(CON)FUSIONE NUCLEARE

di Eros Capostagno

Sparare sul ministro Berlinguer è un po' come sparare sulla Croce Rossa, visto che i suoi confusionari e improvvidi decreti costituiscono un facile bersaglio alla critica. Tuttavia la settimana scorsa ci siamo sentiti umanamente molto vicini al Ministro, a seguito di una sua decisione passata perloppiù inosservata.

In sede internazionale è stata avviata la ricerca dei possibili siti su cui installare in un prossimo futuro il reattore a fusione termonucleare controllata ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), ed il nostro Ministro ha pensato bene di istituire una commissione di esperti per valutare l'esistenza in Italia di un sito adatto, da poter proporre.

Il Progetto ITER è di eccezionale rilevanza scientifica, tanto è vero che pochi anni fa, tutti i paesi impegnati nella ricerca sulla fusione decisero di procedere ad un progetto comune, essendo impossibile per un solo paese, Stati Uniti compresi, affrontare un progetto così impegnativo sia dal punto di vista economico che tecnico. Fu così che Stati Uniti, URSS poi Russia, Giappone ed Unione Europea decisero di rinunziare alla competizione e misero in comune le proprie esperienze sulla fusione nucleare, per dar vita ad un progetto, l'ITER appunto, destinato alla realizzazione nel lungo periodo di un reattore prototipo. Non entriamo qui nella decrizione tecnica del progetto, ricordiamo solo che la fusione è quel processo di generazione di energia -che avviene ad es. nel sole- che non dà luogo a rifiuti radioattivi, a differenza delle centrali nucleari a fissione attualmente in esercizio.

A questo progetto di cooperazione davvero planetaria, furono quindi finalizzati o riconvertiti anche altri importanti progetti già avviati sulla fusione, come il JET (Joint European Torus) di Culham (UK) ed il NET (Next European Torus) di Garching (D).

L'Italia è sempre stata in prima linea nelle attività di ricerca sulla fusione, essendo italiani molti "alti livelli" negli organigrammi del JET, del NET e dell'ITER stesso, essendo in Italia uno dei centri "storici" di ricerche sulla fusione, l'ESRIN di Frascati, ed essendovi in Italia diversi laboratori che operano sulla fusione in collaborazione con le strutture europee del settore. Riteniamo sia quindi da applaudire l'iniziativa del Ministro Berlinguer che lancia in tempo utile le azioni necessarie a far partecipare l'Italia alla competizione per l'assegnazione del sito, senza farsi cogliere impreparati, secondo tradizione, al momento delle decisioni.

Ci siamo sentiti solidali col Ministro quindi, quando il deputato "verde" di turno si è sentito in dovere di scagliarsi contro di lui per questa decisione inaudita: "E' un'offesa agli elettori!" - ha sentenziato - che col referendum del 1987 avrebbero chiesto la rinuncia dell'Italia all'energia nucleare.

Senza considerare che gli elettori italiani avrebbero motivi molto più seri per sentirsi offesi, visti gli stravolgimenti ripetutamente perpetrati o tentati dalle Istituzioni (di cui i Verdi fanno parte) della volontà popolare (il Ribaltone, la chiusura di una rete Mediaset, la privatizzazione della RAI, il finanziamento ai partiti, le licenze di commercio, la ricostituzione del disciolto Ministero dell'Agricoltura,...), non possiamo non stigmatizzare ancora una volta la malafede e la dannosità di questi antinuclearisti in servizio permanente effettivo. Che magari preferiranno pure il vento, ma certo non per trarne energia, piuttosto per seminarlo: contrariamente al noto proverbio infatti, non solo non raccolgono affatto tempesta, ma anzi ci costruiscono sopra comode carriere politiche!

Malafede ed ignoranza, visto che un reattore a fusione non ha nulla a che fare con l'oggetto dei referendum del 1987, dal punto di vista né concettuale, né pratico (eliminazione del problema dei rifiuti radioattivi), né di sicurezza (a differenza dei reattori a fissione che possono aumentare di potenza qualora se ne perda il controllo, questi inesorabilmente si spengono alla minima instabilità).

Dannosità, visto che l'andar dietro a questi catastrofisti ha contribuito notevolmente alla fine della ricerca applicata in Italia, come pure della ricerca pura, con tutte le conseguenze del caso. Basti pensare che mentre gli Stati Uniti incassano ogni anno circa 17 miliardi di dollari come royalties per la concessione di licenze di utilizzo di propri brevetti, l'Italia è costretta a pagare quasi 1 miliardo di dollari ogni anno per l'utilizzo di brevetti altrui: pur facendo le debite proporzioni in termini di popolazione, le cifre sono agghiaccianti: l'inventività e l'innovazione non abitano più in Italia!

Non meravigliamoci quindi se un bel giorno ci accorgiamo che non siamo più capaci di far crescere l'erba negli stadi o di progettare linee elettriche che resistano ai 250 Km/h del Pendolino...
Abbiamo già scritto (vedasi La strana storia del Nucleare in Italia nel N.4) che dei 1200 tecnici che lavoravano su progetti nucleari nella sola città di Genova all'inizio degli anni 80, ne sono rimasti oggi 100, tanto per dare un'idea!

La realizzazione di un impianto come l'ITER ha delle ricadute incredibili sull'industria di tutti i paesi implicati, non soltanto perché le commesse vengono ripartite tra di essi, distribuendo quindi lavoro e profitti, ma soprattutto perché permette a piccole e medie industrie subappaltanti di "qualificarsi" con l'introduzione di tecnologie avanzate necessarie alla realizzazione di componenti particolari, in condizioni di garanzia della qualità estremamente spinte (v. esempio a fianco).

Per il paese ospitante in particolare, che lo si voglia o no, le ricadute sono decisamente superiori, sia in termini di benefici economici (mano d'opera in corso di costruzione dell'impianto, subappalti, ordinaria manutenzione, indotto locale, infrastrutture,...) che scientifici e di prestigio.

Non dimentichiamo che se il successo tecnico del Concorde (malgrado il fiasco commerciale) si deve al consorzio franco-inglese che l'ha progettato, in pratica chi ne ha tratto beneficio è stata soprattutto l'industria aeronautica francese, che si è qualificata al punto tale da portare poi l'Airbus al livello della Boeing. E benché l'Airbus sia anch'esso un consorzio internazionale, per il grande pubblico è un tipo di aereo di marca francese!

Ed è sulla base di queste ultime considerazioni che ci sentiamo vicini al Ministro Berlinguer sul piano umano, per la sua dolce e un po' patetica ingenuità. Si tranquillizzi pure il nostro onorevole Verde, qualunque cosa possa fare il Ministro, le probabilità che in sede internazionale venga scelta l'Italia per la realizzazione dell'ITER, sono davvero minime.

Come passate esperienze dimostrano, governanti ben più avveduti dei nostri lotteranno con tutte le armi per avere l'ITER nel loro paese, consci appunto delle ricadute che un simile progetto apporta: così fu per il JET, realizzato in UK benché la sua sede naturale fosse Ispra (Varese), così per il sincrotrone ESRF a Grenoble, ecc., senza pensare poi alla tronfia baldanza di Rutelli & Co. finita in scorno per le Olimpiadi del 2004. Il trascurabile peso politico dell'Italia ed il notorio disinteresse della madrepatria per molte istituzioni comunitarie (con l'abbandono a se stessi ed il mancato sostegno "politico" agli italiani che vi lavorano) fanno il resto.

Non è certo chiedendo la benevolenza degli altri "col cappello in mano" (vedasi Trajectum ad Mosam in questo stesso numero) che l'Italia otterrà mai qualcosa. Né tantomeno strangolando le attività di ricerca delle industrie con tasse assurde (nessarie per correre dietro a Kohl e/o per punire certe categorie di non essere sufficientemente schierate col regime cattocomunista dell'Ulivo) o bloccando gli investimenti (per far credere di aver risanato il bilancio, sic!) che si rilancerà la ricerca e la credibilità scientifico-industriale del Paese.
Povero Berlinguer, per una volta che ne ha azzeccata una....

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