LAVORAZIONE di SPECCHI
( Breve cenno )
Per tutti coloro che non hanno ancora una idea chiara di come si possa fare uno specchio parabolico (obiettivo di telescopio) o di altra forma (sferico, ellittico, iperbolico), e per tutti coloro che magari pensano e credono che questa sia una cosa molto difficile, desidero fare qui un breve cenno di quella che é la tecnica, rimandando per maggiori dettagli alla bibliografía sull’argomento.
Bisogna anzitutto dire che non é una cosa difficile: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, é molto piú facile che costruire la parte meccanica di un telescopio, dato che quest’ultima si compone di molte parti che devono essere lavorate con precisione ed assemblate con altrettanta precisione.
Nel caso dello specchio, invece, si tratta di un pezzo solo, la cui precisione puó essere portata senza difficoltá a misure dell’ordine del trentamilesimo di millimetro o anche piú.
Si parte da due dischi di vetro, possibilmente uguali, uno dei quali serve come utensile, mentre l'altro diventerá lo specchio. Le caratteristiche che dovrebbe avere questo vetro sono le seguenti:
basso coefficiente di dilatazione ( Pyrex, Duran 50, Cervit, Zerodur ...) perché lo specchio non si deformi al variare la temperatura;
assenza di tensioni, dato che queste tendono a liberarsi da sole con il tempo, e finirebbero per deformare lo specchio, o addirittura spaccarlo.
Non
é necesario che sia un vetro ottico come quello che si usa per le lenti, dato
che la luce si riflette sullo specchio senza attraversare il vetro, cosí che indici
di rifrazione e di dispersione non hanno importanza.
Le fasi della lavorazione sono tre:
Prima fase: sbozzatura
La prima fase della lavorazione é detta "di sbozzatura". Uno dei dischi viene poggiato su un supporto ben stabile, e fissato con tre tacchetti, senza fare eccessiva pressione, in modo che possa stare ben fermo, ma possa essere libero di ruotare. Su questo disco viene depositato un po’ di abrasivo piuttosto grosso (carborundum o altro, n.60 o 80 per cominciare) che viene bagnato in maniera da formare una sorta di crema.
Muovendo il disco superiore avanti e indietro su quello inferiore, con un movimento regolarmente irregolare, e facendolo girare in pari tempo rispetto a quello inferiore, il primo si consuma prevalentemente nella zona centrale, diventando concavo, mentre l'altro si consuma nei bordi, diventando convesso. Questo succede automaticamente, che si voglia o no, al tal punto che, invertendo la posizione dei due dischi, si puó ¨tornare indietro" - se necessario - diminuendo la curvatura cosí raggiunta.
L’abrasivo piú grosso serve per ottenere la concavitá voluta; i successivi
aumentano la curvatura di poco, e servono soprattutto per rendere la smerigliatura sempre piú fina.
La fase di sbozzatura puó durare alcune ore, soprattutto in relazione al diametro dello
specchio.
Seconda
fase: Lucidatura
La successiva fase, detta di lucidatura, si ottiene con una tecnica leggermente
diversa:
sul disco inferiore si deposita della pece quasi liquida, sulla quale viene poi
poggiato quello che diventerá lo specchio, giá concavo e finemente
smerigliato, cosí che la pece diventa convessa. Prima di fare questo é pero necessario fare dei solchi nella pece, che assume l’aspetto di una tavoletta di cioccolato,
curando che nessun solco e nessun quadrato coincidano con il centro. Questo al fine di evitare errori periodici zonali.
Raffreddatasi la pece,
si spalma su di essa con un pennello dell’ossido diluito in acqua, e si poggia sulla pece lo specchio in costruzione. I granelli di ossido
- 200 volte piú piccoli di un globulo rosso - sprofondano allora nella pece, ma non del tutto. Muovendo lo specchio
avanti e indietro su tale supporto, i granelli di ossido provocano sul vetro innumerevoli tagli, asportando strati di
molecole ed eliminando ogni irregolaritá della superficie: i rilievi vengono cosí spianati, le concavitá riempite con vetro praticamente fuso (a livello molecolare). In
questo modo, dopo qualche ora, si ottiene la "lucidatura".
Questa fase dovrá comunque continuare fino
alla sparizione di tutti i pozzetti, anche i piú piccoli. Puó essere utile, a
tal fine, controllare
con un microscopio la superficie
dello specchio, cosa che costituisce una interessante esperienza. L'ossido di
cerio, color crema, é piú energico, e consuma il vetro piú rapidamente.
L'ossido di ferro, invece, color rosso, é piú lento, ma permette un maggiore
controllo ed una maggiore precisione.
Nelle due prime fasi lo specchio assume una forma che dovrebbe essere "sferica" (di calotta sferica).
Prima di passare alla fase successiva, sará comunque opportuno assicurarsi che
la curvatura cosí raggiunta sia realmente sferica, vale a dire che non abbia né irregolaritá (difetti) né forma diversa dalla calotta sferica. Particolarmente
importante assicurarsi che non soffra di astigmatismo.
Terza fase: Deformazione
Per
concludere, si
passa infine alla fase di "deformazione", con una tecnica del tutto simile a quella usata per la lucidatura, ma con movimenti
leggermente diversi.
Questa consiste nel trasformare la curvatura sferica in una ellittica,
parabolica o iperbolica, a seconda del risultato che si vuole ottenere. La piú
comune é la parabolizzazione, che si puó controllare con vari metodi (Ronchi,
Foucault, etc.), e viene protratta fino al raggiungimento della precisione
voluta.
Il tempo necessario per questa operazione puó variare da pochi minuti ( con una
buona pece e un po' di esperienza) a decine di ore (come é successo a me,
quando feci il mio primo specchio, che per ¨troppa grazia¨ diventó iperbolico,
e ancora non sapevo come tornare dall'iperbole alla parabola!).
Questa, a grandi linee, la maniera di costruire in casa uno specchio parabolico.
E’ una soddisfazione particolarmente grande poter levigare e figurare uno specchio, e constatare che é capace di concentrare in un circoletto di due o tre micron di diámetro un fascio di luce del diámetro di 15-30 cm. o
anche piú, e ha spesso una qualitá e una precisione maggiori di
quella degli strumenti dell'industria.
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