CARPOOL

di Eros Capostagno

Abbiamo ascoltato con interesse il Ministro per l'Ambiemte, Edo Ronchi, illustrare il suo Disegno di Legge per combattere l'inquinamento urbano, problema sicuramente grave in molte città italiane.

Tutto il piano sembra centrato sull'obiettivo di una riduzione del numero delle auto circolanti nei centri cittadini, visto che le auto sono considerate come le maggiori fonti di inquinamento urbano.

Non possiamo che concordare su questo obiettivo, anche perché ogni volta che andiamo in Italia siamo confrontati con il problema della sopravvivenza in quanto pedoni. Già, perché nelle strette viuzze dei nostri centri storici, non solo siamo costretti a camminare con un fazzoletto sul naso a causa degli scarichi delle auto, ma anche e soprattutto corriamo il rischio permanente di finire investiti, in assenza di marciapiedi o nell'impossibilità di utilizzarli a causa delle auto tranquillamente parcheggiate sopra, alla faccia del mondo (e dei vigili urbani in servizio dietro qualche scrivania).

Come se non bastasse, dobbiamo poi anche subire l'incomprensione di parenti e amici che non riescono a capire le nostre pretese circa il diritto di essere pedoni, equiparato ad una stravaganza di chi, vivendo all'estero, vive un po' fuori dal mondo.
Pazienza, immersi tutti i giorni in quel certo tipo di andazzo, risulta evidentemente difficile anche solo immaginare uno stile di vita differente, magari del tipo di quelli normalmente in atto in altri Paesi europei.

Chi invece sembra davvero vivere fuori dal mondo è proprio il Ministro Ronchi, che immagina di risolvere i problemi di inquinamento atmosferico, congestione del traffico e spreco di denaro ("da uno a due milioni di lire l'anno per cittadino", ha detto), creando la figura del "traffic manager" aziendale ed introducendo i "taxi collettivi" sul modello di Città del Messico.

Non sappiamo quanto originali siano queste idee. Già dagli anni '60 le grosse aziende italiane, i centri di ricerca, ecc., utilizzano pullmans che, seguendo percorsi fissi attraverso la città, raccolgono i propri impiegati ed operai per portarli al posto di lavoro e viceversa, senza bisogno di esotici "traffic managers".

Senza andare troppo lontano, il Ministro poteva ad es. informarsi su queste esperienze, presso l'ENEA (ex CNEN, Comitato Naz. per l'Energia Nucleare) che dagli anni '60 appunto, assicura questo servizio ai dipendenti da Roma verso il proprio Centro di Ricerche sul lago di Bracciano.
Ma forse questo antico sentore di nucleare deve provocare l'allergia al verde Ministro.

Questi servizi esistono ovviamente anche negli altri Paesi. Anni fa fummo catapultati a Parigi ed il primo giorno utilizzammo un taxi per recarci al lavoro, situato in una (per noi) sconosciuta località a circa 30 Km. Quello stesso giorno bastò una segretaria per farci conoscere orari e percorsi dei pullmans aziendali: in meno di cinque minuti disponevamo di fotocopie con orari, percorsi, collegamenti e piantine per poter scegliere il pullman a noi più adatto. Ora ci viene il dubbio: che invece di una semplice segretaria, non si fosse trattato di una "traffic manager"?

Questi servizi, dicevamo, risultano però funzionali nella misura in cui possano circolare speditamente ed essere funzionalmente integrati con il restante sistema di trasporti urbani ed extraurbani. Le aziende con più di 300 dipendenti, cui le idee di Edo Ronchi si riferiscono, sono infatti normalmente situate alla periferia delle grandi città, o addirittura fuori della zona urbana.

Con il decentramento avviato da De Gaulle dopo il maggio '68, università, centri di ricerca, aziende si sono dislocate nella regione parigina ed hanno organizzato un sistema gratuito di "navettes" che fanno servizio tra il posto di lavoro ed il capolinea di una qualsiasi linea della metropolitana.

L'elemento essenziale, che sembra sfuggire al nostro Ministro, è proprio questo: una volta messo in condizione di utilizzare i normali sistemi di trasporto urbano, il lavoratore parigino può contare sulla loro impareggiabile efficienza, e tornare tranquillamente a casa sapendo che questa, nella peggiore delle ipotesi, disterà al massimo 300 metri dalla più vicina stazione del metrò. Analogamente, il lavoratore che non abiti in città, ma in una diversa località della banlieu, può contare sul metrò espresso regionale (RER), che tra l'altro continua a svilupparsi senza sosta.

Non sapendo che i parigini cominciarono a circolare in metrò già nel 1898, ed i londinesi addirttura dieci anni prima, il nostro Ministro dimentica che parlare di metropolitana nelle città italiane, solo perché esistono una o due linee, è un puro eufemismo vuoto di significati. Ve l'immaginate il lavoratore romano, o delle altre grandi aree urbane italiane, scaricato dai pullmans aziendali alla fermata di un autobus urbano di periferia?

Né sorte migliore ha attualmente quel lavoratore il cui pullman aziendale continui in un percorso urbano: la difficoltà di circolare nel traffico cittadino è superiore a quella di una piccola utilitaria, con conseguente allungamento dei tempi di trasporto. Anche se più economica, questa soluzione non può certo incentivare il lavoratore italiano a preferire il trasporto collettivo alla propria bagnarola. Che oltretutto diventa indispensabile per quei quadri intermedi che, a causa di una distorta mentalità italiana, non possono permettersi di lasciare l'azienda alla fine del normale orario di lavoro, come una qualsiasi segretaria o impiegato di basso livello, ma almeno un'ora dopo, pena lo "squalificarsi" nella carriera.
Senza contare poi che, nonostante l'efficienza, le file in entrata e uscita da Parigi esistono lo stesso.

Una seria gestione delle grandi aree urbane dovrebbe svilupparsi a nostro avviso su due direttrici: il capillare trasporto sotterraneo (metropolitane), tipo appunto Parigi, Londra,..., cioé tutte le metropoli europee extraitaliane, e creazione di parcheggi, sia in periferia ai capolinea delle linee di trasporto urbano, sia in silos nei centri, affinché chi in qualche modo necessita dell'auto, sappia ove dirigersi a colpo sicuro, senza dover girare in tondo alla ricerca di un improbabile parcheggio magari in terza fila e lasciando le chiavi al posteggiatore, con tutte le conseguenze in termini di congestione, sprechi e intralci, o magari restare a motore acceso in divieto di sosta o sopra un marciapiede, aspettando che la moglie finisca lo shopping.

Creando parcheggi "regolari" prima ed impedendo dopo drasticamente il parcheggio selvaggio (con ceppi alle ruote, marciapiedi a bordo alto o protetti da paletti, blocchi di pietra,...), il traffico diventerebbe più scorrevole, rendendo vivibili anche le grandi città italiane. Visto che nell'inventare i "traffic managers" cita a modello le altre città europee, Ronchi dovrebbe anche aggiungere che gli amministratori di queste ultime fanno tutto questo, prima di scoraggiare il traffico privato. E' evidente che si tratta di piani a medio termine, che non danno gloria e notorietà immediata ai signori Ministri: sarà per questo che il medio termine, in Italia, diventa un termine che si allunga all'infinito.

Il signor Ministro "inventa" poi anche il "car sharing" (più noto in Europa come "car pool"), forse memore di quelle 600 multiple (veri precursori delle odierne monovolume), di color verde scuro che, come taxi collettivi permettevano negli anni '60 agli abitanti dei paesini di provincia, di raggiungere il centro della cittadina più vicina, per fare la spesa.
Ottima idea, per collegare appunto il circondario con le città di provincia, ma sottoposta agli stessi limiti di cui sopra se immaginata per entrare nelle grandi città.

A meno che il buon Ministro non immagini che amici, colleghi e (figurarsi!) sconosciuti abitués del medesimo tragitto, si mettano d'accordo per utilizzare una sola macchina a turno, per andare al lavoro. Ha detto Ronchi che così si fà in 250 città europee, ed in effetti si possono vedere qua e là piazzole di sosta destinate alle fermate dei car-pools, né più né meno delle fermate degli autobus. Peccato che poi, nella realtà, questo tipo di trasporto si limiti, a nostra conoscenza, a due (più difficile a tre) amici che, vivendo nello stesso caseggiato e lavorando nello stesso ufficio, decidono, salvo impegni personali, di fare il viaggio insieme.
E se questo avviene in Paesi dove la gente è ordinata e ligia alle raccomandazioni delle autorità, figuriamoci con l'individualismo e la diffidenza che regnano da noi!

Viceversa, in queste città esistono gli "achttax", pullmini taxi da otto posti normalmente utilizzati su abbonamento, ad esempio come scuolabus durante l'anno scolastico, oppure adibiti al trasporto di chi è costretto su una sedia a rotelle, con meccanismi pratici per la salita e discesa della stessa, in funzione quindi sociale. Di tutto questo non abbiamo trovato traccia nei programmi del Ministro .

Forse non è un caso che il Ministro Ronchi renda noto questo suo miracoloso progetto (progetto?) in piena estate. Non per un colpo di sole, beninteso, ma perchè attribuendo alle auto la responsabilità dell'inquinamento urbano, egli ha pensato solo allo smog estivo, dimenticando che la causa principale di inquinamento in inverno, sono gli effluvi degli impianti di riscaldamento degli edifici.
E su questo punto forse il Ministro si troverebbe un po' in imbarazzo nel prendere a modello altre metropoli europee.

Prendiamo Parigi. Il riscaldamento delle case non inquina affatto la capitale, per il semplice motivo che è quasi tutto elettrico, i termosifoni sono cioé elettrici e non necessitano di caldaie a gas o gasolio con i loro scarichi inquinanti. Come se non bastasse, la gente risparmia davvero, essendo il costo dell'elettricità in Francia estremamente basso.

Miracolo? No, semplicemente che l'80% dell'energia elettrica in Francia è prodotto da centrali nucleari, che ne producono in abbondanza (tanto che l'ENEL si approvvigiona appunto in Francia per sopperire alla scarsità di produzione italiana) e soprattutto ad un costo che è circa 1/4 di quello delle centrali tradizionali.

Tutto questo il Ministro Ronchi certamente lo sa, ma si guarda bene dal dirlo, visto che il suo ruolo di Verde glielo impedisce: del resto, facendo il Verde Ulivo si diventa anche Ministri!

Pressappochismo nel concepire progetti, demagogia nel citare esempi stranieri che pochi possono effettivamente contestare, ideologie nelle scelte programmatiche, incapacità da parte del Primo Ministro di tenere a bada i "cani sciolti" del Governo: come al solito, l'Italia va per la sua strada.

Con l'aggiunta ora di sempre nuove fantasiose autorità, pardon, Authorities, che dovrebbero sovrintendere a tutte le attività dei cittadini, in omaggio alla formazione ideologica totalitaria degli attuali governanti. Rallegriamoci, ma solo per questa volta, che a differenza degli altri popoli europei, gli Italiani sanno fare all'occorrenza sonore pernacchie.

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