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Martin Heidegger

Messkirch (Baden) 1889 - 1976

"Il linguaggio è la casa dell'essere

 

("Le sue metafore possono essere usate in tutta coscienza. E' invece considerato poco elegante tentare di chiarirle" dice VERCELLESE (1994,234) il quale divide i filosofi in due specie: i creatori di argomenti e i creatori di metafore: H. in quest'ultimo campo è secondo solo a Wittgenstein.

Martin Heidegger

Solo l'uomo è unità di coscienza che vive in una situazione e che si pone il problema dell'essere, è cioè un esser-ci (Dasein), aperto al mondo esterno ed interno. E' dunque un essere-nel-mondo. Tale essere è caratterizzato dall'esistere, cioè dall'essere-per-la-morte, essere autentico se sceglie di esistere in tale dimensione, l'uomo si annulla e si oggettivizza invece nell'ente, cioè in realtà estraniate in cui di volta in volta si trova a vivere, se si allontana dalla coscienza dell'essere-per-la-morte.

Tutta la storia della metafisica come ricerca dell’essere oggettivo (IDEA platonica, energheia per Aristotele, ens creatum per Tommaso, poi res cogitans, poi monade, poi spirito, poi volontà di potenza) si è risolta nella tecnica. All'uomo non rimane - se sceglie di non identificarsi con la tecnica - che il pensiero non violato dalla tecnica, vale a dire la poesia. La filosofia autentica è poesia, parola che si sottrae all'oggettività. Egli non accetta l'analisi del linguaggio portata avanti contemporaneamente a lui dai neopositivisti, ritenendo  che questi ultimi riducano la parola solo al suo valore pratico-utilitaristico. Un filone che parte da Heidegger e giunge fino a noi è quello di Gadamer e di altri (Paul Ricoeur), che sviluppano la filosofia come interpretazione del linguaggio (pre-testo, testo, con-testo).

Critica della metafisica occidentale e nuova ricerca del senso dell'essere

 (da DEBARTOLOMEO-MAGNI 1998)

R riprende il programma husserliano di ridare senso e valore ai saperi rompendo l’ “oggettivismo" della scienza e dell'ideologia positivistica. Ma non riconduce i saperi all'assoluta soggettività della coscienza. Le scienze si pongono la questione di questa o quella "regione" dell'essere. La filosofia dell'esistenza s'interroga invece sull'essere in generale: è "ontologia". Soprattutto, essa si interroga sul senso dell'essere per quel particolare "ente che proprio noi, gli interroganti, siamo sempre", per l'Esser-ci.  

Il linguaggio di H. e il nazismo

"La vostra esistenza si regoli non sulla base delle idee o delle  teorie intellettuali! Il Führer stesso, e lui soltanto, è la realtà tedesca d'oggi e di domani, e la sua legge"

(Discorso di  Rettorato, Univ. di Friburgo, 1933)

La razionalità occidentale, cioè la scienza e la tecnica,  ha costruito il dominio mondiale moderno. E’ una razionalità occupata a costruire un mondo fondato sul numero, l'organizzazione, la pianificazione, l'efficienza produttiva (pensiero calcolante), da parte di un soggetto (l’uomo) che manipola le cose e che domina e sfrutta la Terra.

In ogni metafisica, una civiltà o una società delinea una specie di “pre-comprensione", di visione del mondo collettiva, vincolante, nella quale una civiltà o una società si riconosce e nella quale situa e interpreta quello che avviene, tutto ciò che accade - o può accadere - nel mondo.

Per Heidegger , come per Nietzsche, la razionalità occidentale è frutto della filosofia di Socrate e soprattutto della metafisica di Platone: fino a lui (p.es. con i presocratici Parmenide Empedocle) si era considerata la verità come disvelamento dell'essente stesso, quasi un'autorivelazione dell'essere, ora, con la dottrina delle Idee, che è una dottrina della "visione", l'uomo è colui che vede e l'idea è il veduto: la verità non è più un disvelamento dell'essente, ma è l'esattezza dello sguardo, cioè un modo d'essere dell'uomo nei confronti dell’essente. E’ una visione sbagliata, che porta l’uomo a vedersi come centro del mondo, anzi riduce il mondo a tale immagine. Al fondo di questa concezione sta il difetto originario della metafisica, che ha scambiato l'essere con l'ente. Ha cioè ridotto l'essere agli enti, alle "cose". Più che una metafisica, è stata ed è una fisica, che ha concepito l'essere come pura “presenza".

In questo spostamento d'asse sta l'origine della malattia della metafisica. In età moderna questa impostazione platonica diverrà, da Cartesio in poi, centralità del soggetto conoscente, darà luogo alla razionalità della scienza e della tecnica. In questa storia ad essere dimenticati, occultati, sono stati proprio l'essere e la sua verità come disvelamento. Tutto il periodo della metafisica è il lungo periodo dell'oblio dell'essere.

 Ecco perché risulta fondamentale tornare a porsi il problema dell'essere e del senso dell'essere, che è poi il problema del senso e della attuale mancanza di senso della realtà umana. Cercare il 'senso dell'essere" significa aprirsi di nuovo all'essere, alla ricerca dei "senso dell'essere", disporsi all'ascolto dell'essere.

Bisogna dare spazio a un pensiero rammemorante, non razionale, un pensiero disposto a cercare, ad aprirsi alla verità, nel linguaggio e nella poesia. Heidegger affida a un linguaggio fortemente metaforico e innovativo il compito di vincere le difficoltà, di oltrepassare la metafisica e di rintracciare l'essere. La verità, come nella radura di un bosco, mostra l'apertura alla luminosità, al chiarore crescente della luce, ma anche convive e si alterna con l'oscurità.

Per Heidegger la conoscenza è interpretazione: rapporto del soggetto intenzionale, delle sue pre-nozioni, con la realtà  particolare. E’ un processo circolare soggetto-cose, in cui l’una si disvela all’altra (circolo ermeneutico). L’uomo attraverso l’ermeneutica si fa “custode dell’essere”, pensiero rammemorante, in particolare attraverso la poesia.

Per H. solo il linguaggio (in particolare quello poetico) è manifestazione della AUTENTICITA' dell'essere, che invece non si trova nella metafisica. La poesia, dando nome alle cose, le porta all'essere: l'accadere dell'essere è un accadere linguistico, l'essere è il darsi nel linguaggio. 

Strumenti tradizionali, quali la ragione, la scienza, la tecnica, allontanano dall'essere, che può venire in qualche modo "rintracciato" solo  nelle etimologie. Non è l'uomo che parla nel linguaggio, ma è il linguaggio che parla nell'uomo, il linguaggio "dispone" l'uomo, noi non parliamo ma "siamo parlati" dal linguaggio. L'uomo "pastore dell'essere" deve ascoltare l'essere che parla in lui.

Ferocemente attaccato dai filosofi del linguaggio (v. p. es. la critica di Carnap nel 1932)

Fonti

DEBARTOLOMEO-MAGNI 1998  De Bartolomeo-Magni, Filosofia, tomo 0, BG:Atlas, 1998

VERCELLESE 1994   Michele Vercellese, Cogito ergo sum. Breve storia della filosofia, MI:Garzanti, 1994 (un giro guidato nell'universo filosofico in 50 massime commentate)

Film

Secondo H. oggi solo il cinema ha le potenzialità per descrivere la sua epoca. 

Due film che partono dall'assunto heideggeriano: "l'obiettivo dell'arte è rispecchiare il modo di intendere l'esistente di una determinata epoca":

Ne Il cielo sopra Berlino  (Wim Wenders) l'angelo che si trasforma in esser umano rappresenta il superamento heideggeriano della metafisica e la visione del mondo contemporaneo come dominio della tecnica.

Multimedialità (vhs)

 

Linkografia

www.webcom.com trattazione di problematiche heideggeriane (tra cui l'ardito parallelismo H.- Jimi Hendrix).

 

 

 

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