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Giovani GENTILE Castelvetrano TP 1875 - Firenze aprile 1944 |
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Biografia
Dal 1922 ministro della Pubblica Istruzione chiamatovi espressamente da Mussolini dopo la marcia su Roma, diviene il teorico del fascismo.
note metafisiche (elaborazione da DEBARTOLOMEO-MAGNI 1998) Nell'Attualismo di G. l'intera realtà viene ricondotta all'unità dei pensiero, anzi all'atto del pensiero pensante, alla sua infinita produttività: “L’oggetto si risolve nel soggetto" e niente ha valore di spirito, se non viene risolto nel soggetto che lo pensa. Gentile vuole operare una riforma della dialettica hegeliana affermando il primato della soggettività trascendentale del pensiero, intesa come attività creatrice, come un conoscere e un fare strettamente intrecciati fra loro. Afferma il primato dell'atto in atto, del pensiero pensante su pensiero pensato (come in Fichte). Gentile non accetta l'idea di considerare la vita dello spirito (la logica, la natura, lo spirito, ecc.) come fasi dotate di una pur relativa autonomia, cioè come “dati del pensiero": questi momenti ci sono solo come espressione diretta dell'attività del pensiero che li pensa e così li pone |
G. fascista integrale?
COLI 2004 presenta una specie di "autobiografia" gentiliana che sposa interamente la visione di destra, secondo la quale teoria dell'atto puro e "fatto" fascista (cioè olio di ricino, manganello e guerra) coincidono. Secondo Bruno Gravagnuolo (Unità 18 aprile 2004) "In realtà l'atto puro risale anche al pensiero di pensiero aristotelico, all'essere metafisico e poi all'attimalità della coscienza che trasforma e possiede il mondo, scongelandolo in quanto separato. E solo in questo vacuum, in questa sospensione attivistica, si piega a coincidere con la mera empiria, poi con l'esaltazione della realtà politica vincente. Applicato ai fatti dello spirito il gentilianesimo può essere una critica prassistica dell'ideologia. Come in un certo Gramsci. Ma come teoria della Volontà integrale che annienta tutti i limiti del mondo esterno, diventa totalitarismo attivistico. Ovvero, fascismo. Quel fascismo nel quale Gentile vide la modernità italiana, nazionale e partecipata delle masse". |
Fonti
DEBARTOLOMEO-MAGNI 1998 De Bartolomeo-Magni, Filosofia, tomo 0, BG:Atlas, 1998
COLI 2004 Daniela Coli, Giovani Gentile, BO:Mulino, 2004
SASSO 1995 Gennaro Sasso, G. e il nazionalsocialismo. Appunti e documenti, in "La Cultrua" 1995, gen-apr, 5 sgg.
Linkografia
www.oneonline.it/users/dromano/appunti/paris9.htm neoidealismo di Croce e Gentile
www.homolaicus.com/teorici/croce/croce.htm Croce e Gentile nel contesto della filosofia italiana
http://filo3000.it Davide Fasolo lo inserisce tra i "filosofi morti per le proprie idee". Ritengo che siano state le sue scelte politiche (adesione alla repubblica fascista del 1943, creata sulle baionette naziste) a portarlo alla morte. Tre giorni dopo la strage compiuta dai fascisti a Ferrara G. ebbe un lungo colloquio con Mussolini, il 17 novembre 1943, e si decise ad appoggiare in pieno la "Repubblica Sociale Italiana", nata per volere di Hitler. Questa scelta veniva a G. "dalla sua coscienza che gli diceva che doveva comportarsi coerentemente a quanto aveva predicato per tutta la vita" (v. Renzo De Felice, Mussolini l'alleato, II la guerra civile, TO:Einaudi, 1997,484).
Nel 1925 in un opuscolo del letterato Adriano Tilgher (Lo spaccio del bestione trionfante, TO:Gobetti, 1925,85) compare una lettera satirica in cui si rappresenta Gentile impegnato in una difesa "ideologica" di Amerigo Dumini, l'assassino - su commissione di Mussolini - del deputato socialista Giacomo Matteotti: "la forza usata da Dumini e compagni si rivolgeva ... alla volontà dell'on. Matteotti ed era perciò forza morale in nulla dissimile da quella che si esercita facendo una predica. ... Usando il pugnale Dumini e compagni usavano dunque un argomento filosoficamente lecito di polemica. Se il Governo nazionale incarna oggi lo Stato italiano, se lo Stato è moralità, moralissima fu la violenza diretta a togliere di mezzo che ponendosi contro il Governo nazionale si poneva contro lo stato, e quindi contro la moralità. ... Se l'on. Matteotti non voleva morire, non aveva che a consentire, cioè a cedere, Consentire non volle. Morì. Sua colpa e suo danno. Al lume della mia filosofia l'innocenza di Amerigo Dumini e compagni luminosamente rifulge". Si fingeva che la lettera fosse indirizzata al tribunale di Roma in riferimento che in quel momento stava processando gli assassini. In realtà lo spirito della lettera era talmente aderente alla mentalità fascista, che essa fu pubblicata come autentica sul settimanale fascista senese "Rinascita" del 17 novembre 1944. Per correttezza bisogna dire che all'epoca del delitto Matteotti Gentile si dimise da ministro della Pubblica Istruzione, per alleggerire la pressione dell'opinione pubblica sul governo di Mussolini. Contemporaneamente però usciva il suo "Il fascismo al governo della scuola" (PA:1924,316) nel quale si recita "Ogni forza è forza morale, perché si rivolge sempre alla volontà, e qualunque sia l'argomento adoperato - dalla predica al manganello - no è materia di discussione arbitraria
Rimane comunque il filosofo che - insieme a Croce e a Gramsci - caratterizza l'intellettualità italiana del primo novecento.