LE CIVILTÀ PRECOLOMBIANE
IL CIELO AL DI LÀ DELLOCEANO
Nelle culture dei nativi americani, oltre ai miti legati alle singole costellazioni, risultano davvero interessanti le cosmologie, ossia le concezioni sull'origine e la struttura dell'universo. Per gli abitanti del 'Nuovo Mondo' esso era composto dal firmamento, dalla Terra ( che costituiva il centro del creato ) e dal mondo dell'Oltretomba. Gli astri erano considerati degli esseri viventi che facevano da tramite fra il cielo e le creature terrestri.
Il dio dell'arcobaleno custodiva il cielo, rischiarato dalla VIA LATTEA, mentre due giovani guerrieri avevano il compito di trasportare la LUNA e il SOLE nel loro cammino celeste, volteggiando tra il firmamento e la TERRA.. Al di là del cielo si aprivano i territori governati dal Grande Vento e dal Tuono. La VIA LATTEA era la figura centrale del cosmo, e si muoveva nel cielo per poi tuffarsi nell'oltretomba.
LE COSTELLAZIONI
ACQUARIO, gli Aztechi e i Toltechi vedevano in questo gruppo di astri, il dio Quetzalcoatl, che giunse nel continente americano dai mari orientali.
CAPRICORNO, gli Aztechi lo conoscevano come Cipactli, una divinità associata alla figura del narvalo, cetaceo dal dente canino sinistro allungato come l'appendice di un unicorno.
CROCE AUSTRALE, la celebre nebulosa oscura che si trova all'interno della costellazione, conosciuta come Sacco di carbone, era vista come una pernice.
Quetzalcoatl
ORIONE, la parte centrale della costellazione, formata dalle tre stelle che danno vita alla CINTURA DI ORIONE, era individuata come Mamalhuaztli, i bastoncini che si infiammano quando vengono strofinati.
ORSA MINORE, gli Aztechi la conoscevano con il nome di Examan Ek, la 'Stella del Nord'.
TORO, le popolazioni dell'America vedevano in queste stelle un tapiro, un animale simile al maiale che viveva nelle foreste locali.
LE COMETE
L'apparizione di una cometa nel cielo era vista da tutti i popoli
mesoamericani come un messaggio di sventura, segno dell'avvicinarsi di una disgrazia. Gli Aztechi ne erano terrorizzati, poiché credevano che le comete generassero fulmini letali
e orrende fiamme che colpivano gli esseri mortali. Anche Maya ed Incas le temevano,
inoltre sembra che il passaggio della cometa di Halley nel 1531 annunciò all'ultimo inca
Atahualpa la fine sua e del suo grande impero.
LE ECLISSI
Le eclissi di Sole, hanno sempre fortemente impressionato i popoli di ogni
epoca.
Tra le varie credenze antiche sulle cause delle eclissi, v'era anche quella che imputava
il fenomeno ad un dragone celeste, che cercava di mangiare la Luna o il Sole; un dragone
che solamente con preghiere e sacrifici era possibile allontanare.
Da questa credenza ebbe origine il nome di anno draconitico, o anno delle eclissi,
attribuito all'intervallo di tempo che "il Sole impiega per passare nello stesso nodo
dell'orbita lunare". I nodi venivano anticamente chiamati testa e coda del dragone.
Le eclissi vennero spesso associate a momenti pericolosi.
Gli scienziati moderni, non nascondono la loro ammirazione quando considerano l'esattezza quasi assoluta della misura del tempo presso gli Aztechi, e sarebbero assai curiosi di conoscere i mezzi impiegati per ottenerli. I calcoli aztechi sono esatti e non differiscono che di qualche minuto per anno dai risultati delle operazioni effettuate dalle macchine elettroniche .Gli Aztechi sapevano così perfettamente quali operazioni andavano effettuate perché il loro anno di 365 giorni si allineasse precisamente alla misura del tempo impiegato dalla terra per girare attorno al sole.
Essi attribuivano all'anno reale una durata di 365,2420 giorni, con una differenza dunque di 2/10.000 rispetto ai calcoli recenti dei nostri astronomi. Se conosciamo e siamo in grado di apprezzare la sorprendente esattezza dei calcoli aztechi, per contro, nulla ci permette di immaginare attraverso quali mezzi siano pervenuti a risultati così notevoli.
I
grandi sacerdoti trascorrevano gran parte della loro vita a scrutare il cielo.
Quali strumenti adoperassero resta un mistero. Questi sacerdoti astronomi conoscevano assai
bene i movimenti delle stelle principali e, naturalmente, del Sole e della Luna.
Formulavano previsioni di eclissi solari o lunari di assoluta esattezza. Conoscevano i
solstizi e gli equinozi, tanto è vero che le più importanti date dell'anno Inca
coincidono proprio con queste epoche: la festa dell'Inti Raymi (
del Sole) cadeva al solstizio invernale, in giugno (le stagioni sono invertite
nell'emisfero meridionale); la festa dell'Uma Raymi all'equinozio
di settembre; la festa del Capac Inti Raymi nel solstizio di
dicembre; la festa dell'Inca Raymi all'equinozio di marzo.
Molto importanti per gli Incas erano anche altri momenti dell'anno: per esempio quello in
cui il Sole si trova allo zenit (il 30 ottobre ed il 13 febbraio) ed anche quello del
passaggio dell'astro al nadir (il 18 agosto), giorno in cui veniva celebrata la festa
della prima aratura e della preparazione dei campi per la semina del granoturco. L'inizio
dell'anno sembra invece legato al sorgere eliaco della costellazione delle Pleiadi.
DUE CALENDARI
Accanto all'anno di 365 giorni (XIUHPOHUALLI), gli Aztechi avevano un calendario di 260
giorni detto TONALPOHUALLI, che combinavano in una rotazione calendariale di 52
anni.
La scelta di questo intervallo di tempo probabilmente era calibrata sulla durata della
vita umana.
Il termine del ciclo di 52 anni era calcolato in base ad un fenomeno astronomico quale il
passaggio delle Pleiadi allo zenit ed era festeggiato con la cerimonia del Fuoco in cui si
distruggevano vasellami utensili per evidenziare che tutto veniva rinnovato.
L'anno di 365 giorni era formato da 18 mesi di 20 giorni ciascuno, più cinque
giorni "vuoti" chiamati nemontemi, posti alla fine
dell'anno. Ogni gruppo di 20 giorni aveva il suo nome di mese ed era collegato ad un
numero da 1 a 20 o da 0 a 19. I mesi erano consacrati a divinità religiose e richiamavano
fenomeni o feste agricole che dovevano essere celebrate a data fissa. Era detto calendario
simbolico, o più spesso chiamato "Pietra dei Cicli", inciso su due ruote a cremagliera in pietra una volta messo in moto sia quella contrassegnata
con 260 giorni e quella di 360 giorni, dovevano passare esattamente 52 anni di
365 giorni l'uno perché le due ruote ritornassero al punto di partenza.
L'anno di 260 giorni era formato da 13 mesi di 20 giorni.
La scelta di una base di 20 giorni non era legata alle fasi lunari ma dipendeva dal fatto
che il loro sistema di numerazione era a base venti come il numero di dita delle mani e
dei piedi di un uomo.
Quindi possiamo dire che il metodo di conteggio era di tipo corporeo.
Il ciclo di 260 giorni tipico anche dei Maya può avere tre spiegazioni. La prima è che
l'intervallo medio tra concepimento e nascita umana è di 266 giorni molto vicino a questo
valore.
Inoltre 263 giorno è il tempo in cui Venere resta visibile o come stella del mattino o
del tramonto e come ultima ipotesi si può parlare del periodo di tempo in cui il sole di
mezzogiorno transita a Nord della posizione zenitale, fenomeno astronomico che si
manifesta solo alle latitudini tropicali.
La famosa Pietra del Sole azteca non
rappresenta il calendario, ma è un simbolo che celebra gli eventi di tutte le creazioni
includendo le partizioni temporali.
LA COSMOLOGIA per i Maya e gli Incas
Le antiche popolazioni andine dividevano il mondo in tre livelli: quello superiore abitato dagli Dei, il livello terrestre, sede degli umani, ed il livello inferiore ove sta il regno dei morti.
I Maya ponevano la Terra al centro del cosmo; essa era divisa in quattro parti secondo le direzioni cardinali, ognuna delle quali aveva un colore caratteristico: rosso per l'est, giallo per il sud, nero per l'ovest e bianco per il nord. Per loro la Terra era una superficie piatta, quadrata, il cui asse principale era il percorso del Sole. I punti cardinali con cui si orientavano erano in tutto sette: nord, sud, est, ovest, il punto in cui si trova l'osservatore, il suo zenit ed il suo nadir.
La volta celeste era formata da 13 strati o cieli, ognuno dei quali era abitato da
un Dio. Nel primo livello si trovava la Terra; nel secondo le nubi e la Luna; nel terzo le
stelle fisse; nel quarto si muoveva il Sole e nel quinto c'era Venere. Salendo ancora si
trovavano le comete, i venti e le tempeste, la polvere, fino ad arrivare all'ultimo cielo
in cui abitava il creatore dello spazio, del tempo e degli Dei stessi.
Sotto la Terra c'era invece il regno degli inferi, anch'esso diviso in livelli ciascuno
abitato da un Dio della notte; il primo era anche in questo caso il livello della Terra.
Credevano che gli astri, dopo essere spariti all'orizzonte, attraversassero questo regno
sotto forma di scheletri ed era necessario offrire agli Dei degli inferi dei sacrifici di
sangue per permettere agli astri, primo tra tutti il Sole, di tornare a sorgere sulla
Terra.
Nonostante non avessero la scrittura, ci è arrivata anche la cosmologia Incas,
trasmessa dagli scritti dei conquistadores spagnoli. La loro visione del mondo era molto
più semplice di quella Maya: mettevano al centro del mondo la loro capitale Cuzco.
La Terra era piatta e divisa in quattro parti, ciascuna delle quali aveva come centro
Cuzco. Inoltre dalla capitale si irradiava un complesso sistema di Ceques:
erano fondamentalmente delle direzioni particolari legate all'astronomia; una di queste
era infatti quella che indicava il punto in cui sorgeva eliacamente la costellazione delle
Pleiadi, un'altra indicava il sorgere del Sole nel giorno in cui l'astro sarebbe passato
allo zenit, e così via. Queste direzioni erano individuate da palazzi, templi, pietre,
etc..., messi in modo tale da creare una linea continua che partendo da Cuzco arrivava
fino all'orizzonte ed oltre.
In alto nel cielo si trovavano il Sole, la Luna e Venere, gli astri fondamentali nella
vita degli Incas; la Via Lattea con le sue costellazioni circondava il tutto.
Angela Fumarola