Lo spazio vivente della realt� spesso � stretto e limitante, e il paziente pu� facilmente perdervi il suo equilibrio. Invece sul palcoscenico egli pu� ritrovarlo grazie alla sua metodologia fondata sulla libert� - libert� dagli stress insopportabili e libert� per l'esperienza e l'espressione. Lo spazio del palcoscenico � un'estensione della vita al di l� degli esami di realt� della vita stessa. La realt� e la fantasia non sono in conflitto ma sono entrambe funzioni all'interno di una pi� ampia sfera: il mondo psicodrammatico di oggetti, di persone e avvenimenti."

"(...) La catarsi inizia nell'attore nel momento in cui egli esprime il proprio dramma, scena dopo scena, e culmina nel momento in cui viene raggiunta la svolta cruciale del suo destino (peripeteia)"

E ora mi pare utile fornire le indicazioni contenute nel sito ufficiale su Internet di presentazione dello Studio di Psicodramma di Milano (www.psicodramma.it) diretto dal Dott. Giovanni Boria, pi� specifiche sul metodo e sugli spazi consoni al lavoro psicodrammatico:

"In uno psicodramma la persona impegnata nella ricerca di s� (protagonista) trova il sostegno di:

  • Psicodrammatista, il professionista qualificato che facilita il processo;
  • gruppo di persone che creano l'ambiente adatto alla messa in scena dei ruoli richiesti dalla rappresentazione;
  • spazio d'azione (palcoscenico) nel quale si sviluppa la messa in scena;
  • messa in azione, stimolata dallo psicodrammatista.

Sul palcoscenico il protagonista � attivamente impegnato a conoscersi ed a sviluppare le sue risorse: egli ascolta le diverse parti del suo mondo interno e relazionale, i suoi dubbi, le sue domande, i suoi talenti, i suoi blocchi, i sui desideri, i suoi bisogni� Cos� facendo egli avvia un dialogo interno che lo conduce a cogliere possibili soluzioni ai suoi conflitti intrapsichici e/o di relazione col mondo esterno. In questo suo procedere egli trova stimoli e conferme nella partecipazione e nell'appoggio sia dello psicodrammatista che del gruppo.

Con lo psicodramma la persona � messa in condizione di (ri)sperimentare delle situazioni piuttosto che di raccontarle. La persona pu� parlare con le diverse parti di s�, parlare con le diverse persone della propria vita (ora interiorizzate), piuttosto che parlare di esse.

Questo approccio teso a migliorare le relazioni interpersonali consente, grazie all'utilizzo di diverse tecniche proprie della metodologia d'azione (inversione di ruolo, doppio, specchio, soliloquio, sociometria�), lo sblocco di situazioni interiori cristallizzate e ripetitive, la soluzione di problemi e di situazioni di crisi, la ricerca e la scoperta di opzioni alternative rispettose di s� e dell'altro� Con questo metodo la persona pu�, grazie allo sviluppo di un dialogo attivo, imboccare la via di un cambiamento che conduce all'autonomia e alla spontaneit� creativa.

Le sessioni di psicodramma (durata media di una sessione: 2 ore) possono essere finalizzate alla crescita personale (quando la partecipazione al lavoro psicodrammatico sia essenzialmente orientata alla conoscenza di s� ed all'armonizzazione delle esigenze interne alla persona con le richieste della realt�) o alla formazione professionale (quando la partecipazione al lavoro psicodrammatico sia orientata primariamente ad acquisire una maggiore competenza nel gestire professionalmente le relazioni interpersonali).

Il palcoscenico � il luogo in cui le persone esprimono, attraverso la rappresentazione teatrale, i propri contenuti mentali. Esso costituisce la parte centrale del teatro di psicodramma, cio� di quello spazio costruito appositamente per facilitare gli individui nell'espressione spontanea del loro mondo interiore.

Nelle psicoterapie verbali il luogo � spesso neutrale ed asettico, in quanto non deve interferire con il processo terapeutico che � tutto focalizzato sulla relazione paziente - terapeuta; nello psicodramma, dove l'elemento centrale � l'agire di tutta la persona che sperimenta in modo unitario le diverse dimensioni del vivere (il che comporta di entrare in rapporto con una variet� sia di oggetti che di persone, all'interno di uno specifico contesto), � necessario uno spazio speciale nel quale le persone possano rendersi attive nei loro aspetti psichici come in quelli corporei. Si pu� dire che un teatro di psicodramma � tanto pi� funzionale quanto pi� � idoneo ad aiutare ogni persona a sentirsi protagonista o, comunque, parte importante per la vita del gruppo, anche grazie alla percezione di un ambiente contenitivo e rassicurante nei suoi elementi spaziali e percettivi.

Una caratteristica del teatro di psicodramma � quella di presentarsi come un ambiente "differenziato", cio� come un luogo peculiare capace di creare uno stacco netto dall'usuale ambiente di vita e di predisporre l'individuo al coinvolgimento nella situazione psicodrammatica. Questo ''stacco'' � spazialmente determinato da un passaggio ben definito che segna e distingue l'essere "dentro" o l'essere "fuori" dello spazio terapeutico. Del resto, questo aspetto quasi rituale dell'ingresso in un luogo speciale allo scopo di agevolare l'assunzione di un ruolo, non � esclusivo dello psicodramma; basti pensare ad una chiesa o ad un teatro che hanno, ciascuno nel modo pi� funzionale al ruolo richiesto, una netta delimitazione ed una evidente caratterizzazione che li distaccano dal mondo esterno.

L'interno del teatro di psicodramma � diviso in due parti: una contiene l'uditorio, dove si raccolgono i membri del gruppo mentre il protagonista svolge il suo psicodramma; l'altra contiene il palco e la balconata, dove agisce il protagonista, condotto dal direttore ed aiutato dagli io-ausiliari. Queste due parti sono strutturate in modo che il passaggio dall'una all'altra possa avvenire con immediatezza; in modo, cio�, che ogni membro dell'uditorio possa in qualunque momento inserirsi nella scena come io-ausiliario, come alter-ego o come doppio, senza creare scompiglio. Nello stesso tempo le due parti sono nettamente differenziate, in modo che sia ben percepibile il passaggio dal ruolo di spettatore a quello di attore e viceversa.

Lo spazio per l'azione � tale da permettere il movimento, realizzato con ritmi ed ampiezza diversi, di un certo numero di individui (il numero medio di persone contemporaneamente impegnate in una scena psicodrammatica � di 4-5), i quali possono spostarsi in esso con agio e senza rischio di danni fisici. Il corpo pu� assumere posizioni diverse: in piedi, accovacciato, disteso, ecc., cos� come � richiesto dalle situazioni di vita rappresentate. Per questo esistono punti di appoggio morbidi ed igienicamente sicuri. La moquette costituisce uno dei materiali pi� adatti a questo scopo, potendo rivestire sia il pavimento che altri piani di appoggio (muro, balconata, gradini, ecc.). L'igiene � favorita dall'accorgimento di entrare in teatro senza scarpe. La forma ideale per il palcoscenico � il cerchio: esso non ha un avanti e un dietro, non ha angoli, non presenta zone che possono alludere a significati privilegianti o svalutanti (ad esempio, l'angolo). Inoltre la circonferenza, non avendo un punto d'inizio ed una fine, si presta a essere utilizzata come percorso non limitato qualora il protagonista ne abbia bisogno. Infine, il cerchio si presta ottimamente alle rappresentazioni sociometriche.

Nella creazione dello spazio terapeutico si tiene anche presente il significato psicologico che assume per l'individuo il sentirsi collocato in situazioni spaziali differenti, come la posizione avanti o dietro, fuori o dentro, alto o basso, sopra o sotto. Percepirsi davanti a qualcuno o a qualcosa ha un significato soggettivo diverso dal percepirsi dietro; essere dentro il palcoscenico ha un significato diverso dall'essere fuori; essere in alto, sulla balconata, ha un significato diverso dall'essere laggi�, sul palcoscenico. Per questo il teatro di psicodramma non � disposto su un unico piano orizzontale ed ha diversi "livelli" in cui la persona pu� collocarsi. Spostandosi da un livello ad un altro, la persona cambia il punto di vista e, di conseguenza, la percezione della realt� circostante. Dalla balconata, ad esempio, ella vede in un modo pi� globale e distaccato quanto avviene sul palcoscenico; e ci� pu� risultarle molto proficuo.

Il teatro di psicodramma possiede anche un'altra caratteristica, importante per la creazione dell'atmosfera del "qui ed ora" richiesta dalla scena psicodrammatica: l'isolamento dalle interferenze acustiche e luminose del mondo esterno. Per questo il teatro non ha aperture sull'esterno e la luce � creata artificialmente; diversamente, stimoli uditivi e visivi casuali e non adeguati alla rappresentazione in atto bloccherebbero la spontaneit� del protagonista. Il direttore controlla costantemente che l'intensit� della luce, oscillando fra l'oscurit� e la brillantezza, sia in sintonia con il tono emozionale della scena che si va svolgendo. La luce � di solito disponibile in diversi colori, ad ognuno dei quali si ritiene correlata una particolare atmosfera: il colore bianco d� il senso della realt�, del tangibile; il giallo � lo spazio, il calore, la gioia, l'apertura; il rosso � l'eccitazione, la tensione, l'aggressivit�; il blu � il tono della depressione, della tristezza, dell'introspezione, dell'intimit� pacata; il verde smorza le cose, � il rilassamento.

Fanno parte dello sazio terapeutico anche gli oggetti d'uso per la creazione delle scene: sedie, sgabelli, assicelle, coperte, materassi, cuscini, ecc., materiali rigidi, morbidi, ruvidi, rotondi, allungati, piatti e cos� via. Essi assumono la funzione che ad essi attribuisce il protagonista, mentre a loro volta danno vivezza alle percezioni di questi, permettendogli di essere pi� pienamente coinvolto nel "qui ed ora" della situazione psicodrammatica."

Le immagini fornite dal sito sono piuttosto schematiche, meglio da questo punto di vista sono le foto dei modellini in Lo spazio dello Psicodramma di Jacob Levi e Zerka Moreno e le mie scattate nell'ambiente di Milano. 

ALCUNE IMMAGINI DEL TEATRO IN USO PRESSO LO 
STUDIO DI PSICODRAMMA
DI VIA COLA MONTANO 18 A  MILANO


Alcune maschere che rappresentano diversi stati d'animo                Il "palco" dello studio di psicodramma


La "balconata" e parte deglio oggetti di scena                     L'"uditorio"

Aggiungo che uno spazio del genere si presta molto bene se inserito in strutture pubbliche, agli svariati usi didattici che i metodi psicodrammatici possono mettere in campo, essendo un contenitore particolarmente adatto anche alla animazione teatrale, al gioco improvvisato nelle scuole primarie e secondarie, per via della completa compenetrazione fra uditorio e pubblico, una peculiarit� che i moderni auditorium, solitamente concepiti da progettazioni grossolane, spesso non contemplano, anzi, facilmente lo impediscono stabilendo ruoli e gerarchie.

Devo menzionare inoltre che in un teatro psicodrammatico in genere sono previsti anche apparecchi di registrazione, videocamere ecc., con la possibilit�, da parte del regista-terapeuta e degli io-ausiliari professionisti, o del gruppo di scegliere un caso particolare, o una sessione particolare, e di seguirne l'evoluzione a posteriori proiettando sullo schermo il materiale precedentemente registrato. Questo � particolarmente utile nei casi di trattamento delle nevrosi istrioniche dette anche, in altro modo, borderline.

Il teatro � anche provvisto di accessori come cuscini colorati, foulard anch'essi colorati, stecche, tavoli, sedie e persino speciali "mazze" di gommapiuma per inveire contro il personaggio che assume la parte della persona con la quale si � avuto un conflitto nella vita reale.

Centro dell'azione educativa e terapeutica di tutta l'opera di Moreno � l'addestramento alla "spontaneit�", secondo una peculiare teoria derivata dalla psicologia comportamentista ne senso della liberazione della volont�.

In Principi di Spontaneit� (Manuale di Psicodramma) Moreno scrive:

"L'addestramento alla spontaneit� porta ad una forma di apprendimento che mira ad una personalit� pi� unita ed energica di quella ottenuta con altri metodi educativi. L'obiettivo principale � l'addestramento agli stati spontanei e non l'apprendimento di contenuti. L'importanza data al contenuto porta alla scissione dell'individuo in una personalit� dell'"azione" e in una personalit� del "contenuto". Abbiamo considerato valida l'ipotesi dello sviluppo di due diversi "centri" della memoria - un "centro dell'azione" e un "centro del contenuto", che generalmente continuano a esistere come strutture separate senza collegamenti. (...) Nella situazione di vita reale, tuttavia, l'ideale � esattamente questa felicit� di integrazione"

I metodi di Moreno sono oggi utilizzanti in molte comunit� terapeutiche, dal Gruppo Abele a quelle di Don Ciotti, e in svariate simulazioni all'addestramento professionale e nell'educazione infantile.

 

E' bene fornire alcune brevi notizie biografiche su Jacob Levi Moreno ed una bibliografia consigliata.

Jacob Levi Moreno

  • nasce a Bucarest, in Romania il 18 maggio del 1889.
  • La sua famiglia si trasferisce a Vienna nel 1895, a Berlino nel 1895, a Chemnits nel 1905.

Nel 1909 frequenta l'Universit� di Vienna come studente di filosofia e poi di medicina.

Nel 1912 incontra Freud all'Universit�. Nel 1914 scrive Einladung zu einer Begegnung (invito a un incontro).

  • Nel 1917 si laurea in medicina, nel 1918 pubblica Daimon, rivista del movimento espressionista. Nel 1919 si trasferisce a Bad Bad V�slau dove vive con Marianne L�rnitzo, nel 1920 scrive Das Testament des Vaters (Le parole del padre). Nel 1924 scrive Das Stegreiftheater (il teatro della spontaneit�).
  • Nel 1925 emigra negli Stati Uniti e nel 1927 ottiene la licenza per la pratica medica nello stato di New York. Nel 1931 Inizia l'Impromptu Theatre (Teatro dell'improvvisazione) e pubblica la rivista Impromptu. Fa una ricerca sociometrica nella prigione di Sing Sing. Partecipa per la prima volta al congresso annuale dell'American Psychiatric Association, nel 1932 scrive Application of the Group Method to Classification. � direttore di ricerca alla Hudson School of Girls. Nel 1934 pubblica Who Shall Survive.
  • Nel 1936 Inaugura a Beacon (New York) il Beacon Hill Sanatorium e vi apre il primo teatro di psicodramma. Nel 1937 Fonda la rivista Sociometry. Nel 1941 Traduce in inglese Das testament des Vaters (The Words of the Father). Incontra Zerka Toeman. Nel 1942 crea il Sociometric Institute e il Theatre of Psychodrama a New York City. Fonda la Society of Psychodrama and Group Psychotherapy (rinominata American Society of Group Psychotherapy and Psychodrama nel 1951).
  • Nel 1945 fonda la American Sociometry Association. Nel 1946 diviene membro della American Psychiatric Association, pubblica Psychodrama, Volume First. Nel 1947 Crea la rivista "Journal of Group and inter-Group Therapy" (rivista che cambier� nome tre volte e che � attualmente pubblicata come Journal of Group Psychotherapy, Psychodrama and Sociometry). Traduce in inglese Das Stegreiftheatre (The Theatre of Spontaneity).
  • Nel 1949 sposa Zerka Toeman e inaugura il teatro di psicodramma ad Harvard. Nel 1950 partecipa a Parigi al Primo Congresso Mondiale di Psichiatria. Nel 1951 organizza il primo Comitato Internazionale di Psicoterapia di Gruppo. Pubblica Sociometry, Experimental Method and the Science of Society.
  • Nel 1954 avviene il Primo Congresso internazionale di Psicoterapia di Gruppo a Toronto (Canada). Nel 1956 Crea la rivista International Journal of Sociometry and Sociatry e pubblica Sociometry and the Science of Man. Nel 1957 partecipa alla creazione dell'International Council of Group Psychotherapy, ne � primo presidente, con S.H. Foulkes e S. Lebovici vicepresidenti. Fonda l' Academy of Psychodrama and Group Psychotherapy (Beacon, New York). Nel 1959 tiene conferenze a Mosca e a Leningrado e pubblica Psychodrama, Second Volume. Nel 1964 avviene il Primo Congresso Internazionale di psicodramma a Parigi e pubblica The First Psychodramatic Family. Nel 1966 cura la pubblicazione di The International Handbook of Group Psychotherapy assieme a A. Friedemann, R. Battegay e Zerka T. Moreno. Nel 1968 riceve la laurea honoris causa dall'Universit� di Barcellona, nel 1969 pubblica Psychodrama, Volume Third. Nel 1973 � tra i fondatori dell'International Association of Group Psychotherapy.
  • Nel 1974 muore nella sua casa di Beacon il 14 maggio.

 

 

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