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Danilo DOLCI |
"La mia verità non può essere completa
senza quella del mio antagonista"
"Vivi in modo che in qualsiasi momento muori o t'ammazzano, muori contento" |
Sesana (TS) 1924 - Partinico 30 dicembre 1997 |
Di educazione cattolica (la madre Meli Kontely, era del terzo ordine dei
Francescani di Chiavari) Danilo Dolci compie i primi studi in Lombardia. Le sue letture spaziano dai Dialoghi di Platone ai
grandi poeti del Romanticismo tedesco, ai classici del pensiero orientale. Nel 1943 rifiuta di vestire la divisa repubblichina ed e' arrestato a Genova: riesce a fuggire riparando in Abruzzo. Al termine del conflitto, e' di nuovo a Milano, dove si iscrive |
Ti aspettavamo al tuo posto: e all'estremo momento non c'eri. Quando insieme si tenta di alzare una trave pesante pericoloso e' fingere di forzare con gli altri: o ti impegni con tutti come puoi o avvisi chiaramente - e te ne vai. |
alla facoltà di Architettura e conosce, tra gli altri, Bruno
Zevi. Per guadagnare qualcosa, insegna presso una
scuola serale a Sesto San Giovanni: tra gli operai che siedono dietro i banchi c'e' anche Franco Alasia, col quale inizia un importante e fecondo
rapporto di amicizia e collaborazione.
E' del 1950 una scelta fondamentale per tutto il suo percorso successivo: a un passo dal completamento degli studi, lascia l'Università' e va a vivere
per quasi tre anni a Nomadelfia, la comunità di accoglienza per bambini sbandati dalla guerra, sorta nell'ex campo di concentramento nazifascista di Fossoli (Modena) per
volontà di don Zeno Saltini, che considera il giovane Danilo il suo braccio
destro.
Due anni dopo, Dolci si trasferisce in Sicilia, nel piccolo borgo marinaro di Trappeto (dove era
già stato tra il '40 e il '41, per circa un mese, al
seguito del padre ferroviere), povero tra i poveri in una delle terre più misere e dimenticate del Meridione. Comincia,
così, a essere tracciata una
delle pagine più limpide e intense della difficile rinascita civile e democratica dell'Italia dalle macerie morali e materiali del fascismo e
della seconda guerra mondiale. Dolci stesso parlerà di "continuazione
della Resistenza, senza sparare".
Il 14 ottobre 1952, sul letto di un bambino morto di fame, Danilo Dolci da' inizio al primo di numerosi digiuni, che daranno grande
popolarità alle sue battaglie per il lavoro, per il pane, per la democrazia. La protesta viene
interrotta solo quando le autorità assumono precisi impegni in favore delle poverissime popolazioni siciliane. Tra i primi a cogliere appieno il valore
di un gesto insolito per il nostro Paese e' Aldo Capitini, con il quale si
stabilisce un dialogo fitto, intenso, durato fino alla scomparsa del filosofo perugino.
Il 10 dicembre dello stesso anno, Danilo Dolci diffonde una lunga dichiarazione, invitando tutti a sottoscriverla: "Sento ora necessario
dichiarare", si legge nel volantino, "che se sarò chiamato per
uccidere o collaborare anche indirettamente alla guerra mi rifiuterò: non voglio
essere assassino". E' probabilmente la prima volta che in Italia viene apertamente pubblicizzata l'obiezione di coscienza.
Le condizioni di vita per centinaia di famiglie sono disperate. Il titolo di uno dei primi libri di Dolci e' esplicito:
Fare presto (e bene)
perché si muore. Per far fronte ai casi di povertà più estrema, viene costruita una casa-asilo per bambini. L'esperienza si conclude dopo alcuni
mesi con un'operazione di polizia, che pone i sigilli alla struttura e strappa i bambini agli educatori per trasferirli in istituti pubblici.
Nel gennaio del '56, a poche settimane dalla pubblicazione di Banditi a
Partinico, oltre mille persone danno vita a un imponente sciopero della
fame, volto a denunciare il diffuso e tollerato fenomeno della pesca di frodo, che priva i pescatori di ogni mezzo di sussistenza. Sempre del 1956
e' lo sciopero alla rovescia, con centinaia di disoccupati impegnati a riattivare una strada comunale resa intransitabile dall'incuria delle
amministrazioni locali. La reazione dello Stato e', ancora una volta, repressiva: una carica delle forze dell'ordine disperde i manifestanti,
mentre gli organizzatori vengono arrestati e tradotti all'Ucciardone.
Dolci - difeso da Piero Calamandrei - viene scarcerato al termine di uno
storico processo, al quale depongono come testimoni per la difesa Carlo Levi e Elio Vittorini (1).
Danilo Dolci e' tutt'altro che isolato: nel corso degli anni si e' progressivamente consolidato il sostegno nazionale e internazionale intorno
alla sua opera. Tra i tanti che in vario modo aderiscono alle sue battaglie
Norberto Bobbio e Ignazio Silone, Cesare Zavattini e Alberto Moravia, Enzo Sellerio e Lucio Lombardo Radice, Erich Fromm e Bertrand Russell, Jean
Piaget e Aldous Huxley, Jean-Paul Sartre e Ernst Bloch. In Italia, Svizzera, Germania, Svezia, Gran Bretagna, Olanda, Norvegia, Francia si costituiscono
numerosi gruppi di sostenitori. Centinaia di giovani si trasferiscono in Sicilia da tutto il mondo per contribuire a un'imponente opera di riscatto
civile, democratico, economico.
Nel 1958, gli viene attribuito il Premio Lenin per la Pace. Dolci, pur accettandolo, rilascia una lunga dichiarazione: "Non sono comunista, non ho
ancora visto un metro quadrato delle Repubbliche Sovietiche. Accetto il Premio e ringrazio profondamente;
andrò a Mosca, se mi danno il passaporto, per riceverlo. Qualcuno dice: 'Ecco l'utile idiota di
turno'; si e' premuto affinché rifiutassi. Mi si chiede, implicitamente o esplicitamente, da una
parte e dall'altra, una chiarificazione. (...) Si e' voluto, se non erro, porre in rilievo due fatti che vanno ben oltre la mia persona ed il nostro
gruppo: la validità delle vie rivoluzionarie nonviolente, accanto alle altre forme di azione e di lotta, nell'affrontare la complessa
realtà; la
continua necessità di un'azione scientifica ed aperta, maieutica direi, dal basso" (2). Nel maggio successivo, con i soldi del Premio, si costituisce
il Centro Studi e Iniziative per la Piena Occupazione, con sedi in diversi Comuni dell'Isola, che
diventerà rapidamente uno straordinario strumento al servizio dello sviluppo di tutta la Sicilia occidentale.
Dolci non si atteggia a detentore di verità, non e' un guru venuto a dispensare ricette, a insegnare come e cosa pensare. E' convinto che le
forze necessarie al cambiamento si possano trovare nelle persone più avvertite del luogo; che non possa esistere alcun riscatto che prescinda da
una presa di coscienza dei diretti interessati. Sa quanto sia essenziale, per la riuscita di un'impresa, che ciascuno la senta propria: i progetti
migliori, sulla carta più efficaci, falliscono se, calati dall'alto, sono
avvertiti estranei, ostili. Per questo il lavoro di autoanalisi popolare, il
metodo maieutico (3), non costituiscono un dettaglio o, peggio, una scelta eccentrica: sono necessari alla riuscita di un programma veramente
rivoluzionario e nonviolento. "Un cambiamento", sostiene Dolci,
"non avviene senza forze nuove, ma queste non nascono e non crescono se la gente non si
sveglia a riconoscere i propri interessi e i propri bisogni" (4).
Proprio sviluppando l'intuizione di un contadino, nel corso delle riunioni dedicate ad analizzare l'arretratezza economica della regione e
all'individuazione di possibili soluzioni, prende corpo il progetto per la
diga sul fiume Jato. Tecnici esperti, consultati, confermano che l'idea di
edificare un grande bacile per raccogliere la copiosa pioggia invernale e
utilizzarla nei mesi estivi e' tutt'altro che insensata. La realizzazione richiederà
quasi dieci anni di lotte e mobilitazioni popolari. Questa diga,
che ha sottratto alla mafia il monopolio delle scarse riserve idriche
precedentemente disponibili, ha rivoluzionato la vita di migliaia e migliaia
di cittadini, consentendo nella zona la nascita di numerose cooperative e una crescita economica assolutamente impensabile prima.
A Franco Marcoaldi che gli chiede se si ritenga un utopista, Dolci risponde:
"Sono uno che cerca di tradurre l'utopia in progetto. Non mi domando se e'
facile o difficile, ma se e' necessario o no. E quando una cosa e'
necessaria, magari occorreranno molta fatica e molto tempo, ma sarà
realizzata." (5).
Sin dal suo arrivo in Sicilia, Dolci individua nella criminalità
organizzata un forte ostacolo allo sviluppo. Grazie a un lavoro attento,
continuo, capillare, cresce anno dopo anno un solidissimo fronte antimafia (e questo, mentre per tanti rappresentanti dello Stato la mafia neppure
esiste). Nel 1965, nel corso di un'affollata conferenza stampa successiva a
una lunga audizione della Commissione parlamentare antimafia, Dolci denuncia
pubblicamente per collusione con la criminalità organizzata l'allora
potentissimo ministro Bernardo Mattarella, il sottosegretario Calogero Volpe
e numerosi notabili siciliani: oltre cento persone - e molti, tra loro,
contadini - accettano di sottoscrivere, esponendosi direttamente, testimonianze circostanziate. La storia non e' fatta di ipotesi; pure sono
evidenti le responsabilità di una classe politica e anche di larghi settori
della magistratura che, invece di sostenere un movimento che avrebbe potuto
anticipare di alcuni decenni l'inizio di una piu' incisiva lotta alla mafia,
si adoperarono per isolare e spegnere il fenomeno, fino all'incredibile
condanna a due anni e mezzo di reclusione inflitta a Danilo Dolci e Franco Alasia per il reato di diffamazione (6).
Il 15 gennaio 1968 e' una data drammatica: un violentissimo terremoto sconvolge la Valle del Belice: il Centro sospende temporaneamente ogni altra
attività per contribuire alle opere di soccorso delle popolazioni colpite.
Risultano tragicamente evidenti i ritardi, l'improvvisazione e le omissioni
degli interventi ufficiali. Il 15 settembre dello stesso anno, viene reso
pubblico un accurato piano di sviluppo per le zone terremotate, frutto del lavoro di decine di esperti. Per sostenere il progetto di
Citta'-territorio
e denunciare la lentezza dell'opera degli organi dello Stato, si avviano cinquanta giorni di pressione. Il plastico del piano, le cartine, la
documentazione raccolta sono presentati nei Comuni colpiti dal sisma e
discussi con i cittadini.
Il 25 marzo 1970 la prima emittente privata "illegale", Radio Libera
Partinico, lancia un appello disperato: la gente vive ancora nelle baracche,
neppure un edificio e' stato ricostruito, "la Sicilia muore". Si
ripropone
un copione già noto: le forze di polizia fanno irruzione nei locali del
Centro, interrompono le trasmissioni, arrestano i responsabili. Da tutto il
mondo arrivano centinaia di messaggi di solidarietà e di adesione
all'appello di Dolci.
Nel 1968 l'Università' di Berna gli conferisce la laurea honoris causa in Pedagogia.
Nel 1970 ottiene il Premio Socrate di Stoccolma "per l'attività' in favore
della pace e per i contributi di portata mondiale nel settore dell'educazione". L'anno successivo l'Università' di Copenaghen gli assegna
il Premio Sonning "per il suo contributo alla civilizzazione europea".
A partire dal 1970 le maggiori opere poetiche di Dolci: Il limone lunare (1970),
Non sentite l'odore del fumo? (1971), Poema umano (1974), Il
Dio delle zecche (1976), Creatura di creature (1979), Se gli occhi fioriscono
(1997).
Un mese di pressione antifascista promosso dal Centro Studi, attraverso iniziative realizzate in ogni parte d'Italia, si conclude con una delle
più
imponenti manifestazioni pubbliche del dopoguerra: oltre trecentomila persone giungono a Roma il 28 novembre 1971.
Negli anni Settanta il nuovo Centro educativo di Mirto viene inaugurato nel gennaio del 1975 e
può contare su un gruppo costituito tra l'altro da Paulo Freire, Johan Galtung, Ernesto Treccani, Paolo Sylos
Labini, Gianni Rodari Gastone Canziani,
Mario Lodi e Aldo Visalberghi.
A partire dal 1982, la Boston University Library comincia a raccogliere in modo
sistematico documentazione riguardante Danilo Dolci e Martin Luther King. In India, nel 1989,
gli viene attribuito il Premio Gandhi.
Nel 1988, dopo anni di ricerche condotte con centinaia di collaboratori, esce la Bozza di manifesto "Dal trasmettere al comunicare"
che denuncia i danni derivanti in ogni ambito da rapporti continuativamente unidirezionali,
trasmissivi, violenti, e si
propone l'alternativa della comunicazione, della maieutica reciproca, della nonviolenza;
bisogna distinguere tra potere e dominio, tra interazioni creative
e "comunicazione di massa" (che, come dimostra Dolci, "non esiste");
Il 30 dicembre 1997 Dolci si spegne, stroncato da un infarto: tra Partinico e
Trappeto.
*
Note
1. La documentazione relativa al processo e' raccolta in aa. vv., Processo all'articolo
4, To:Einaudi, 1956.
2. Dal testo integrale della dichiarazione rilasciata il 16 gennaio 1958, in
seguito alla comunicazione ufficiale dell'assegnazione del Premio Lenin per la Pace, conservata presso l'archivio del Centro per lo sviluppo creativo
"Danilo Dolci" a Partinico.
3. Diversi libri documentano le riunioni promosse e coordinate da Dolci con contadini, pescatori, bambini. Si vedano, ad esempio,
Inchiesta a Palermo (1956), Spreco (1960), Conversazioni (1962).
4. Si veda l'intervista rilasciata a Massimiliano Tarozzi per la rivista bimestrale dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai "DuemilaUno",
n. 49,
marzo-aprile 1995.
5. Da "la Repubblica", 19 luglio 1996.
6. Mite e sorridente, come sempre, Danilo talvolta ricordava il numero dei processi subiti nel corso della sua vita:
ventisei.
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FONTI
Traggo note biografiche anche da Giuseppe Barone ([email protected]), La forza della nonviolenza, NA:Libreria Dante & Descartes, 2000
opere di Dolci:
Giacinto Spagnoletti, Conversazioni con Danilo Dolci, MI:Mondadori, 1977.
Spreco, Chi gioca solo, TO:Einaudi, 1966
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