QUESTIONE DI DOSSI E PARADOSSI

di Eros Capostagno

Si è appena aperta la campagna elettorale per il rinnovo dei consigli comunali olandesi. Nei due fogli tipo tabloid che abbiamo trovato nella buca delle lettere, il partito che attualmente detiene la maggioranza in consiglio (comune di 30.000 abitanti), oltre a presentare il curriculum di ciascuno dei suoi candidati, spiega in dettaglio cosa intende proporre su ogni singolo aspetto della vita cittadina. Per intenderci sul grado di dettaglio, diremo che vengono indicati anche i punti della città per i quali il partito propone l'abolizione dei famigerati "dossi", fatti installare a ritmo forsennato negli ultimi anni in strade e vicoli per costringere gli automobilisti a rallentare, in prossimità di scuole e zone densamente frequentate, certamente utili ma il cui eccesso ha creato malumore tra noi automobilisti.

Facciamo questo preambolo per introdurre una domanda che chi vive all'estero si pone difronte alla riconferma elettorale non diremo plebiscitaria, ma comunque a larga maggiorannza dei votanti, di un Rutelli, un Bassolino e, più recentemente, di un Leoluca Orlando Cascio a Palermo: "ma come fanno (gli italiani) a rieleggere certi sindaci, quando le città in cui vivono sono ridotte nelle condizioni in cui sono?" . Come fanno, in altre parole, napoletani e palermitani a dire "bravo!" a certi amministratori?

La risposta più illuminante la danno gli italiani stessi che, come cadessero dalle nuvole, in genere replicano meravigliati: "Ma perché, come sono ridotte?"

Per farla breve, la prima ragione di questo comportamento elettorale ci sembra ormai l'incapacità di buona parte degli italiani di giudicare tra una buona e una cattiva gestione della cosa pubblica. Questo, sia ben chiaro, non per deficienze genetiche, ma per il semplice fatto che, avendo vissuto il degrado giorno dopo giorno, vi si sono identificati e non hanno più un metro di giudizio e di confronto.

Inserita in un determinato contesto sociale, la gente ritiene che quello sia l'unico contesto possibile, un destino ineluttabile contro cui si può forse imprecare ma che comunque non ha alternative.

Parlare di "dossi" sulle strade del Foro Italico a Palermo, per rendere più sicuro il rapporto pedone/automobilista? Ma siamo seri...
Lungo quelle strade di Palermo, sulla sabbia della spiaggia si ergono vere e proprie palafitte, tenute insieme col fil di ferro, dove vivono intere famiglie e dove l'estate i bambini girano nudi, come forse nei villaggi attraversati dalla Parigi-Dakar, andare per credere. E volete che la gente giudichi gli amministratori in base alla motivata costruzione o rimozione dei dossi? Andiamo...

In queste tragiche (per noi) realtà, chi viene a parlare di cambiamenti e alternative, parla una lingua sconosciuta ai più, non può essere capito, anzi, rischia di passare per un perturbatore di un ordine consolidato, in cui ognuno crede di aver trovato la sua collocazione.

Non vi scandalizzate ma, mutatis mutandis, questa ci sembra la stessa situazione dei giovani imberbi dei campi profughi palestinesi che, nati e cresciuti unicamente all'interno di questi campi, e formati dai soli insegnamenti degli estremisti, sanno che l'unico scopo della vita umana è la lotta all'ultimo sangue a Israele (tanto per fare un riferimento dotto, pensiamo alle ombre del mito della caverna di Platone). Rifiuteranno quindi d'istinto ogni idea di pace e convivenza non per una cosciente valutazione dei dati, ma semplicemente perché essa rappresenta qualcosa di estraneo, fuori dall'ordine (ritenuto) immutabile delle cose.

Così se a Palermo il turista tedesco viene massacrato per aver resistito allo scippo della cinepresa, o se l'Amministrazione Comunale butta fior di miliardi per l'acquisto di nuovi autobus Renault che restano poi fermi nei garages dell'AMAT, essendo di dimensioni incompatibili con gli impianti automatici di lavaggio e rifornimento, o se il Sindaco commissiona a chi gli pare tutta una serie di attività (pubblicazioni inutili,...), tutte di importo leggermente inferiore ai 50 milioni, guarda caso il limite al di sotto del quale non è necessaria l'approvazione del Consiglio, beh, il tutto rientra nell'ordine naturale delle cose, che cosa c'entra l'elezione del sindaco con tutto ciò?

Se invece il Sindaco uscente fa venire le ceneri di un assassino giustiziato nelle carceri americane per cavalcare l'ondata di pietismo che il caso ha ingiustificatamente suscitato, e dopo avergli conferito la cittadinanza onoraria, allora ...

E che dire di Roma, dove la segnaletica stradale orizzontale non esiste più, nemmeno a ricordo di una civiltà passata?

Ancora, quanti napoletani pensano (con orrore) che nella loro città si raggiunge nel totale disinteresse anche il 30% di evasione scolastica? O ricordano che dietro la facciata dei concerti popolari in Piazza del Plebiscito, c'è la realtà dell'esercito dislocato in città per tentare di arginare le conseguenze di un degrado crescente?
Una Piazza del Plebiscito che, ripulita in quattro e quattr'otto dal governo Berlusconi nel 94 per ospitare il G7, testimonia come, volendo, con una amministrazione efficiente il recupero della città si può fare.

Ma nelle città lasciate andare allo stato brado, essendo i sindaci troppo impegnati a fare i testimonials in TV, quanti volete che si rendano conto delle reali assurde condizioni in cui vivono?

Non a caso la TV progressista si guarda bene dal mostrare certe realtà delle nostre città (cosa che purtroppo fanno le televisioni estere: che fine hanno fatto quei solerti rappresentanti dell'allora opposizione che, durante il governo Berlusconi, guidarono una troupe olandese alla scoperta dello ZEN di Palermo per mostrare il degrado in cui il Governo lasciava la città?).
E non a caso i sindaci e candidati progressisti rifiutano scientemente il pubblico confronto davanti agli elettori, e invocano il voto per gli immigrati.

Se questo accade nelle grandi metropoli malate, è vero invece che nei comuni più piccoli, dove certe differenze tra "vivibilità" e "degrado" sono ancora percepibili, e l'opera degli amministratori può, volendo, essere valutata in un'ottica meno distorta, non a caso il Polo riscuote buoni successi elettorali..

Tanto più importanti se si tiene presente la condizione di "punizione" in cui sono tenuti certi piccoli comuni, in particolare del Meridione, che abbiano osato eleggere un'Amministrazione non allineata con l'Ulivo. Punizione che si traduce, a livello di Enti pubblici e Uffici amministrativi, nel bloccare le pratiche di questi comuni e soprattutto l'erogazione di eventuali fondi per opere pubbliche, e di giocare quindi in campagna elettorale sulla presunta inefficienza di queste amministrazioni. Pratica scandalosa, in puro stile feudal-mafioso, che bisognerà prevenire in occasione di una eventuale riforma dello Stato, se mai ve ne sarà una.
Signori della Bicamerale, prendete nota.

Connessa a queste due situazioni, c'è poi la convinzione, specie nelle regioni meridionali, che solo mettendosi al servizio del Signore di turno si possa sopravvivere, ricevendo da questi, bontà sua, pane e ricompense. In effetti è stata questa, nei secoli, la via più facile per sopravvivere alle varie dominazioni, più facile certamente che ribellarsi per i propri diritti. Questo dà forse anche ragione delle frequenti massicce oscillazioni elettorali da un estremo all'altro, che si verificano regolarmente al Sud, e che appaiono ben lontane da motivazioni ideologiche.

Con queste realtà, l'Italia dell'Ulivo vorrebbe integrarsi in Europa, in quell'Europa ove i Consigli comunali si preoccupano dei dossi sulle strade. Buona fortuna!

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