IL FORCAIOLO

di Tito Livio

La pena di morte è generalmente sentita come barbara ed incivile dall'opinione pubblica italiana. E' comprensibile dunque che sotto la spinta dei mass-media vi siano slanci emotivi come quelli emersi in occasione delle sentenze capitali per O'Dell e la Krump negli Stati Uniti, anche se essi non tengono conto della diversa impostazione della morale sociale, quale si è venuta sviluppando in America nel corso dei secoli rispetto al nostro Paese (l'atteggiamento verso la menzogna, come recentemente visto nel caso Clinton, ne è una prova tangibile).

Meno comprensibile è che questi slanci non siano permanenti, ma occasionali: così per un O'Dell che mobilita le coscienze, altri condannati nelle medesime condizioni passano del tutto inosservati dalle italiche coscienze, come pure tutti i suppliziati in giro per il mondo, biblicamente lapidati a morte per adulterio, sgozzati, ecc.
Pazienza, si sa che là dove le telecamere e i giornalisti non possono o non vogliono arrivare, difficilmente possono arrivare le coscienze delle anime candide.

Siamo rimasti dunque sconcertati dalla recente affermazione di Norberto Bobbio "Io penso che Sofri abbia sbagliato a chiedere scusa". Il riferimento era alle scuse rivolte da Adriano Sofri alla vedova del commissario Calabresi, scuse con le quali egli implicitamente si riconosceva corresponsabile di quell'omicidio.

Che Sofri abbia le sue buone ragioni per chiedere scusa solo ora, poco importa. Con questo atto egli ha riconosciuto l'inammissibilità di "condannare a morte" qualcuno, come di fatto fece Lotta Continua col commissario Calabresi, anche se questi viene ritenuto (a torto o a ragione) colpevole della morte di un innocente.

Riconoscimento ovvio, diremmo, visto che l'Italia rifiuta l'idea della pena capitale anche per i crimini più odiosi ed efferati (ad es. fracassare il cranio di due persone a colpi di piccone, come nel caso della Krump).

Ovvio per tutti, ma forse non per i grandi filosofi nostrani, visto che Bobbio rimprovera Sofri per il suo seppur tardivo pentimento: secondo lui, date le circostanze e la convinzione della responsabilità (di cui Bobbio si dichiara tuttora convinto) del commissario Calabresi nella morte del Pinelli, bene fecero Sofri & Co. a scatenare quella campagna di odio. Nulla da rimproverarsi quindi e niente scuse da porgere. Quanto a lui, Bobbio, risottoscriverebbe tutti i manifesti anti-Calabresi che sottoscrisse allora.

Noi non ci intendiamo particolarmente di filosofia e non sappiamo se Norberto Bobbio sia quel grande filosofo che dicono: l'insegnamento che ne tiriamo è comunque che la pena di morte, inaccettabile se comminata in base alle leggi in vigore, diventa un nobile atto di espiazione se reclamata e comminata in nome della Verità!
Dicono che questa filosofia sia molto ben documentata dal "Libro Nero del Comunismo...

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