COMPAGNI DI STRADA

di Ruggero Nazareno

Ho letto sul Corriere della Sera di domenica 28 settembre un articolo che mi ha fatto sorridere e pensare. L'articolo rivelava, cosi' mi e' parso, al di la' evidentemente delle intenzioni dell'autore, il forte complesso d'inferiorita' che molti nostri intellettuali ancora oggi nutrono nei confronti della sinistra. Nell'articolo in questione, per dirla brevemente, la sinistra veniva accusata di non essersi liberata ancora del vecchio vizio di travisare la storia.

L'occasione dell'accusa era un fondo dell'Unita' che attribuiva solo alla sinistra il merito di aver rivelato la natura aziendalista del partito di Berlusconi. Naturalmente aveva ragione il giornalista del Corriere: tutti sanno che sin dalla sua fondazione Forza Italia e' stato accusato un po' da tutti di essere il partito della Fininvest. Pero' aveva anche ragione il giornalista dell'Unit� in quanto capiva o sapeva che una simile accusa, con una campagna che va avanti dal 1994 se non prima, era funzionale soprattutto alla strategia del suo partito, e quindi giustamente ne rivendicava il merito.

Mi son ricordato allora di un mio compagno di scuola, cattolico di ultrasinistra, che gongolava ogni volta che aveva l'impressione che i comunisti si accorgessero di lui, per poi passare alla depressione piu' nera quando si sentiva ignorato o messo da parte. Molti nostri giornalisti ed intellettuali, che comunisti non sono, soffrono a non sentirsi abbastanza gratificati da questi e soprattutto a non sentirsi considerati alla pari. Vorrebbero fare la strada insieme ai compagni e decidere assieme il percorso.

Non solo, essendo intellettuali, pretendono anche di insegnare ai comunisti cosa dovrebbero essere e cosa dovrebbero fare. Quando poi si rendono conto che i comunisti, sapendo bene dove vogliono andare, prendono la strada che piu' aggrada loro, allora i nostri intellettuali si sentono traditi, allora passano all'attacco accusando i compagni d'ingratitudine.

Ma passata la buriana, alla prima carezza di questi, gratificati, devieranno quanto basta dalla strada che ritenevano giusta, riprendendo felici a seguire docilmente i compagni. Succedeva nella prima Repubblica, succede a maggior ragione nel simulacro della seconda.

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