LA CULTURA DELL'ULIVO

di Ruggero Nazareno

Dicono che quelli della cosiddetta Destra siano rozzi, ignoranti ed impresentabili.

Questo non viene affermato da qualche giudice imparziale, anche perche' sarebbe difficile definire cos'e' cultura e cosa non lo sia, ma dai soliti intellettuali da proclama, o meglio da quelli che si autoproclamano tali non avendo il minimo senso del limite e soprattutto del ridicolo.

Questo e' un fenomeno tipicamente italiano. Fuori d' Italia, e forse della Francia, nessuno avrebbe il coraggio di autoproclamarsi uomo di cultura o intellettuale. In Italia il fenomeno non e' cosi` ingenuo come puo` sembrare, ma fa parte integrante della strategia comunista. Fino al crollo rovinoso, ridicolo, e purtroppo anche tragico, dei sistemi politici che si richiamano a tale dottrina, la parola intellettuale veniva in genere associata alla parola marxista. Al massimo si poteva essere a-comunisti. Non si poteva essere intellettuali anticomunisti, era una contraddizione in termini. Gli anti-comunisti venivano sempre accusati di esserlo visceralmente.

Questo sempre e solo in Italia, nel resto del mondo civile occidentale lo spiccato senso di dignita` virile di quelle popolazioni rendeva impossibile che ci si sottomettesse a simili ricatti. Quindi in Italia la parola intellettuale veniva spesa per gratificare in genere colui che poteva essere utile alla causa. Chi si ribellava a tale sistema veniva tacciato di oscurantismo se non di peggio.

Crollato il muro, per un tragico scherzo del destino, tragico per l'Italia, coloro che quel muro avevano esaltato si ritrovarono al governo. Questo poteva avvenire per un osceno calcolo opportunista dei padroni, e grazie ad una piccolissima minoranza d'elettori liberali caduti nell'errore di credere al liberalcomunismo, invenzione astutissima di qualche nostro grande giornalista. I comunisti anche quando sono ex o rifondati conoscono bene quanto la parola cultura possa fare effetto su un popolo tenuto in una secolare ignoranza.

Nessuna meraviglia quindi che il capo in seconda degli ex-comunisti diventi Ministro della Cultura, mentre il Professor Berlinguer con gioia accetti l'incarico di ministro della Pubblica Istruzione. Cosa faccia il primo, oltre a parlare continuamente di cultura, non l'abbiamo ancora capito, cosa faccia o tenti di fare il secondo sta diventando fin troppo chiaro. Basti a tale proposito accennare alla circolare con cui si invitano gli insegnanti a commemorare per il 27 aprile Antonio Gramsci.

Se fosse soltanto per ricordare le brutalita' delle dittature, ed il martirio di chi a queste si ribellano, la cosa si puo` anche capire, ma noi crediamo che con Gramsci si sia voluto commemorare anche la sua opera politica, e quindi pur con tutto il rispetto per questa figura, non possiamo dimenticare che era pur sempre un comunista. Se avessero vinto i principi in cui lui credeva oggi l'Italia si troverebbe nella stessa condizione in cui si trovano gli ex-satelliti dell'Unione Sovietica.

Non dobbiamo dimenticare d'altro canto che il Professor Berlinguer e' stato uno di quelli che all'indomani della vittoria dell'Ulivo, disse che erano 50 anni che loro aspettavano questo momento. Indubbiamente il nostro e' recidivo. Dovrebbe invece ringraziare che il fato e gli Italiani abbiano risparmiato anche a lui l'onta ed il dramma di dovere vivere sotto una dittatura comunista.

Il trucco, tornando alla circolare, e' sempre lo stesso esaltare la propria Parte in nome di principi che dovrebbero essere universali. Notare che i comunisti non chiamano mai alla lotta in nome del comunismo ma sempre e solo in nome della Liberta' e la Democrazia. Il comunismo viene sempre dopo, all'improvviso e con i metodi piu' brutali possibili, come hanno ben insegnato Lenin e poi Stalin.

C'e' anche un altro aspetto della vicenda che e' fortemente opinabile. La richiesta di commemorazione avviene in piena campagna elettorale. Il messaggio deve essere il piu' chiaro possibile: i comunisti sono eroi nazionali che appartengono a tutti, fanno parte integrante della Cultura di questo paese. Il comunismo, al di la` di deprecabili violenze, rimane sempre portatore di valori universali.

Anno 2750 a.u.c.

Una settimana prima della commemorazione di Gramsci, esattamente il 21 aprile, cadeva il 2750esimo anniversario della fondazione leggendaria di Roma.

Il Papa, con la sensibilita' che lo distingue, ha inviato un messaggio al Sindaco ed alla cittadinanza. Non ci risulta, forse sbagliamo, che dell'avvenimento si siano occupate le alte cariche dello Stato, o il Ministro della Cultura, ne` ci risulta che il ministro della PI cosi` solerte nell'invitare gli scolari a celebrare un uomo di parte, per quanto illustre sia stato, abbia pensato di far celebrare agli scolari il natale di Roma.

Sarebbe inutile esaltare qui il significato di questi 2750 anni. Vogliamo solo ricordare che sono stati, insieme all'Italia tutta, 2750 anni d'ininterrotta civilta', ed e` questo un esempio unico al mondo. Una civilta' che in ogni era storica, dall'antichita', alla cristianita', al Rinascimento, fino ad i nostri giorni, e' sempre stata all'avanguardia nello sviluppo dell'umanita'.

Tutti i paesi di civilta' europea riconoscono a Roma ed all'Italia questo ruolo, tutti meno i nostri intellettuali dell'Ulivo.

Si celebra il Giubileo, ma a parte coloro che danno a quest'evento giustamente solo un valore spirituale, per molti politici diventa questa una ghiotta occasione per rimediare un po' di sussidii, per non parlare dei soldi che porteranno i pellegrini. Si chiedono a gran voce le Olimpiadi, altri soldi ed altro scempio per la citta', e si spendono soldi e tempo ad organizzare campagne promozionali.

Ma non un cenno per i 2750 anni di Roma.

Ne` e` questo un evento da poco, per la prossima occasione ci sara' da aspettare 50 anni. Forse Roma non e' un adeguato stimolo culturale per i nostri ulivisti. Chissa' che non sia un segno che mentre nella totale dimenticanza ed indifferenza si compivano i 2750 anni della citta' culla della civilta' europea, l'Europa ci chiudeva la porta in faccia in quanto paese non gradito.

Grazie Walter, grazie Berlinguer, grazie signor Presidente del Consiglio.

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