IL PICCOLO CHIMICO

di Tito Livio

Narrano le cronache che negli anni della dominazione francese in Sicilia, i palermitani si rivoltarono contro i dominatori allorquando uno di questi si permise di accarezzare (pare per sbaglio) le natiche di una popolana: toccati nell'onore, dettero vita ai Vespri Siciliani. Si era nel 1282.

Di fronte a Carlo VIII che minacciava di far suonare le sue trombe, Pier Capponi salv� Firenze minacciando (un po' temerariamente) " ...e noi suoneremo le nostre campane!". Si era nel 1494.

Di fronte ai soldati francesi del generale Aubigny che diedero del "codardi" ai soldati italiani, questi lanciarono il guanto di sfida a difesa del loro onore, e si giunse alla Disfida di Barletta. Si era nel 1503.

Spronate dall'incalzare della Storia, le popolazioni di Brescia, Milano e Venezia osarono ribellarsi alla dominazione austriaca, dando luogo alle famose "Giornate", e pagando poi a caro prezzo il loro orgoglio. Si era a met� del secolo scorso.

Schiaffeggiato dalla Francia all'epoca delle conquiste coloniali europee (occupazione francese della Tunisia) il Regno d'Italia si lanci� nell'impresa di Libia e qualche decennio dopo in quella d'Etiopia. Sanzionato per quest'ultima (tardiva) impresa, da coloro che queste imprese le avevano completate prima, il regime fascista si lanci� in un'orgogliosa autarchia. Si era introrno al 1936.

Offesa per non essere stata consultata, l'Italia di Craxi e Andreotti si ribell� alla disinvoltura degli americani, schierando i carabinieri in armi per liberare Abu Abbas, terrorista e stragista assassino, da essi catturato dopo l'affare dell'Achille Lauro. Questo scatto d'orgoglio, forse degno di miglior causa, avvenne a Sigonella nel 1985.

Salvo omissioni dovute alla fretta, sono questi i soli episodi che ci vengono in mente in cui noi Italiani abbiamo mostrato una qualche fierezza agli occhi del mondo in questi ultimi 1500 anni.

Viceversa, l'accettazione passiva di ogni dominazione, il mettersi al servizio dello straniero di turno, il correre dietro ad ogni nuovo conquistatore (magari chiamandolo "liberatore", onde mettere a posto la coscienza) cambiando sull'istante anche l'uniforme indossata, insomma il mettere la propria dignit� sotto i piedi, ci sembra essere una costante italica, dalle invasioni barbariche in poi.

Emblematica l'epopea garibaldina del 1860, ove ottocento avventurieri (sia detto con tutto il rispetto) vennero accolti come liberatori sia (in pratica) dalle stesse truppe borboniche che dalle popolazioni del Regno delle Due Sicilie, che sino ad allora non avevano dato per la verit� particolari segni di insofferenza verso i Borboni o di volont� di cambiare Re e regime.

Ancora pi� emblematica la nostra reazione agli avvenimenti legati alla liberazione nel 1944/45, da non confondere, anche se ovviamente correlati, con quelli politico-militari del '43. Non ostante i (discutibili) bombardamenti su obiettivi civili ed il (raccapricciante) lancio di giocattoli-bomba, destinati a fiaccare il morale della popolazione italiana con le mutilazioni provocate in particolare sui bambini, le truppe alleate vennero accolte in Italia con manifestazioni di giubilo e servilismo che andarono ben oltre il giustificato sollievo per la cacciata dei tedeschi.

Fu per questo che nacquero allora tanti figli di NN, ricordati da Lucio Dalla nel "Ges� Bambino" della sua canzone "Marzo 1943", figlio di qualcuno "...che veniva dal mare/parlava un'altra lingua/per� sapeva amare...", e nacque pure il mito dello "sciusci�".

Gi�, lo sciusci�, quello che va a lucidare le scarpe dei soldati liberatori in cambio di una cioccolata, lo sciusci� di cui ci siamo vantati (e ci vantiamo) in giro per il mondo grazie al neo-realismo di Rossellini.

Aperta parentesi: che non abbia ragione chi sostiene che noi Italiani siamo geneticamente un popolo di schiavi, essendo discendenti degli schiavi che, affrancati dai Romani, furono mandati a coltivare la Penisola, in cambio di braccia e sangue per l'esercito, ormai snobbato dai cittadini romani? Chiusa la parentesi, torniamo a noi.

Sappiamo che la fine della guerra � stata molto pi� drammatica per i nostri ex-alleati Germania e Giappone, la prima praticamente rasa al suolo dai bombardamenti e poi anche smembrata, la seconda essendosi beccata anche un paio di atomiche. Eppure non ci risulta che tedeschi e giapponesi, bench� stremati e affamati, andassero a lucidare le scarpe dei vincitori, o comunque, anche se l'hanno fatto, non ne hanno fatto motivo di vanto e orgoglio nazionale con films neo-realistici, a nostra conoscenza.
Chiedere a Veltroni per cinematografica conferma.

Ebbene, oggi Prodi, Dini e Ciampi si lamentano se "l'ONU ammaina il tricolore" come titolano i giornali, se gli Stati Uniti cio� ci vogliono escludere dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU per fare posto, guarda un po', proprio a Germania e Giappone.

Quello stesso Prodi che "far� vedere i sorci verdi" ai tedeschi e che si f� sbertucciare da Aznar quando gli va a proporre le sue italiche furbate!

Quello stesso Dini che porge all'ONU l'Italia come base per le operazioni militari in Bosnia e che accetta l'esclusione dell'Italia dal comando integrato delle operazioni stesse!

Quello stesso Ciampi che va a supplicare i funzionari di Bruxelles e i banchieri di Francoforte, di benedire i suoi conti truccati (rimborsi e pagamenti congelati, inflazione ufficiale che non tiene conto dei generi pi� soggetti ad aumenti,...) in vista dell'Euro e che, mentre svende ai soliti amici l'argenteria dello Stato, procede con lucida determinazione al piano suicida (concordato? imposto? barattato?) di deindustrializzazione dell'Italia.
Altra parentesi: ma ci rendiamo conto che ora, dopo la vendita della quota Montedison in Montell, per fare un po' di chimica in Italia non resta che andare in un negozio di giocattoli e comprarsi il "Piccolo Chimico"? Chiusa la parentesi.

Ebbene dicevamo, questa gente che piange perch� 'l'ONU ammaina il Tricolore" e poi va in Veneto ad osannare il Tricolore circondandosi di gente che sventola bandiere rosse, farebbe molto meglio a rivedersi un po' di Storia, e valutare cosa significhi il non avere dignit�.

Purtroppo, cos� come il coraggio, anche la dignit� non si acquista al supermercato.

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