AZIONE CATTOLICA

di Tito Livio

"E' la Fede cristiana che tiene unito il Paese" si è sentito in dovere di dichiarare il Primo Ministro R. Prodi, per riparare probabilmente ad una precedente gaffe sull'invadenza del Vaticano.

Con questo finalmente le cose si chiariscono e Bossi è servito: se i nostri governanti non riescono a trovare valide argomentazioni da opporre alle confuse pretese del senatùr, ebbene questi sappia che c'è comunque un baluardo insormontabile all'autonomia, ed è l'unità degli Italiani nella Fede.

A massima garanzia dell'unità nella Fede, siede il Presidente della Repubblica che, nelle occasioni ufficiali, sfoggia all'occhiello il suo distintivo di appartenenza all'Azione Cattolica.

Sarebbe facile ironizzare sull'incapacità del Premier a vedere altri valori che giustifichino l'unità di una Nazione, storici, geografici, politici, linguistici, etnici, economici, e sulla sua involontaria implicita affermazione che chi non si riconosce nella Fede cattolica dovrebbe essere estromesso dalla nazione italiana, ma sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.

Quello che vorremmo far risaltare sono invece un paio di considerazioni più generali che quella frase ci ha ispirato.

Ripercorrendo la storia d'Italia dalla fine dell'impero romano, ci si trova difronte ad una constatazione: ogni volta che il potere "laico" ha fallito, per propria inefficienza o perché travolto da eventi esterni, il Papa e la Chiesa sono intervenuti, o comunque si sono ritrovati ad essere l'unico punto di riferimento per le popolazioni, una fortezza a loro difesa, una guida per la loro sopravvivenza. In pratica l'unica Autorità riconosciuta, al dileguarsi di qualsiasi altra autorità.

Esemplari rimangono Leone I che ferma Attila, investendosi del ruolo affidato in precedenza alle legioni romane, i monasteri e gli ordini religiosi che assicurano nei secoli bui la continuità dell'istruzione, Enrico IV che a Canossa si sottopone ad una cocente umiliazione per ottenere il perdono papale (viatico necessario per ritrovare autorità), la Roma papalina che sopravvive indenne alle varie dominazioni straniere e alla decadenza postrinascimentale, Pio XII che simbolicamente rimane l'unico a difendere Roma dopo l'8 settembre.

Avrete capito dove vogliamo arrivare: quella frase di Prodi ci sembra l'involontaria dichiarazione di avvenuto fallimento, la resa delle Autorità e delle Istituzioni, resesi conto di essere state irrimediabilmente travolte dagli avvenimenti.

In effetti, uno Stato che arriva legalmente a mettere in libertà e stipendiare assassini con oltre 60 omicidi sulle spalle, e contemporaneamente a mettere in galera e condannare all'esilio per "incesto" un suocero che se la fà con la nuora, o che dichiara di aver ridotto il debito pubblico 97, avendo rimandato al futuro il pagamento dei creditori, non ci sembra in condizioni di sfacelo minori di quelle dell'impero romano all'epoca di Costantino, cui non restava che il Cristianesimo per tenere uniti i frantumi, e delle invasioni barbariche.

La disgregazione sociale è ormai tale che l'impero romano e l'impero di Romano si rivolgono alla Fede cristiana, non avendo più collanti adeguati a tenere insieme i cocci in cui si sono ridotti.

L'idea di un nuovo Stato Pontificio non ci entusiasma, ma ci entusiasma ancora meno sapere di essere in mano ai becchini della società italiana: incapaci di qualsiasi programma e visione costruttiva, essi si limitano a condurla alla fossa della barbarie e del sottosviluppo.

La seconda considerazione può sembrare in contraddizione con la precedente, ma la conclusione, ahimé, è la stessa.

La creazione ed il consolidamento dello Stato unitario nel secolo scorso furono, come noto, ostacolati in tutti i modi dalla Chiesa, che vi temeva non tanto la perdita del potere temporale, divenuto anacronistico, quanto la laicizzazione della società italiana: il motto cavouriano "libera Chiesa in libero Stato" significava appunto laicizzare l'organizzazione statale, lasciando alla Chiesa la giurisdizione in materia di Fede e di soprannaturale.

Non per nulla, poco dopo la proclamazione del Regno d'Italia, il Papa Pio IX lanciò il "Non Expedit", il divieto cioé per i cattolici italiani di partecipare alla vita politica, di votare e di candidarsi alle elezioni. Questo boicottaggio durò più di quarant'anni, quando Pio X si rese conto che esso era diventato uno strumento controproducente, che rischiava di allontanare dalla Chiesa tutti quei cittadini che vivevano la realtà quotidiana della società civile, di cui volevano essere parte attiva, e a cui della "presa di Roma" non importava più nulla.

Nacque così la nuova strategia della Chiesa di agire dall'interno della società, cercando di condizionare e in prospettiva di assumere il controllo dello Stato italiano mediante proprie organizzazioni. Non essendo alla lunga riuscita ad impedire la formazione dello stato unitario, la Chiesa si preparava dunque al "colpo grosso" dall'interno.

Strategia già abbozzata da tempo con quel "Programma per l'Azione Cattolica in Italia", che aveva tra i suoi primi obiettivi la lotta all'istruzione elementare obbligatoria, cioè alla scuola statale.
E' così che, concedendo sempre più deroghe al "Non Expedit", si arrivò progressivamente alla sua abolizione ed alla nascita della Azione Cattolica e della Democrazia Cristiana.

Il risultato di questa strategia si é visto con la caduta del Fascismo e la fine della guerra: la Democrazia Cristiana si avvia a governare il Paese, basandosi sull'unità dei cattolici e lo spauracchio del Comunismo. Celebre il manifesto di propaganda elettorale che, sotto l'effigie di Stalin, ammonisce l'elettore: "Nel segreto della cabina Dio ti vede, lui no!".

E tutto filava per il meglio quando il meccanismo improvvisamente si inceppò. Con l'esplosione della modernità, gli italiani si ribellarono a questa "tutela", scoprendo la possibilità di votare per altri partiti laici, senza per questo sentirsi eretici, ed assestarono un colpo di maglio di incredibile audacia, il referendum sul divorzio, ad emblema della ritrovata laicità.
Il resto è cronaca. La fine dell'unità dei cattolici e la laicizzazione della società hanno progredito a ritmi incessanti, riconducendo la Fede nell'ambito che le è proprio, della sensibilità individuale.

Purtroppo l'assenza di una concezione laica dello stato, con la mancanza di un ricambio politico prima, e la pratica del consociativismo quale sistema per mantenere il potere poi, non ha permesso il consolidamento delle strutture democratiche, contrariamente agli altri paesi dell'Europa occidentale ma, viceversa, ha posto le premesse per il loro crollo: inefficienza e corruzione. Ed è bastato accendere un cerino come quello di Tangentopoli, per provocare l'incendio della cartapesta e ridurre tutto all'attuale cumulo di macerie fumanti.

Sarà raccapricciante, ma non certo privo di logica, che con le piume ancora bruciacchiate, i residui della Democrazia Cristiana, con il distintivo dell'Azione Cattolica all'occhiello e l'aiuto di buona parte delle gerarchie cattoliche italiane, abbiano fatto e disfatto perché i rappresentanti della moderna democrazia liberale venissero privati della delega avuta dagli elettori a ricostruire il Paese. Meglio, molto meglio governare con i postcomunisti, anch'essi con le piume bruciacchiate dalla Storia. Affare non privo di logica appunto, essendo questi ultimi per definizione assimilabili ad una "chiesa", con dogmi e verità indiscutibili che scendono dalla gerarchia.

Quello che sembrava un disastro, si trasforma d'incanto in una vittoria definitiva. "E' la Fede cristiana che tiene unito il Paese". Si compie così alla fine del millennio l'opera di lotta allo stato liberaldemocratico iniziata al principio di questo secolo (ed ancor prima) da tutte le forze antirisorgimentali, e condotta con alterne vicende durante questi cento e passa anni.

E' curioso che oggi parlino di Stato unitario, di Patria e di Nazione, lanciando anatemi a Bossi e ai Serenissimi Veneti, proprio coloro che questi concetti hanno sempre osteggiato.

Più ancora che curioso, è drammatico constatare come i Vertici delle Istituzioni, in spregio allo Stato laico, stiano trasformando l'Italia in uno stato integralista, ove il totalitarismo di marca leninista fà da supporto alla confessionalità.

Ancora una volta, quanti ingenuamente credono che il confine tra l'Italia e l'Europa si annullerà passando per il 3% di Maastricht, si diano un energico pizzicotto: il confine con l'Europa si sta allargando sempre più, a mano a mano che l'Italia si allontana dai modelli liberaldemocratici dell'Occidente, attratta, come sembra, dall'integralismo terzomondista di marca sudmediterranea.

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