Differenza di genere (filosofia della differenza) Spunti sulla filosofia delle donne e sulle donne e - oltre le donne - sulla differenza di genere. vedere il sito "Women in Philosophy" (16m records, 5m soggetti) suggerito da Manara in www.swif.it
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Rotari- fanciulla che pensa sec. XVIII |
[24.12.94] Hannah Arendt (v. completa biografia intellettuale di Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Angeli, 1994, pp. 433 - recensione Adriana Cavarero) oppone al maestro Heidegger l'unità dell'essere fondata sull'atto della NASCITA (per H. il primato dell'essere viene stabilito attraverso la categoria della morte): l'individuo è unicità singolare e rappresenta il primato dell'azione, che è l'essenza della politica, luogo dove "per l'atto stesso della nascita si ritrovano tutti gli esseri, e si riconoscono come unici, differenti." Il rule, il governo, è il limite posto da alcuni uomini all'agire di tutti gli altri uomini.
[18.7.96] Luce Irigaray dopo aver dedicato a Hegel "Amo a te", a Nietzsche "Amante marina", dedica "Oblio dell'aria" (Boringhieri, pp 164) a Heidegger, il quale non è stato in grado di scoprire l'autonomia dell'essere, perché si è fermato al mondo della parola (occidentale, nettamente staccata dalla poesia), mentre pre-requisito della parola è l'aria. La parola senza autonomia è grido, è tentativo di ritorno alla madre. (v. Lacan per l'importanza della spinta verso la madre). La parola autonoma, quella realmente comunicativa, è consentita dal respiro autonomo (per Buddha il respiro fa rinascere), cioè dal respiro voluto. La parola autonoma si muove tra due lingue (maschile e femminile): da tale scambio sorge una nuova lingua, diretta verso la natura, il proprio corpo, gli altri. La vita trova il proprio limite non nella morte, , ma prima della morte: nel rapporto con l'altro. Heidegger non arriva a questa dimensione (linguaggio duplice) ché é limitato al linguaggio maschile, cioè é chiuso nel linguaggio, casa che abita per sfuggire all'origine materna del suo io. Non a caso il modello heideggeriano di poesia (Rilke, Hoelderlin) è a senso unico, privilegia la drammaticità della vita, lo sconforto di nascita-morte-solitudine, perché manca dell'energia del DESIDERIO-A-DUE, della reciprocità dell'amore. L'oriente non divide logica e poesia [forse l'ascolto di H. verso il maestro giapponese andava in qs. senso]. "Non c'è necessità di separare filosofia e poesia: quando la filosofia non è più poesia no è più pensiero".
Christine de Pizan (1365-1430) usa la neonata Biblioteca Reale del Louvre per scrivere su commissione la biografia reale “Livre de Fais et Bonnes Moeurs du sage Roy Charles V”, ma soprattutto nella “Cité de Dames” (1401-2) ripercorre la storia dei personaggi femminili che hanno avuto forte individualità. Tra queste passa in rassegna molte vedove che assumono ruolo di lavoro del defunto. Eva viene vista in funzione paritaria rispetto al maschio (tr. It. Patrizia Caraffi, Luni, MI-TN:1997 pp. 526), esalta Semiramide che fonda Babilonia.
[11.12.96] Il pluri-indagato Berlusconi (visto i TV) ha il coraggio, la
convinzione profonda, di proclamare che necessita di revisione anche la prima
parte della Costituzione, dunque può
aspirare ad essere uno dei padre-rifondatore della Carta (di cui ieri moriva uno
dei padri, don Giuseppe Dossetti, fondatore dei Comitati per la Difesa della
Costituzione - penso nel '94 - ai quali aderisco). Uno dei principi è l'uguaglianza
dei diritti (art. 3) senza distinzione di sesso, razza, opinioni religiose,
politiche... ricordo al convegno insegnanti comunisti ('88 - Roma) la
foga con cui un partecipante sosteneva la difesa non l'uguaglianza dei
diritti, ma il diritto alla DIFFERENZA. Inquadro tale logica nella corrente Usa
della politically correctness, che ha portato in varie istituzioni alla
formalizzazione delle differenze, per cui p.e. deve essere garantito un "
posto di lesbica afro-caraibica" nei ruoli dell'università. Mi pare -
leggendo sul Diario (Suppl. Unità del 11-17 dic. 96) un articolo sul
multiculturalismo scritto da Anna Maria Guadagni - che siamo arrivati al
capolinea di tale diritto alle differenze. Da un punto di vista di convivenza,
di regole formali "uguali per
tutti", è necessario il positivo rilievo di tale diritto. Ma dal punto di
vista del RICONOSCIMENTO DI SE', l'individuo necessita di riconoscersi in un
altro, non di differenziarsi. Meglio, la DIFFERENZIAZIONE è successiva
all'identità che si trova solo nella ricerca di ciò ce unisce.
Secondo
il neurobiologo indiano 32enne Kenan MALIK (The
meaning of race. Race,
history and Culture in Western Society, London: McMillan, 1996) il razzismo (ma anche
la teoria delle differenze) mette in evidenza ciò che DIVIDE, piuttosto che ciò
che unisce. A.M. Guadagni oppone che l' illuminismo ha portato all'egualitarismo
che - tradotto storicamente - è risultato del tutto fallimentare nella
costruzione di ISTITUZIONI EGUALITARIE (v. crollo stati di "democrazia
popolare"). Per Malik "l'universalismo non esiste in astratto, ma nel
particolare. E il particolare ha senso solo nell'universale. Non c'è rispetto
dell'altro senza riconoscimento di ciò che si ha in comune. Senza eguaglianza
non c'è rispetto delle differenze. L'uguaglianza
comporta fiducia nella trasformazione sociale, nell' interattività
umana.
C'è chi spiega il fiorire di nazionalismi e integralismi
(dalla Bosnia a Colin Jordan irlandese idolatrato - pare anche da AN -, agli islamisti...) con la reazione al
"relativismo" che sta sotto il modello di vita occidentale: "se
tutto è relativo, meglio costruirsi un'identità forte".
Una via di soluzione l'ho trovata in
Stafano Velotti (Unità di oggi): su una mostra fotografica a Parigi sui
gemelli (double vie/ double vue).
Molti animali non si riconoscono allo specchio, solo alcuni primati agiscono
correttamente con la loro immagine riflessa. Dice René Zazzo: "Accade
spesso che gemelli monozigoti siano speculari, l'uno destrorso l'altro
sinistrorso (esattamente come le nostre due mani). Scrive una gemella (Laetitia
- figlia di antifascisti italiani - all'epoca alunna 18enne di Simone de
Beauvoir) che nell'85 invierà a Zazzo copia di una tesina scritta negli anni
'30: "Il suo (di mia sorella) corpo lo conosco bene, e il mio non lo
conoscerò mai (interamente) ... se non allo specchio: restano distinti
dall'impossibilità di coincidere nello stesso spazio" [come le mani
i]. Uguaglianza significa (in astratto) mancanza di differenze. Ma in astratto
significa "astraendo dallo spazio". Se stiamo nello spazio, abbiamo
sempre almeno la differenza spaziale. Con i monozigoti tutto coincide, ma non
coincidono i corpi, e non
coincidono le menti. P.e. nella coppia di monozigoti il linguaggio tende alla
criptofasia, lingua in cui l'accidente è la parola, l'essenziale è il
silenzio. E la dimensione dei gemelli è la coppia, perchè da lì, dal
riconoscimento delle uguaglianze, si parte per realizzare le DIFFERENZE (anche
di mente). E l'individuo COMUNICA con la ricerca di identità nella madre, ogni
essere umano forma molteplici coppie a partire da quella con la propria madre.
La differenza nell'identico non è dovuta né alla propria natura (nature)
né all'ambiente (nurture): è un effetto di coppia, cioè di
uguaglianza. L'IO può definirsi soltanto a partire da una realtà duale più
originaria, il NOI: da questa coppia superindividuale si opera lo sdoppiamento di
IO e TU, e insieme lo sdoppiamento intimo, la coscienza di sé.
Così in una discussione ("in una lotta", come
esemplificava R. Mondofo), c'è qualcosa che accomuna i due contendenti: il
contatto, la terra, le armi, i corpi; o c'è questo terreno comune, o il
discorso è a vuoto, non produttivo, quindi falso. Sto per partire con la
spiegazione di Hegel e questo riconoscimento di identità per scoprire poi le
differenze mi può essere utile. P.e. il momento della coscienza, nella
Fenomenologia dello Spirito, il porsi del soggetto in sé, non è che il momento
iniziale e limitato del porsi della ragione, la quale non è che il superamento
del soggetto in sé contrapposto nel soggetto per sè o autocoscienza (specchio
della coscienza dell'io).
Qualche settimana fa è morto George Duby: aveva lasciato
un'intervista a "Confini" - sett. '96, periodico della Società per la
Cremazione di Torino. Aveva pubblicato nel '95 "An 1000, an 2000: sur les traces de nos peurs": in esso
sostiene che è aumentata la paura della morte, in controtendenza con la perdita
della fede. Ora, la morte è un passaggio verso l'ignoto, e per questo la morte
viene censurata. Nel 1000 era invece evidente a tutti che la morte era solo il
passaggio ad altra vita, un passaggio, con cerimonia, con banchetto, anche nelle
situazioni di disagio (anzi, la morte era cemento della famiglia, della
parentela). Ma la paura della morte rispunta nelle esigenze di previsione e
assicurazione per il futuro, espresse nella magia, astrologia, ciarlataneria...
Nello stesso numero lo psicanalista Aldo Carotenuto sostiene che la morte, come
simbolo onirico, è passaggio, non sbarramento. Secondo lui l'Inconscio non è
tanto espressione dell'istinto, o dell'insondabile freudiano, quanto della
Natura che è in noi. E' la
coscienza a temere la morte. L'inconscio indica che - per ogni
trasformazione/passaggio - è necessario un "sacrificio dell'Io" (Jung
ha studiato molti casi di produzioni inconscie-simboliche in soggetti seguiti
fino alla morte).
Concludo: come il livello dell'agnosticismo risulta
limitato (e ancor più quello del sostenere che dopo la morte c'è il nulla) in
quanto punta sulla differenza, cioè sull'effetto secondario dell'identità, così
risulta limitato il solo porre la questione multietnica, cioè della diversità,
senza prima essere passati per il discorso dell'identità, del mutuo
riconoscimento di valori comuni. Spesso nei sogni terminali si vede una luce
(questo diceva Nefta Grimaldi). Un sogno che mostra la paura della morte si ha nell'angoscia del sotterramento
(regressione intrauterina), della perdita (dell'ambiente uterino): p.e. il
vagare senza meta.
11/10/98
11.34 Personaggi femminili:
principessa Teofania, la mistica Hildegard de Bingern, la regina filosofa
Cristina di Svezia, Marie Olympe de Gouges, l’anfitrione del romanticismo
berlinese Racher Varnhagen; Berta von Suttner, nobel pace austriaca, Rosa
Luxemburg, Alexandra Kollontai, femminista dell’ottobre rosso, Simone Veil, già
presidente del PE, Petra Kelly cofondatrice dei verdi tedeschi; Magda Aeervoet,
copresidente dei Verdi europei.
06/01/99
18.59 Edith Stein ebrea tedesca (Breslavia 1891) convertita al cattolicesimo
negli anni ’20, entrata nel ’34 nell’ordine carmelitano
morta ad Auschwitz il 9.9.42 (Pio
XII tramite le proteste dei vescovi olandesi sapeva tutto; beatificata
nell’87) ha una mente (lo dice
nella sua autobiografia) che tende da sempre a concettualizzare. Va a Gottingen
per discutere di fenomenologia con Husserl, ne diventa assistente, a casa sua
incontra Heidegger. All’epoca il suo maestro s’era convertito al
protestantesimo, mentre un altro suo prof.,
Max Scheler (seguito da Alexandre Koyré) , aveva scelto il
cattolicesimo. Studiando S. Tommaso in rapporto con Heidegger, si volge verso il
cattolicesimo. Per sua esclusiva
ostinazione entra in contatto – ma solo epistolare -,
con Pio XI da cui pretenderebbe un’enciclica antinazista. Il papa
incarica di questo il gesuita usa Paul Laforge, ma nel febb. 39 muore e il
progetto non si realizza. Nel
testamento del ’39 parla di accettazione della morte “in espiazione per il
rifiuto della fede da parte del popolo ebraico”, in ciò rivelandosi prima di
tutto come appartenente ad un “popolo”. L’elettività del popolo ebreo da
parte di Dio viene contestata da pochi ebrei (Spinoza, Hannah Arendt).
Hannah
Arendt: fu Mary McCarty
(sua biografa ed intima) a rendere pubblico (nel ’94?) il rapporto
d’amore con Heidegger. Ora Ursula Ludz pubblica l’ epistolario “Briefe
1925 bis 1975 und andere Zeugnisse, Klostermann, pp. 435, 1998?). Il
rapporto parte come un fulmine quando lui –di 17 anni più vecchio - dalla
cattedra di Marburgo, nov. 1924, mentre analizza l’etica nicomachea e il
Sofista, nota lo sguardo fisso di lei, e produce proposta scritta, cui lei
risponde “se vuoi puoi avermi”. Lui richiede “regalami ancora qualche
parola.. Amo significa volo
ut sis “ ( cita S.Agostino). La
conseguenza fu un’eccitazione e un’inesausta produttività. Ma il tutto
rimane celato dalle convenzioni, sublimato nella produzione di essere
e tempo. Hannah non resiste e va a Heidelberg dove si laurea con Jaspers sul
concetto di amore in S. Agostino. Gli invia anni dopo il suo “Vita activa”
con una lettera di devozione. Si rivedono vent’anni dopo per iniziativa di
lei, a Friburgo, ma lui rimane ancorato alla moglie anche se la corrispondenza
pone Hannah come sua reale interlocutrice. IL 26 luglio 1967 Hannah tiene a
Friburgo una conferenza su Benjamin, e si indirizza prima di tutto ad Heidegger
(che il giorno prima aveva incontrato Paul Celan), presente tra il pubblico.
Condividono “La montagna incantata”.
15/1/2000 Nadia Fusini (Repubblica 24.12.99) recensisce il romanzo biografico sull'illuminista Mary Wollstonecraft, compagna del filosofo William Godwin e madre di Mary Shelley, l'autrice di Frankestein (Elisabetta Rasy, L'ombra della luna, Mi:Rizzoli 1999, pp. 204). La storia delinea l'abbandono, da parte della fautrice del Vindication of Women Rights, delle certezze illuministe (proprio nella Parigi della Rivoluzione) per far posto all'"illuminazione" romantica.
10.8.2000
www.ilgiardinodeipensieri.com/storiafil/morsell2.htm
- Graziella Morselli, Filosofi
e filosofe: un incontro mancato (19 KB) In questo testo - che riproduce una
relazione tenuta al Convegno di Firenze della Società Filosofica Italiana (11-13 novembre 1999) - Graziella Morselli
pone quattro precise domande sul tema della filosofia della differenza.
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Francoise Heritier, Maschile e femminile. Il pensiero della differenza,
BA:Laterza, 1997 pp. XII + 244 (un classico dell'antropologia erede di
Levi-Strauss al College de France)
Franco Restaino, Femminismo e filosofia: contro, fuori o dentro?, in "Rivista di storia della filosofia", 2001,3, pp. 477-494
Diotima, Il
pensiero della differenza sessuale, MI:La Tartaruga, 1987
Diotima, Oltre l'uguaglianza. Le radici femminili dell'autorità, NA:Liguori,
1994