DOPO LA BICAMERALE

di Massimo Galanti

Stabilita' o Governi forti

Quando la Bicamerale stava per nascere pensammo che non avrebbe avuto esito positivo poiche' la storia insegna che le élites difficilmente acconsentono a riforme che potrebbero mettere in discussione il potere di cui godono. Che le riforme poi debbano sevire a qualcosa sembra una banalita' a dirsi, ma nell'Italia gattopardesca di oggi sono possibili solo le riforme che non servono a niente o quelle che portano ad un ulteriore indebolimento del potere politico.

Passata quindi la paura delle riforme, tutti a sperare nella stabilita' del governo per proseguire la cosiddetta opera di risanamento. Ma il problema del nostro paese non e' la stabilita' , perche' quella sono almeno 30 anni che ce l'abbiamo. E' almeno dal 1968 che abbiamo governi protoulivisti, che piu' o meno hanno sempre effettuato la stessa politica, con i risultati catastrofici che sono sotto gli occhi di tutti. La stabilita' del sistema politico-economico al potere ha una continuita' tale che ormai si puo' parlare di monocultura all'olio d'oliva. In trent'anni di potere di centrosinistra si e' venuta a consolidare una cultura socialcattolica- marxisteggiante, per cui e' difficile oggi trovare un'alto burocrate, un giornalista, un intellettuale che non sia organico al regime dell' Ulivo.

Vedendo poi la catastrofe economica- sociale dei paesi di cultura marxista, non e' sorprendente che in Italia si sia arrivati ad una tale situazione di sfascio sociale, economico e organizzativo.

Quali riforme.

In questa situazione le uniche riforme decenti dovrebbero essere quelle che possono consentire, se vi e' la volonta' popolare, alle forze non marxiste di arrivare al potere e avere quindi i mezzi costituzionali per poter cambiare radicalmente la situazione italiana; in altre parole delle riforme che possano servire a sconfiggere il regime.

Questo implica soprattutto quattro mezzi:
1) un sistema elettorale che favorisca il bipolarismo,
2) un esecutivo con un forte mandato popolare e che abbia la possibilita' di realizzare la propria politica,
3) un parlamento forte, con un'efficiente capacita' legislativa e di controllo,
4) un sistema giudiziario efficiente e lontano da velleita' politiche. Ovvero un sistema politico forte, che sia capace di esercitare quel potere che a lui solo spetta in un sistema democratico.

Tutto questo si scontra chiaramente con la logica dei poteri forti, ovvero dei potentati economico- finanziari, che operano ormai su scala mondiale, e con gli interessi di tutti quei gruppi sociali che in trent'anni di regime hanno accumulato dei privilegi che non hanno nessuna intenzione di perdere. E qui parliamo di sindacati, lavoratori garantiti, burocrati, intellettuali, giornalisti, pur con le dovute eccezioni.

"Poteri forti" e Governi deboli

I poteri forti vogliono, specialmente oggi in una economia sempre piu' globale, un potere politico debole. Si dice, anche da parte di personaggi illustri, in tutta buona fede, che piu' la politica e' debole meno guai puo' fare, essendo la politica un male appena necessario, come se il mondo potesse essere migliore se guidato da affaristi senza frontiere. Si dimentica che chi e' forte si difende da solo, e che l'unica difesa per il popolo risiede nei propri governanti democraticamente eletti. Mentre poi il grande capitale straniero spera in governi che interferiscano il meno possibile, in Italia si tende a governi che si muovano a favore della grande impresa.

L'Ulivo per poter conservare il potere ha dovuto cedere alla logica dei poteri forti, nessuna meraviglia quindi che abbia voluto far fallire la Bicamerale, puntando a riforme vuote che non rafforzavano minimamente il potere dell'esecutivo, e senza volere inoltre affrontare il problema enorme della Giustizia, che solo degli illusi, abbarbicati ciecamente alle proprie posizioni di privilegio, possono pensare di poter rimandare in eterno. Quindi vi e' una logica nel fallimento della Bicamerale.

Noi, traditi dal nostro desiderio di cambiamento, abbiamo voluto sperare, ad un certo punto e contro ogni logica che forse qualcosa sarebbe cambiato lo stesso. Purtroppo non e' stato cosi'. L'unico, D'Alema, che avrebbe potuto, avendone la forza elettorale, contrastare la logica dei poteri forti, non ne ha avuto il coraggio ed ha preferito continuare a godere della sicurezza di un potere riflesso piuttosto che essere l'artefice della costruzione di una nuova Italia.

Il Potere non ha pianto sulle riforme mancate, anche se, come abbiamo detto, avrebbe preferito delle pseudo riforme per poter continuare a far credere in un cambiamento che cambiamento non e'. Ed i soliti giornali, che mai hanno fatto un gran tifo per una nuova costituzione, hanno prontamente dimenticato l'argomento.

La solita crisi da prima repubblica.

Chiuso quindi il capitolo riforme, quasi per uno scherzo del destino, siamo prontamente ripiombati nel teatro della politica da prima Repubblica con i vari personaggi a stigmatizzare con enfasi l'importanza della "Verifica di Governo" che dovra' essere, naturalmente, seria e , c'era da dubitarne?, fondata sui, ...famosi ,"contenuti". Ci sarebbe da ridere se la situazione non fosse tragica.

D'altronde questo governo, a parte l'aver raggiunto, nel modo tragicomico che sappiamo, e momentaneamente, il traguardo dell'Euro, per il resto si e' comportato come quasi tutti i governi di centrosinistra che l'hanno preceduto. Ovvero non ha fatto nulla; anzi quel poco che ha fatto e' servito per far diventare l'Italia il fanalino di coda nello sviluppo economico e sociale fra tutti i paesi europei.

"Non rimane che sperare in Cossutta"

Non e' chiaro come le forze di governo intendano superare la crisi, quali saranno le concessioni che faranno al partito di Bertinotti, ma e' quasi certo che queste concessioni arriveranno ed alla fine si metteranno tutti d'accordo. Anche perche' sono costretti a farlo ed a qualsiasi costo, la posta in gioco e' la possibile perdita del potere.

La gravita' della situazione e' riassunta dalla ormai famosa frase di Gianni Agnelli, quella in cui dice che non rimane altro che sperare in Cossutta. Insomma l'Avvocato, che gia' aveva dichiarato che le riforme le fa meglio la sinistra, spera ora che si riesca a fare l'accordo con Rifondazione Comunista, l'ultimo partito comunista del mondo occidentale. Cosa poi voglia dire Agnelli con quel "speriamo", non e' chiaro. "Speriamo" nel senso di "noi" grande impresa industriale? o noi in quanto Ulivisti?

Ehi, benedetto conflitto di interesse! La cosa che meno ci piacerebbe e' che abbia voluto dire "noi" come "Italiani": gia' la maggior parte degli Italiani non si sente rappresentata da Scalfaro, figuriamoci se vuole essere rappresentata dall'Agnelli. Tutto questo ci fa pensare ancora alla grande occasione persa da D'Alema, che forse, purtroppo per noi, (noi Italiani) non e' quel grande statista che molti pensano.

Come qualcuno vorrebbe risolvere (definitivamente) la crisi

Forse la crisi si potrebbe risolvere con qualche buona (per loro) notizia sul fronte della Giustizia. Sono quattro anni abbondanti che cercano in tutti i modi d'incastrare il Presidente di Forza Italia anche se senza grande successo. Ma non si sa mai, prima o poi potrebbe succedere, magari non in via definitiva s'intende, e' sufficiente incastrarlo momentaneamente.

In Italia si puo' sempre condannare qualcuno solo momentaneamente, almeno fino all'intervento della Cassazione. Pensate a quanti anni ha dovuto attendere De Benedetti per essere assolto dopo essere stato condannato due volte. E De Benedetti e' fortunato perche' come tutti sanno, da Eugenio Scalfari in giu', e' un ottima persona, innocente per definizione, e quindi non ha sofferto troppo le conseguenze di condanne che tutti sapevano passeggere, ovvero ingiuste e sbagliate.

Quando finalmente e' intervenuta la Cassazione con l'assoluzione finale, tutti hanno lodato l'operato di questa ed in generale la Giustizia Italiana. Quando la stessa Cassazione delibero' in favore di Craxi, gli stessi che tripudiarono per l'assoluzione di De Benedetti gridarono invece allo scandalo, strappandosi le vesti, cospargendosi il capo di ceneri e, gettando pesanti ombre di dubbio sul suo operato, giudicato grave (in stile marxista) , e non ricordo ora se ci fu anche qualche riferimento alla P2.

Queste manifestazioni illogiche e contradittorie sono le conseguenze di una cultura marxista che e' lontana anni luci da un concetto liberale di giustizia. Se si e' avversari politici della sinistra e' sufficiente, per essere esposti al ludibrio delle genti e rovinato politicamente, anche solo il rumore di un avviso di garanzia, poiche' come abbiamo visto, assoluzioni preconcette o processi e condanne, prima che nelle aule dei tribunali, si svolgono nelle pubbliche piazze. E Berlusconi e' l'avversario politico per eccellenza avendo la pretesa di portare in Italia la cultura politica-economica occidentale.

Il Polo delle Liberta': una realta' ineliminabile.

Nonostante tutti i vari pseudopolitologhi di fede ulivista, il Polo delle Liberta' e' piu' vivo e vegeto di prima come dimostrano i risultati delle ultime tornate elettorali. Il centro-destra che non c'e', il nulla di prodiana definizione, e' una realta' solida che si espande sempre di piu' nel tessuto sociale-politico del paese. Visto che le varie cassandre interessante finora non ne hanno azzeccata una, anche stavolta potrebbe risultare illusorio pensare che il Polo delle Liberta' possa finire con l'eventuale eliminazione politico-giudiziaria del suo fondatore.

Il Polo delle Liberta' rappresenta ormai l'Italia che non ne puo' piu' di questa cultura marxisteggiante che la soffoca da ormai troppi anni; che non ne puo' piu' di un asfittico grande capitalismo in stile "poche grandi famiglie", che non ne puo' piu' dell'inefficienza dei servizi conseguenza di un becero veterosindacalismo; che non ne puo' piu' di un solidarismo a senso unico verso delinquenti rappresentati sempre come vittime della societa', un solidarismo che troppo spesso si dimentica delle vittime dei delinquenti, che non ne puo' piu' di uno Stato incapace di distinguire fra immigrati in cerca di lavoro e delinquenti in cerca del Paese dell'Impunita'.

Esiste un' Italia che crede nel lavoro e che crede che per distribuire ricchezza bisogna prima crearla; un'Italia che crede nella pieta' , nella famiglia e nel popolo; un Italia che crede nella liberta' e nelle capacita' dell'individuo e nel diritto-dovere dell'individuo a realizzarsi. Un'Italia che ha una gran voglia di cominciare a respirare.

Un'Italia che grida: Sperate in chi vi pare, in Cossutta, Prodi o Veltroni, verificate "seriamente e costruttivamente", continuate a giocare alle nostre spalle, ma sappiate che c'e' un' Italia che si e' messa in moto e sara' difficile da fermare

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