IL LUPO PERDE IL PELO...

di Massimo Galanti

..ma non il vizio.
Ci si chiede perche' i pubblici ministeri di Milano abbiano richiesto al Parlamento il permesso di chiedere al Giudice per le indagini preliminari di poter arrestare Previti.

Si dice che i pubblici ministeri non fossero sicuri della procedura, ovvero se prima di inoltrare la richiesta al GIP non se ne dovesse chiedere il permesso al Parlamento. Il dubbio e' totalmente pretestuoso, infatti la Giunta per le Autorizzazioni a Procedere ha impiegato pochissimo tempo per decidere all'unanimita' di rinviare gli atti alla Procura di Milano.

D'altro canto pur non essendo esperti di questi problemi basta un minimo di logica per ipotizzare una procedura corretta, che non puo' essere certo quella di investire il Parlamento di compiti che devono restare di assoluta competenza e prerogativa del GIP. Costui infatti qualunque fosse stata la decisione del Parlamento si sarebbe trovato a decidere sotto pressioni tremende, costretto o a ribadire la decisione del Parlamento o ad assumere un atteggiamento a questi contrario. In tutti i casi il suo non potrebbe essere stato un giudizio sereno.
Ma forse questo e' cio' che si vuole.

Il tutto infatti avviene in un clima giustizialista che niente ormai ha piu' a che vedere con la giustizia. Un clima dove, almeno nei desideri di qualcuno, il compito del GIP dovrebbe essere quello assolutamente formale di mettere una firma sotto una decisione gia' presa dal PM.

Qui non siamo piu' a discutere di separazione delle carriere, ma addirittura di unificazione dei compiti. Avendo il Parlamento rimesso gli atti alla Procura di Milano, apparentemente le cose sono tornate al punto di prima. Ma solo apparentemente.

In realta' si e' raggiunto lo scopo vero di tutta la sceneggiata secondo un copione gia' ampiamente sperimentato in tutta la Storia di Mani Pulite: quello di creare un tal clima di colpevolezza intorno all'imputato, per cui costui, in barba alla Costituzione che prevede l'innocenza presunta fino al terzo grado di giudizio, possa venire condannato anticipatamente da un opinione pubblica intelligentemente condizionata.

In questa sapiente regia non deve assolutamente mancare il colpo di scena consistente in genere in una pubblica dichiarazione di moralita' per chi condanna e di immoralita' per chi, a norma di Costituzione, manifesta qualche dubbio.

Nel caso specifico sembrava che questa volta il Procuratore Capo di Milano avesse commesso qualche passo falso con l'indirizzare questo attestato di moralita' nientemeno che al Parlamento. Ma anche questa e' solo apparenza. Puntuali come un orologio svizzero, tre grossi calibri dell'ex Partito Comunista Italiano hanno sparato i loro cannoni.

Con assoluta logica staliniana i nostri eroi, D'Alema, Salvi e Folena, hanno nel corso della stessa giornata tenuto a precisare che qui non si deve parlare di un caso Borrelli bensi' di un caso Previti contro cui, a detta dei nostri, vi e' un impianto accusatorio molto ben documentato e di una gravita' enorme.
In un paese normale dovrebbe essere il GIP a decidere se l'impianto accusatorio e' ben documentato. In Italia questo viene deciso da qualche PM con il sostegno obbiettivo di qualche politico, quegli stessi politici che vanno dichiarando giornalmente che la questione giustizia va assolutamente tenuta separata dalla questione politica.

Ma poi se l'accusa e' ben documentata, perche' chiedere l'arresto dell'eventuale imputato dopo piu' di un anno? Si legge negli atti che Previti potrebbe inquinare alcune prove che devono ancora essere raccolte. Ma se mancano delle prove cosi' importanti, allora l'impianto accusatorio non e' ben documentato. E' chiaro che ogni affermazione di D'Alema e compagni puo' essere messa alla prova e ribaltata, questo anche D'Alema lo sa. Ma non e' questo il punto.

L'importante e' che il caso sia uscito dall'ambito della magistratura e che il giudizio venga emesso da un opinione pubblica sempre piu' guidata da giornali di parte.

Notare che per Prodi e' stata formulata circa un anno fa una richiesta di rinvio a giudizio, richiesta che non e' stata ancora presa in considerazione. Chissa' se anche quella richiesta e' ben documentata e se il fatto e' di un enorme gravita' con relative implicazioni morali. Non possiamo saperlo perche' quest'argomento e' tabu' per la nostra stampa libera ed indipendente. Per Previti si sarebbe potuta usare la stessa discrezione che si e' avuta con Prodi, o con lo stesso D'Alema che e' ancora sotto inchiesta per la faccenda delle Cooperative rosse. L'immagine di costoro, grazie a dei pubblici ministeri che conoscono i loro doveri, e' ben protetta cosi' come vuole la Costituzione.

Ma cio' non vale per Previti, o per Berlusconi, che probabilmente e' il vero bersaglio di tutta la storia, essendo costoro avversari politici del presente regime.

Ma perche' meravigliarsi: l'Unione Sovietica che tanto posto ha avuto nei cuori e dei nostri eroi e di tanti giornalisti sessantottini, e' stata maestra insuperabile nell'uso del simulacro della giustizia a scopo politico.

Ci dispiace per Previti, non perche' e' Previti, ma perche' uomo e cittadino. Purtroppo non possiamo farci nulla: innocente o colpevole, in tutti i casi e' stato gia' condannato.

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