" Ci sono forze del mondo economico italiano che controllano i giornali, interessate a che la politica resti debole. Quindi che i governi siano fragili. Diciamo la verita' : chiunque vada li' cercheranno sempre di buttarlo giu'. Di spezzargli le gambe. Perche' piu' e' debole piu' comandano loro ".
Cosi' il " Corriere della sera " di Domenica 7 luglio riportava le parole di Massimo D' Alema .
Ci conforta che quanto abbiamo scritto nei precedenti articoli trovi una conferma in queste parole,
ma qui vogliamo sottolineare che quanto detto dal segretario del PDS e' , a nostro modesto parere,
il segno di una crescente frustrazione nei confronti della situazione italiana ed in particolare del lavoro
svolto sinora dal governo Prodi.
Infatti, dopo 60 giorni di vita, il governo non ha ancora preso alcuna iniziativa che possa far ben
sperare nella sua volonta' di risolvere seriamente i grandi problemi del Paese, a parte la cosiddetta
manovrina che non e' altro che un' eredita' del passato governo. A tal proposito vale la pena di sottolineare
che in ben 18 mesi, fra governo Dini e governo Prodi, di cose
"degne" ( si fa per dire ) di essere menzionate, troviamo una pseudo riforma delle pensioni, che rispetto
a quanto si e' fatto o si sta pensando di fare nel resto d' Europa, e' gia' preistoria; ed una manovra
finanziaria per il 1996 che e' ancora da approvare. Questo la dice lunga sulla capacita' del nostro sistema
istituzionale di affrontare i grandi temi del paese.
Tornando alla tematica iniziale, troviamo che sempre piu' commentatori politici ed economici, fra
quanti hanno sempre apprezzato l' Ulivo, cominciano a manifestare i primi segni di delusione. Quanti in
buona fede speravano che un governo sostenuto da una
maggioranza soprattutto di sinistra potesse fare una politica di forte risanamento del bilancio attraverso
una drastica riforma della spesa pubblica e potesse portare l' Italia a pieno titolo nell' UE della moneta
unica , devono ora cominciare a ricredersi.
I poteri che hanno sponsorizzato l' Ulivo - e di cui parla D'Alema, dimenticando pero' il ruolo che
questi hanno avuto nella sua vittoria - si aspettano che questo governo faccia le privatizzazioni e riporti
il Paese in Europa, anche se questo dovesse
avvenire con una perdita di sovranita'. La prima delusione e' pero' arrivata proprio dai partners europei,
Germania in testa, che giustamente non hanno alcuna intenzione di accollarsi il debito italiano, e nello
stesso tempo stanno dando segni di insofferenza per una competizione basata sulla debolezza della nostra
moneta.
Purtroppo qui si rivela tutto il gap politico-culturale che ci separa dal resto del mondo industrializzato. E qui vogliamo sottolineare due punti.
Il primo di questi riguarda la mancanza di dignita' nel pensare che i nostri problemi siano problemi
europei, in particolare il mezzogiorno, e che a livello europeo debbano essere risolti.
A questo proposito si veda
con quanta altra dignita' la Germania ha affrontato da sola il problema della ricostruzione di una
Germania dell' Est disastrata, sotto tutti i punti di vista, da 40 anni di regime comunista.
L' altro punto riguarda la convinzione che i nostri partners
alla fine accetteranno l' ingresso dell' Italia anche con un 'economia al di fuori dei parametri di Maastricht.
Ma questo e' fare la politica dei furbi. Nell' Italia parrocchiale di oggi si pensa che basti dare l'impressione
della buona volonta' con la promessa, eventualmente da non mantenere, di comportarsi bene per il futuro.
Gli stranieri invece, che evidentemente sono cattivi e non solidali, pretendono i fatti e, meraviglia delle
meraviglie, il rispetto dei numeri e dei patti. E questo governo, finora, oltre al gran parlare e all' affidarsi
ad una propaganda che fa di tutto per far credere che fuori del Paese ci sia un mondo tutto intento ad
ammirare e a lodare il fiorire dell' Ulivo, di fatti ne ha fatti ben pochi (scusate il bisticcio). E quel poco
che ha fatto, vedi
nomine di alcuni enti pubblici, non promette nulla di buono. Al punto tale che anche i suoi sponsors
cominciano a preoccuparsi ed a guardare anche in altre direzioni: e D' Alema allora si arrabbia.
Una di queste direzioni e' la solita ricostruzione del grande centro o eventualmente una nuova maggioranza allargata ad alcune forze del Polo. Governi deboli quindi e rimescolamento delle carte. Ed eccoci quindi tornati ai bei vecchi tempi, che e' una speranza di molti falsi riformatori. E questo ci porta ad un altro tema molto dibattuto in questi giorni : quello appunto delle riforme, che per alcuni sembrano, finalmente, essere passate di moda; molto piu' proficuo dedicarsi alla restaurazione. In questo scenario si inquadrano, a nostro parere, le continue dichiarazioni di Scalfaro, che dopo aver tanto criticato il Presidente Cossiga, continua a parlare a ruota libera come se fosse il vero capo di questa coalizione. Non ce ne voglia il Presidente, ma noi sinceramente molte volte lo sentiamo come il Presidente di una parte del Paese, nonostante tutto il rispetto che portiamo verso cio' che Egli rappresenta. Purtroppo abbiamo l' impressione che il Presidente non si accorga che ogni volta che parla divide il Paese in due. L' ultima sua dichiarazione riguarda la Costituente, che guarda caso il Polo vorrebbe, ed il Polo rappresenta quasi il 45% del Paese, ma a cui molti nell' Ulivo guardano con estrema ostilita' e diffidenza. E puntualmente Scalfaro, dando l' impressione di venire in soccorso di quest' ultimi, afferma che mancano i presupposti storici per eleggere una nuova Costituente.
Si ha l' impressione che si voglia rappresentare un Paese che dopo la "pericolosa" parentesi
Berlusconiana, finalmente sta tornando alla normalita', e quindi viene meno la necessita' di cambiare le
regole. Comunque tutti i tentativi di restaurazione non potranno cambiare il fatto che l'Italia continui nella
sua parabola discendente, che sempre piu' si allontani dal gruppo dei paesi sviluppati.
La propaganda, che non ha niente da invidiare al famoso libro di Orwell "1984", ci parla di un paese
che e' si' in difficolta' , ma con gli stessi problemi degli altri paesi industrializzati. Ma se andassimo
a vedere piu' da vicino alcuni di questi problemi, avremmo delle amare sorprese. Si parla tanto di
disoccupazione, ma mai si parla di occupazione, come se questa fosse semplicemente un numero
complementare della prima. Non e' cosi' , ed e' un peccato che i
nostri bravi economisti non parlino mai di questo. L' OECD ci dice che dal 1985 ad oggi, negli Stati Uniti
l ' occupazione e' cresciuta di circa il 17%, in Giappone dell' 11%, ed in Francia, Germania e Gran
Bretagna intorno al 5%; in Italia nello stesso
periodo l' occupazione e' diminuita del 3,3% ! In particolare il fenomeno si e' accentuato a partire dal 1991,
mentre fino ad allora l' occupazione si era mantenuta in leggera crescita. In pratica nei soli ultimi 5 anni abbiamo
perso piu' di un milione di posti di lavoro, mentre i nostri concorrenti ne creavano. Questa caduta si e'
manifestata soprattutto nell' industria.
A nostro modesto avviso stiamo assistendo ad una deindustrializzazione del Paese. Se poi questo sia dovuto a volonta' o incapacita', questo sinceramente non lo sappiamo.
Il debito pubblico, altra nota dolentissima, si e' attestato intorno al 122% del PIL, il doppio di quanto
ammesso da Maastricht. Nonostante tutte le finanziarie, e' leggermente in crescita: l' anno prossimo
raggiungera' il 122,4%. Il deficit e' intorno al 6%, mentre, sempre per Maastricht, dovrebbe essere non
piu' del 3%. Se consideriamo inflazione e crescita del PIL, solo per mantenere il debito allo stesso livello
servono degli aggiustamenti di bilancio intorno al 2% del PIL. IL debito pubblico si puo' abbassare soltanto
con una forte crescita e incidendo pesantemente sulla struttura della spesa. Non si tratta chiaramente
di eliminare lo stato sociale ma di fare una seria riforma dello Stato che evidentemente oggi e' fonte
di sprechi non piu' sopportabili.
In Germania, con un debito di solo il 58% del PIL, si sta mettendo a punto una manovra strutturale
di 50.000 miliardi. Non si capisce perche' la Germania, che e' pronta a fare questi sacrifici, dovrebbe
venire incontro a noi
che non siamo nemmeno capaci di fare un 'analisi seria di tutti gli sprechi del nostro sistema.
Se a questi problemi economici che sono anche strutturali, aggiungiamo poi un basso livello di
scolarizzazione, la mancanza di una seria ricerca scientifica-tecnologica (meglio sarebbe togliere tutti i
fondi alla ricerca, per i risultati che da' nessuno se ne accorgerebbe), lo scarso valore tecnologico delle
nostre esportazioni, l' incapacita' ormai di realizzare un qualsiasi grande proggetto, vedi grandi
lavori per il Giubileo, l' arretratezza delle infrastrutture, una burocrazia ferma al 1800, una Magistratura
di cui e' meglio non dir nulla per non essere accusati di vilipendio, un gap spaventoso in quasi tutti i
campi fra nord e sud del Paese, ci si domanda quale altra calamita', oltre ad avere avuto negli ultimi 30 anni
il regime che conosciamo,
dovrebbe colpirci per poter dire che ci sono le condizioni storiche per l'elezione di una nuova Costituente.
E qui non stiamo parlando di un Paese che e' nato ieri, ma di un Paese che per una
storia, una civilta' , un progresso tecnico-scientifico, una cultura che dura da 3000 anni, e' unico nel
mondo. Noi non crediamo che i problemi del Paese possano essere risolti sostituendo i "supposti cattivi"
con i "supposti buoni" ma, molto piu' prosaicamente, pensiamo che forse c'e' qualcosa che non va
nelle regole.
Purtroppo ci rendiamo conto che cambiare le regole significa andare a colpire gli interessi di potere.