la nostra Europa come e' oggi nell'anno 2012 a cura del Comitato per la Rappresentanza Etnica www.noord.org
The
Committee of free State Altaitalia
by
The Committee of Alpine free States and Altaitalia Representative
Acting Committee
deputy
director: Eugenio Mario Venturini in Milano/Mailand
Europa,
la civiltà prima dei sacrifici
di
Franco Cardini (24 Aprile 2012)
Che
cos'è, insomma, l'Europa? Lontano da qui, disseminata tra Bruxelles e Strasburgo,
c'è una selva di edifici in acciaio e cristallo,
di uffici lussuosi, di sale da riunione e da conferenza; una
pletora di dirigenti, di parlamentari, di funzionari, d'interpreti
e di consulenti ben pagati, qualcuno strapagato; una Commissione
Europea, un Consiglio d'Europa, un parlamento Europeo, ma nessun leader nel quale la gente possa identificarsi
o col quale possa prendersela se e quando le cose vanno male.
C'è
una Banca Centrale Europea che non è pubblica, quindi è in
mano ai suoi anonimi o semianonimi azionisti: stampa euri e detta legge sui nostri bilanci
e sulle nostre tasche.
C'è
una bandiera azzurra e stellata, bella ma àlgida, sulla
quale non ha mai pianto nessuno, che non ha mai avvolto la bara
di un ragazzo morto per difenderla, che quando sventola fa un
bell'effetto ma non commuove.
C'è
un inno preso in prestito da Beethoven, bellissimo, ma le parole
di Schiller che lo accompagnano quasi nessuno le conosce e comunque
sarebbero inadatte a esser cantate: e nessuno ha mai pensato
sul serio a scrivere un testo che potrebbe rappresentare i sentimenti collettivi
di tutti i
ventisette stati membri ed esser tradotto in tutte le loro lingue.
Non
c'è un esercito europeo, perché l'organizzazione militare
comunitaria è in realtà quella della NATO, egemonizzata
da una potenza che sarà anche amica ed alleata, ma ch'è
pur sempre straniera: un'organizzazione che ad esempio impone
(la notizie è di metà aprile) l'organizzazione
di un costoso "scudo" antimissilistico non si capisce
né chiesto da chi né utile a chi né indirizzato
a difenderci dalle minacce di chi.
I paesi
europei hanno rinunziato
alla sovranità
economico-monetaria, a quella diplomatica, a quella difensiva,
ma tali forme di sovranità non sono gestite da nessun
vero e proprio governo sovranazionale. L'Unione Europea non ha ancora deciso
nemmeno se organizzarsi in Federazione all'americana o alla tedesca
o in Confederazione alla svizzera.
Eppure,
questa larva semisconosciuta e non amata dai suoi cittadini chiede continui sacrifici, impone
tagli e balzelli. E dappertutto sorgono ormai, contro di essa,
gruppi e movimenti che da "euroscettici" si stanno
trasformando sempre più in veri e propri antieuropeisti:
nostalgici delle piccole patrie
che c'erano prima o utopisti che rivendicano la
fondazione o la resurrezione di patrie mai esistite oppure
defunte da secoli.
Partiti
ostili all'Europa stanno sorgendo dappertutto, e in molte nazioni
assumendo il potere, com'è accaduto in Ungheria. In Francia,
sembra che l'ago della bilancia per l'elezione del nuovo presidente
sia costituito dagli antieuropeisti del Front National, oggi
corteggiato sia da Sarkhozy, sia da Hollande.
Eppure,
l'"Unione non unita" ha avuto una primavera, è
stata una speranza e addirittura un ideale.
Ne
so qualcosa io, che me ne innamorai ventenne, nel 1960, dopo
aver ascoltato alla TV una breve, commossa allocuzione del cancelliere Konrad
Adenauer
dove si parlava di quest'Europa ch'era una patria da amare
per tutto quel che aveva e che significava: per le cicogne sui
tetti di Norimberga, per i vigneti della Borgogna, per la pianura
infinita della Meseta, per il mare di Capri; ma soprattutto per
la sua storia tormentata eppure tanto "profondamente nostra",
per le guerre fratricide che avevamo combattuto e che
non dovevano più dividerci, per le comuni radici cristiane
testimoniate dalle nostre cattedrali, per i nostri popoli
che attraverso errori e sofferenza avevano imparato ad amarsi
tra loro e a ritenersi reciprocamente complementari, per i nostri
ragazzi di domani che avrebbero abbattuto le frontiere e bruciato
gli inutili passaporti.
Molti
paesi europei avevano sognato nei secoli passati di dominare
il mondo con la forza, e non c'erano riusciti: insieme, saremmo
stati invincibili e saremmo riusciti a imporre al mondo non la
legge della guerra, bensì quella dell'amore e della fratellanza
tra i popoli.
Che
cosa è andato storto, da allora?
Che cosa non ha funzionato, di quel bellissimo sogno?
La
verità è che, nell'edificare la "casa
comune europea", abbiamo sbagliato l'ordine costruttivo.
Una
realtà civile e sociale si costruisce dalle fondamenta:
cioè dalla riflessione
storica,
dalle istituzioni
politiche e amministrative, dall'educazione dei giovani (quindi dalla scuola),
dalla difesa.
Infine
il tetto: la moneta e i meccanismi finanziari.
Ma
noi non abbiamo avuto fino dagli Anni Cinquanta il coraggio
d'innovare quel che andava innovato
e di fondare quel che doveva essere
fondato.
Avremmo
dovuto costruire l'Europa dei popoli e delle loro tradizioni:
abbiamo costruito l'Europa dei governi e l'Eurolandia
delle banche.
Dalla Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, del
'51, passammo alla Comunità Economica Europea nel '52
per trasformarla a Maastricht, nel '92, in Comunità Europea:
solo allora si assunse la denominazione di "Unione Europea",
in realtà
un guscio istituzionale vuoto.
Avremmo
avuto bisogno di edificare giorno per giorno una coscienza
civica europea, diciamo pure un "patriottismo europeo",
cominciando con il conferire uno spirito nuovo a tutte le scuole.
Si sarebbe dovuto studiare una storia comune europea in
grado di accompagnare le nostre storie nazionali e di conferir
a ciascuno di esse il senso di una convergenza e di una complementarità
nuova.
Oggi
la bandiera azzurro-stellata sventola su tutti gli edifici scolastici,
ma non si riflette in nessun programma concreto d'apprendimento.
Tornano
le piccole patrie e i micronazionalismi isterici,
da stadio; oppure trionfa l'individualismo sterile ed
egoistico, incapace di creare valori civili.
E allora?
Abbandonare
tutto e dire che
ci siamo sbagliati,
rinunziare per tornar a un pulviscolo di stati senza forza
e senza autorevolezza, vasi di coccio minacciati dai colossi
internazionali e dalla potenza occulta ma formidabile
delle lobbies?
Adattarci
a far parte di un generico "Occidente" atlantico nel
quale doversi rassegnare a una funzione definitivamente subalterna?
O ricominciare
da capo, da ora, da subito, reinsegnando ai ragazzi
del secondo decennio del XXI secolo quel che avremmo dovuto insegnar
a quelli di mezzo secolo fa e imponendo nuove forme di rappresentanza
politica diretta
scelte dagli europei nel loro complesso, che non proiettino più
sull'Unione i condizionamenti delle singole politiche nazionali?
Quanto
tempo perduto, quante occasioni sprecate, quante
speranze gettate al vento.....
Eppure,
non è mai troppo tardi.
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il
documento del prof.
Franco Cardini
della Universita' di Firenze e' leggibile in originale
a questo indirizzo elettronico:
www.francocardini.net/Archivio/2012/24.4.2012.html
nostro
commento a questo articolo:
come suo solito Cardini la mette giu' dura (fa il pessimista)
per poi concludere ottimisticamente..... sia pure mettendoti
di fronte a responsabilita' che non sono mica da ridere
(somiglia molto a Giuseppe Guarino)
ALTRI
ARTICOLI
alla
ricerca delle istituzioni sociali ovvero delle leggi non scritte:
Seumas Miller Social institutions (2011 in HTML)
aggiornato
il 9 aprile 2019 qui in originale si apre in questa stessa finestra
alla
ricerca di una via d'uscita nel terzo millennio:
Franco Cardini (1) Europa, la civilta' prima dei sacrifici
(2012 in HTML)
(anche
in
originale si apre in una nuova finestra)
Giuseppe
Guarino (2) Lo Stato di Diritto
come valore
(2012 in PDF)
(anche
in
originale si apre in una nuova finestra)
continua.....
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