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9.2 Rocce carsificabili
La formazione delle rocce calcaree va dal Mesozioco (65-230 milioni d'anni)
fino al Paleozoico (230-400 milioni d'anni).
Le grotte formatesi in queste rocce hanno un'eta` di pochi milioni
d'anni [
665] ,
- 10 Ka: tempi di formazione di una galleria,
- 100 Ka: tempi di formazione di un sistema,
- 1 Ma: tempi di allargamento delle fessure,
- 10 Ma: tempo di vita di un sistema,
- 100 Ma: eta` geologica dei calcari.
9.2.1 Calcari
I calcari sono rocce costituite per la maggior parte
da carbonato di calcio, talora con altri
componenti, ad esempio argille (si parla allora di marne
o calcari marnosi),
o sabbie quarzose (calcari arenacei), o silice in forma microcristallina
(calcari silicei
che evolvono per maggior tenore di silice in silexiti
[spongoliti, radiolariti, diatomiti]).
Il carsismo si esplica perlopiu` sui granelli di carbonato di
calcio, ovvero quelli piu` solubili in acqua acida.
Le impurezze rimangono come residuo insolubile e possono concentrarsi in
accumuli locali che sono poi soggetti ad altri tipi di fenomeni:
o di erosione meccanica (per correnti acquee) o di accumulo (ad esempio con la
formazione di suoli particolari, ricchi di argille, silice, alluminio, ferro -
si parla in tal caso di terre rosse
generate in condizioni di clima
caldo-umido, talora con spessori di parecchi metri).
Considerando i componenti granulari dei calcari, distinguiamo tre parti:
- i resti scheletrici (detti bioclasti)
degli organismi che secernono carbonato di calcio;
- i granelli piu' fini, di origine anche qui organica - si parla
di matrice;
- cristalli di calcite generata dall'estrazione di carbonato di calcio
dalle soluzioni saline che permeano la roccia -
si chiama cemento.
In genere i calcari come aspetto si presentano molto compatti e densi;
questa caratteristica e` dovuta all'abbondantissimo cemento che in
molti casi costituisce la maggioranza volumetrica del calcare stesso.
Nel caso dei calcari la cementazione e` il fattore essenziale che
permette la trasformazione dall'originario sedimento sciolto (privo di
qualsiasi coesione) in roccia compatta. Il processo di trasformazione viene
detto diagenesi
ed avviene dal momento stesso della deposizione dei grani di
carbonato fino a milioni di anni piu` tardi, quando il calcare e`
sepolto in profondita` a temperature e pressioni elevate.
La diagenesi piu` avanzata sfuma poi nel fenomeno del metamorfismo,
con la trasformazione dei calcari in marmi (v. piu' sopra),
fenomeno che avviene in modo graduale per cui e` spesso difficile
porre una precisa separazione tra rocce sedimentarie e rocce metamorfiche.
Il fenomeno della cementazione e` certo il processo che piu` di
ogni altro distingue i calcari dalle altre rocce sedimentarie; molto spesso i
calcari presentano una diagenesi complicata, polifasica, per la cui
ricostruzione si richiedono sofisticate metodologie di laboratorio, non sempre
di facile uso. La cementazione trasforma i calcari in rocce molto compatte
soggette a fratturarsi in modo diffuso e pertanto le rocce risultanti sono
suscettibili di attacco chimico-fisico, accentuando il processo carsico.
Cerchiamo adesso di riassumere l'evoluzione dei calcari:
all'origine i sedimenti carbonatici sono ricchi di vuoti.
La proprieta` della roccia di possedere vuoti si chiama porosita`.
Questa porosita` iniziale puo` aggirarsi sul 60-70in pratica un sedimento iniziale e` piu` vuoto che pieno.
Lungo tutti questi vuoti l'acqua ricca di anidride carbonica (CO2)
penetra in abbondanza, asportando localmente la calcite e ridepositandola
sotto forma di cemento. Questo processo diagenetico trasforma il sedimento
incoerente in compatta roccia calcarea che sara` poi soggetta a
subire deformazioni nel momento della formazione delle montagne.
In questa fase la roccia molto rigida puo` subire una forte fratturazione
con discontinuita` distribuite dappertutto.
Queste discontinuita` diventano pertanto vie preferenziali per
tutte le acque che fluiscono nel sottosuolo. Lungo le discontinuita`
se l'acqua e` ricca di CO2, avviene una dissoluzione del
carbonato di calcio ed e` allora che puo` iniziare il processo
carsico.
9.2.2 Dolomie
Sono rocce costituite da carbonato doppio di calcio e magnesio (minerale
dolomite).
La genesi di queste rocce e` particolarmente complessa;
i testi di sedimentologia piu` accreditati e recenti
contemplano anche 8 diversi tipi di formazione! Noi, per questioni di
semplicita` distinguiamo esclusivamente due tipi di genesi:
- dolomie deposte direttamente in origine, perlopiu` in ambienti
marini marginali a forte evaporazione (lagune, stagni in disseccamento,
zone acquitrinose prospicenti aree desertiche);
- dolomie derivanti da originali calcari per sostituzione dell'originaria
calcite (sostituzione molecola per molecola) da parte di soluzioni acquose
ricche in magnesio che percolano nei sedimenti che si vanno depositando
al fondo di bacini marini, in condizioni di temperature e pressioni
elevate.
Molto spesso, in condizioni di diagenesi avanzata, i calcari si
trasformano in dolomie pressoche` pure, modificando la loro
originaria configurazione intracristallina e tessiturale (ad esempio si
formano granuli di dolomite con forme rombiche ben definite e di diametro
abbastanza elevato). La transizione da calcite a dolomite comporta la
formazione di un minerale con struttura cristallina pi� compatta, fatto
questo che si traduce in una variazione di densita`; la roccia
trasformata subisce una marcata riduzione di volume, pur mantenendo i
limiti spaziali del calcare originario; questo fatto si traduce nella
formazione regolare ed uniforme di numerosi piccoli vuoti detti vacuoli
La riduzione risultante di volume e` notevole (fino al 30
Rispetto ai calcari le dolomie si contraddistinguono per una particolare
tessitura, detta saccaroide
che significa simile a zucchero: in effetti
le dolomie assomigliano ad accumuli di minuti cristallini di zucchero, con i
cristalli ben formati ricchi di facce levigate che brillano di luce vitrea.
Rispetto ai calcari le dolomie risultano ancora piu` rigide per cui
molto spesso tendono a frantumarsi in frammenti centimetrici alquanto angolosi
(si parla di microlitoni).
A questo va aggiunto il fatto che le dolomie sono molto meno solubili
rispetto ai calcari, per cui l'entita` del carsismo e` in genere
trascurabile.
Normalmente lungo le pareti dolomitiche si osservano grottoni e
nicchioni molto svasati, spesso in corrispondenza di allineamenti di
condottine (vedi capitolo successivo) impostate su fratture ed associate a
veli acquei trasudanti dalla roccia e facilmente colonizzate da particolari
specie pioniere algali che contribuiscono con le loro secrezioni acide
all'attacco chimico della roccia (l'aspetto tipico e` quello di lunghe
strisciate oscure sulle rocce strapiombanti).
Questa sembra essere la manifestazione carsica piu` saliente, almeno in
superficie.
Invece in profondita` l'attacco chimico pare molto modesto se
non irrilevante; l'acqua tende al limite ad allargare le fratture per
asportazione meccanica dei detriti.
Esistono comunque eccezioni a queste regole, si presume legate all'azione di
acque calde, termali ricche di CO2 (ed altri acidi ?);
l'effetto risultante e` la formazione di grandi complessi ipogei
lunghi molti Km (Grotta della Bigonda, in Val Sugana-Trentino, con oltre
17 Km di sviluppo...).
In alcuni casi esistono cavita` che si aprono in alternanze di calcari e
dolomie e qui non esistono sostanziali differenze passando da una roccia
all'altra.
Un caso particolare di azione carsica sembra essere legato alla presenza di
minerali sulfurei dispersi nella roccia, non tanto dolomitica quanto
argillosa.
Molto spesso le dolomie non sono isolate, ma associate a vicine
sequenze di argille nere, ricche di carbonio organico e sostanze solforate
liberate dalla putrefazione degli antichi organismi sepolti nelle argille
dei fondali marini poco ossigenati.
In questo caso lo zolfo preso in carico dall'acqua che percola nella
roccia tende a combinarsi con altre sostanze generando composti corrosivi
(idrogeno solforato, acido solfidrico, acido solforico).
Questo legame inoltre produce calore con conseguente riscaldamento dell'acqua;
tale acqua calda, associata alle sostanze disciolte puo` allora attaccare
la roccia dolomitica, esaltandone la solubilita`.
Un caso lombardo che
sembra suggerire un meccanismo di questo tipo e` offerto dalle
cavita` che si aprono appena sopra Tremezzo, sul Lago di Como.
Queste grotte occupano un'intera dorsale rocciosa costituita da dolomie
ascritte alla cosiddetta formazione della Dolomia Principale, vecchia di
ca.220 milioni di anni. Poco a Nord di questa dorsale affiora una spessa
successione di argille nere fetide (formazione delle
Argille di Riva di Solto)
che sicuramente contengono materiale sulfureo.
Lo zolfo, dilavato da queste
argille potrebbe allora essere stato responsabile per l'attacco chimico
delle dolomie che in effetti presentano spiccate morfologie carsiche, con
grandi gallerie scavate in condizioni freatiche (vedi capitolo successivo)
e ragguardevole sviluppo (cavit� con oltre 500 m di sviluppo).
Anche il Varesotto offre un caso enigmatico che puo` forse essere
inquadrato in un contesto del tipo appena citato; si tratta della
Grotta di Fontana Marella, poco a Nord del Monte Tre Crocette
(Massiccio del Campo dei Fiori).
La grotta e` sicuramente un relitto di un sistema (?) freatico molto
antico, e si apre nella formazione della Dolomia Principale. Poco a Nord
dell'ingresso, su un ripido pendio in discesa, affiorano le marne della
Formazione del Pizzella, che potrebbero contenere materiale solforoso.
Per quel che ne sappiamo, a tutt'oggi non esistono studi specifici
sull'argomento - pertanto vi proponiamo qui l'interessante enigma,
come stimolo per considerare il carsismo come un fenomeno ben piu`
vasto di quello che comunemente viene enunciato ...
Un metodo abbastanza sicuro per distinguere la dolomia dal calcare e`
affidato al semplice riconoscimento chimico; basta avere con se' una
boccetta contenente una soluzione acquosa molto diluita di
acido cloridrico (HCl al 5In questo caso il calcare, al contatto di poche gocce di HCl, produce una
spiccata effervescenza legata alla liberazione di anidride carbonica;
la dolomia, al contrario, non produce tale effetto.
Reattivita` con acido cloridrico
|
percentuale acido
|
calcare puro
|
calcare marnoso
|
calcare dolomitico
|
dolomia
|
10% |
forte
|
debole diffusa
|
debolissima diffusa
|
nulla
|
25% |
fortissima
|
forte
|
discreta
|
debole
|
9.2.3 Gessi
Rocce composte essenzialmente da
solfato di calcio, con o senza acqua
(minerali rispettivamente gesso o anidrite).
Rispetto alle rocce carbonatiche quelle gessose sono molto meno abbondanti,
per quanto diffuse. Sono caratterizzate da aspetto generalmente
macrocristallino (grandi cristalli dalle facce a lucentezza vitrea)
e si presentano in livelli di spessore variabile, quasi mai puri, ma associati
ad intercalazioni di argille, depositate in origine in zone a forte
evaporazione, spesso sul fondo di lagune o stagni in via di
disseccamento [
666] [
667] .
La stretta associazione tra gessi ed argille spiega la mostruosa abbondanza
del fango nelle cavita` in evaporiti,
con coltri anche decimetriche che
rivestono il fondo delle gallerie.
Un esempio potrebbe essere offerto dalle gallerie della
Optimistitscheskaja Pescera (Ucraina-Ex URSS)
dove la coltre di fango al
suolo raggiunge anche i 40 cm di spessore...
La caratteristica carsica piu` importante dei gessi e` la loro
solubilita`, molto piu` marcata che nei carbonati
(2-3 g/l per il gesso, 0.5 g/l massimo per i carbonati).
Di conseguenza ogni affioramento gessoso od anidritico e` soggetto a
fenomeni di dissoluzione molto spinti, con la formazione di morfologie molto
tormentate.
Le rocce gessose sono molto fragili e durante i processi naturali che
generano le catene montuose sono utilizzate come materiale plastico su cui
possono scorrere ingentissime masse rocciose; questo fatto spiega
l'intensissima fratturazione dei gessi nelle catene montuose;
l'Italia non fa certo eccezione a questo proposito, con la formazione di carsi
discontinui, talora molto limitati arealmente (ad esempio nel settore alpino).
Un esempio caratteristico e` la cosiddetta
Vena del Gesso
estesa per parecchi Km nella zona di raccordo tra l'Appennino Emiliano
e la Pianura Padana;
qui si concentrano tutte le cavita` in gessi piu` estese
d'Italia. Citiamo il
Complesso della Spinola,
alle porte di Bologna, con ca. 10 Km di sviluppo.
Per quanto riguarda la Lombardia, citiamo il settore dell'Oltrepo`
Pavese, con il Bus di Camera` (800 m di sviluppo), spesso
con l'ingresso chiuso da frane legate a colate fangose (!).
Un caso particolare che illustra le manifestazioni carsiche in lembi talora
minuscoli di gessi e` quello offerto dalla zona della media
ValSassina (Lecco), appena a Sud dell'abitato di Barzio.
Qui, sulla destra idrografica del torrente che scende dai Piani di Artavaggio
affiorano dei sedimenti argilloso-evaporitici depositatesi in antiche lagune
del periodo geologico del Triassico medio (ca. 230 milioni di anni fa).
In particolare si riconoscono dei candidi gessi disposti in sottilissimi
straterelli di 1-2 cm intervallati a pellicole ocracee di argilla.
La disposizione degli strati e` localmente contorta, ma
per ca. 200 m, proprio lungo il torrente, si mantiene regolare,
pendente verso il rio. A contatto con l'acqua si osservano spettacolari
forme di erosione e corrosione, con lame semitaglienti di gesso che
sporgono dai livelli non erosi di argilla. Piu` all'interno
riconosciamo montarozzi interessati da profondi avvallamenti
che non sono altro che microdoline (!) estese per appena 3-4 m.
Sul torrente e` noto un minibuco soffiante (una crepa) che non e`
mai stato allargato. Appena a Nord di questo buchetto, si osservano delle
sorgentelle minuscole con microcondotte circolari di 10-20 cm impostate sugli
straterelli di gesso. Da cio` si vede che un intero campionario di
forme carsiche, superficiali e profonde, e` impostato in un fazzoletto di
terreno esteso su un rettangolo di 150 X 300 m, esempio significativo
dell'intensita` del carsismo in zone gessose.
A rendere la cosa ancor piu` interessante, aggiungiamo che
questa area era sconosciuta pure ai piu` agguerriti studiosi di carsismo
dell'area (!); anno della segnalazione : 1985 (!).
Nel Varesotto non si conoscono manifestazioni gessose.
9.2.4 Salgemma
Come nel caso del gesso, questa roccia appare in natura con un aspetto
particolare che ricorda molto il ghiaccio: un ammasso omogeneo di cristallini
vitrei, ammasso talora solcato da striature grigie od ocracee che
rappresentano originari livelletti di argille intercalati nella massa salina
in via di accumulo.
Una caratteristica particolare del salgemma e` il suo basso peso
specifico, rispetto alla maggioranza delle altre rocce.
Mano a mano che gli accumuli di salgemma vengono seppelliti nel profondo del
sottosuolo, cresce il contrasto di densita` tra il sale ed i
sedimenti circostanti, per cui si innescano delle spinte di galleggiamento.
Si arriva pertanto ad una profondita` tale per cui il salgemma
tende ad invertire il seppellimento e cerca di risalire, perforando la
coltre dei sedimenti estranei depositati sopra il sale.
Si originano in tal modo delle strutture particolari dette diapiri
(dal greco antico: diapeiro perforo) di forma colonnare
od addirittura fungiforme, con dimensioni molto variabili, ma in genere
dell'ordine di alcuni Km. Nel momento in cui tali diapiri affiorano in
superficie, il sale, per via della sua estrema solubilita` e`
sottoposto ad intensi fenomeni carsici.
Come si puo' facilmente immaginare
la coltre salina, sottoposta ad abbondanti precipitazioni, tenderebbe
ad essere smantellata in breve tempo; di conseguenza i carsi salini
evolvono in tempi brevi e possono conservarsi solo in zone a clima arido.
Presumibilmente l'attivita` di deformazione del sale,
attivita` connessa all'alimentazione continua del diapiro
dal profondo presenta due effetti:
- mantenimento del carsismo superficiale;
- forti modificazioni nelle strutture carsiche, soprattutto ipogee,
con gallerie sconvolte dalle deformazioni connesse al movimento lento,
ma inesorabile dell'intera massa rocciosa.
Esempi tipici di carsi salini sono presenti nei paesi del Maghreb, in Iran,
Israele. Alcune grandi cavita` in sale sono state individuate in Romania.
Per quanto riguarda l'Italia. l'unica cavita` salina conosciuta si
apre all'interno di una miniera di salgemma in Sicilia
(area di Caltanissetta).
A titolo dimostrativo, citiamo qui il carso presente nel diapiro
del
Monte Sedom, sulla sponda occidentale del Mar Morto (Israele)
[
668] .
La sommita` del Monte Sedom e` sotto il livello del mare! Nel
complesso l'area si configura come una serie di montarozzi che
sono l'espressione superficiale di un grosso diapiro, esteso in senso N/S.
In superficie il sale non affiora direttamente, ma e` invece ricoperto
a una coltre metrica del cosiddetto
caprock
(letteralmente: roccia di copertura) che rappresenta un
orizzonte formato da argille e calcari molto cariati smembrati dalla spinta
del diapiro sottostante. I residui insolubili presenti all'interno
della massa del salgemma vengono espulsi alla sommita` del diapiro e qui
subiscono massicci fenomeni di deformazione ed attacco da parte dei
fluidi presenti nei sedimenti; questo spiega l'aspetto estremamente
sfatticcio e polveroso (sembra una sorta di polvere lunare) del caprock.
Attenzione a camminarvi sopra, poiche` questa coltre sottile e
friabile puo` cedere sotto i piedi, mettendo a nudo grandi pozzi
di sprofondamento (profondi fino a 80 m) aperti nella massa compatta del
sale. Alla base di questi pozzi partono spettacolari e suggestivi meandri
suborizzontali, dai profili molto irregolari. In molti casi le gallerie
presentano un soffitto curiosamente piatto che contrasta in modo assoluto
con la disposizione degli strati di sale che, strizzati al nucleo della massa
diapirica, appaiono del tutto verticali.
L'evoluzione di tali gallerie e` veramente curiosa.
Come cavita` piu` lunga del Monte Sedom ricordiamo
l'ICRC Cave: oltre 5 km di sviluppo, esempio ragguardevole della
dimensione assunta dal carsismo pure in terreni non molto
diffusi sulla superficie terrestre.
Lo spessore e la litologia del caprock influenza l'evolusione del
carsismo nella roccia di salgemma, poiche` condiziona la densita`
dei punti di infiltrazione, il volume dei flussi di ricarica
concentrata del sistema, la capacita` di dissoluzione dell'acqua
che penetra, il tipo di sedimenti trasportati, ed eventualmente
la recessione della roccia salina [
669] .
9.2.5 Quarziti
9.2.6 Ghiaccio
O. Sules (escluse le figure) Wed Sep 10 22:05:44 2008
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