LA TERZA VIA

di Massimo Galanti

Dopo 30 mesi di governo Prodi le poche piccole fiammelle di speranza, tenute in vita dai rari ottimisti a tutti i costi, si sono spente del tutto. E' chiaro ormai che con questo governo non ci sara' ripresa economica, non ci saranno nuove e piu' efficienti infrastrutture, non ci saranno le tanto attese riforme, e andra' avanti il piano di deindustrializzazione del paese. Come � stato piu' volte rimarcato, il piano di risanamento del paese � solo fittizio in quanto ottenuto con un aumento della pressione fiscale e non con una riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica. Il blocco della spesa per manutenzione ed investimenti produttivi, l'aumento della pressione fiscale, stimabile intorno al 3%, e lo spostamento dell'interesse industriale dai settori manufatturieri a quelli finanziari e dei servizi, hanno provocato un rallentamento notevole della crescita del PIL con una conseguente perdita di posti di lavoro stimabile a qualche centinaia di migliaia.

E' ormai piu' che evidente, anche per ammissione dello stesso governo, che la crescita economica del paese per il 1998, anno che doveva segnare la ripresa, si attestera' a meno del 2%, invece del previsto 2,5%, cifra considerata come eccessivamente ottimista gia' al momento del suo annuncio. Probabilmente anche a causa della crisi asiatica sara' difficile raggiungere anche questo 2%. In tutti i casi per il sesto anno consecutivo, con l'eccezione del 1994, anno del governo Berlusconi, la crescita del paese verrebbe ad essere inferiore, e di molto, a quella degli altri paesi europei.

In queste condizioni si aggraverebbe il fenomeno, gia' allarmante della continua moria di posti di lavoro. Anche questo fenomeno e' unico in Europa, dove la disoccupazione e' dovuta ad un ritmo di creazione di nuovi posti che non riesce a tenere il passo con l'aumento di domanda di lavoro. L'Italia e' invece l'unico paese europeo dove non solo non si creano nuovi posti di lavoro, ma addirittura si assiste ad una loro contrazione.

Questo fenomeno, la continua perdita di posti di lavoro, � dovuta, oltre ai motivi che abbiamo gia' elencato, anche alla natura del capitalismo italiano che, forse anche per arretratezza culturale della classe dirigente, rimane un capitalismo asfittico guidato da pochissime grandi famiglie in grado di esercitare un notevole controllo sulla finanza come sulla politica del paese. Finora lo Stato si era sobbarcato il compito di creare quei grandi complessi industriali che un capitalismo privato di stile familiare non era stato in grado di sviluppare. E' un fatto che i grandi complessi industriali privati italiani si contano con le dita di una mano, mentre negli altri paesi i complessi industriali privati di grandi dimensioni si contano a decine.

Con la crisi del capitalismo pubblico, dovuta anche ad un eccesso di burocrazia e ad un'anomala dipendenza dal sistema dei partiti, e' entrato in crisi tutto il sistema. Le privatizzazioni avrebbero dovuto rilanciare l'imprenditoria privata, creando altri centri di potere economico-finanziario. Come sappiamo, grazie anche ai governi dell'Ulivo, da Ciampi a Dini fino a Prodi, le privatizzazioni italiane stanno andando tutte a favore dei soliti noti. I casi di Comit, Credit e Telecom sono tipici.

Tra l'altro invece di uno sviluppo di una grande industria manufatturiera ad alto contenuto tecnologico, quella chimica ed elettronica essendo gia' morte, si assiste ad un abbandono di queste in favore di industrie di servizio e finanziarie. Anche qui e' tipico il caso di industriali che dopo aver dimostrato la loro incapacita' di sviluppare industrie di punta cercano ora di dedicarsi a business piu' lucrativi quali i servizi aeroportuali. Il governo dell'Ulivo, che gia' al suo nascere chiamammo con il nome profetico di Governo dei Mandarini (v. Il Governo dei Mandarini nel N.1), e' chiaramente responsabile di questo modo di privatizzare.

Non e' certo fantasioso parlare di intreccio fra grande industria privata, stampa nazionale, molto importante per guidare l'opinione pubblica e guarda caso quasi tutta in mano alla stessa grande industria, ed un governo sostenuto da una sinistra che dopo il disastro sovietico ha pensato bene di cercare appoggi presso la City di Londra.

Anche la storia politica di Tangentopoli forse andrebbe rivista sotto una luce diversa, ma e' proprio questo che si cerca di evitare negando la Commissione parlamentare d'inchiesta. Che sia questa la famosa Terza Via tanto auspicata da politici, intellettuali ed economisti all'olio d'Ulivo? Tra l'altro il nome non e' neanche tanto originale, gia' il Fascismo ne aveva parlato. La nuova Terza Via invece, per quello cui stiamo assistendo, consiste in una sinistra intenta a lucidare ottoni e maniglie del grande capitale.
Ed il risultato, per il popolo italiano non e' finora dei piu' incoraggianti.

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