il Rimino Sottovoce 2022



1422, "Anno di tutta pace"
"il Ponte", 20.03.2022, n. 11.

All'inizio del 1400 le lotte politiche e militari tra le Signorie mettono in crisi la nostra regione. Nel 1409 Reggio torna sotto il dominio estense. A Piacenza ed a Parma si rivedono i Visconti. In Romagna "la Santa Sede, indebolita dallo scisma, non era in grado d'intervenire in maniera efficace e di frenare le intromissioni politiche e le azioni guerresche di Milano, Firenze e Venezia che riuscirà nel 1441 ad insediarsi a Ravenna, senza che con questo si instaurasse un durevole equilibrio" (Gina Fasoli, 1975).
L'anno di pace del 1422 di cui parla Carlo Tonini ("Storia di Rimini", I, 1895), é una eccezione di quel tempo, fatto di sofferenze di ogni genere sia per le popolazioni cittadine sia per quelle rurali, come aggiunge Fasoli. La quale ci spiega che trent'anni dopo sembrò aprirsi un periodo di pace, ma si ebbero in Emilia, nel Ferrarese ed in Romagna nuove crisi e nuovi conflitti.
Questo sommario quadro è utile per capire l'annotazione di Carlo Tonini: "Ebbero quindi tregua le armi in Italia e l'anno 1422 fu anno di tutta pace". Poche parole in una pagina piena di notizie su lotte politiche, fatte non in nome del confronto ma bensì dello scontro. Mentre si cerca un cammino nuovo per la gestione della vita sociale, le istituzioni restano chiuse nella difesa delle tradizioni e degli antichi privilegi. A Venezia nel 1422 si escludono dal Maggior Consiglio i figli dei patrizi che abbiano contratto matrimoni con donne di bassa condizione sociale.
I mutamenti avvenuti in Emilia-Romagna dall'inizio del 1400 alla metà del secolo, osserva Fasoli, provocano sofferenze di ogni genere per le popolazioni cittadine e rurali. Ci sono saccheggi e devastazioni di centri abitati e di terre coltivate, carestie ed epidemie "che tuttavia non paralizzarono, come si potrebbe pensare, le pacifiche attività produttive e le manifestazioni artistiche e culturali".

Partendo proprio da queste manifestazioni, dobbiamo citare due eventi successivi al 1422 che riguardano la fama europea di Rimini. Su "Il Ponte" del 9 aprile 2006 abbiamo ricordato che nel 1430 Galeotto Roberto Malatesti segue una intenzione dello zio Carlo (morto l'anno prima): quella di costituire nel convento di San Francesco (poi affiancato dal Tempio) una biblioteca aperta al pubblico e utile soprattutto agli studenti poveri. Lo "splendido" Sigismondo (come lo chiama Maria Bellonci), arricchisce la biblioteca con "moltissimi volumi di libri sacri e profani, e di tutte le migliori discipline". Così testimonia Roberto Valturio (1405-1475) che nel 1475 alla stessa biblioteca lascia i suoi volumi. Sono testi latini, greci, ebraici, caldei ed arabi che restano quali tracce del progetto di Sigismondo per diffondere una conoscenza aperta all'ascolto di tutte le voci, da Aristotele a Cicerone, da Aulo Gellio al Lucrezio del "De rerum natura", da Seneca a sant'Agostino, sino a Diogene Laerzio ed alle sue "Vitae" degli antichi filosofi (v. "Il Ponte", 17 maggio 2009).
Una biblioteca di famiglia dei Malatesti nel XIV secolo è attestata da una lettera di Francesco Petrarca a Pandolfo ("Seniles", XIII, 10). Anche il giureconsulto Rainero Meliorati lascia (1499) i propri testi ai frati di Rimini, mentre vanno nel 1474 a quelli di Cesena le opere possedute dal medico riminese Giovanni Di Marco, come ringraziamento per un vitalizio ricevuto dal signore di quella città, da lui curato.
Una iscrizione del 1490 (e non 1420 come precisa Antonio Bianchi, 1784-1840, da cui attingiamo queste notizie), ricorda il trasferimento della biblioteca francescana al piano superiore del convento da quello a terra "pregiudizievole a materiali sì fatti" (Angelo Battaglini, 1794).
Infine arriva il meraviglioso progetto del Tempio che ci porta a ricordare la cappella delle sette "arti liberali". Dovremmo chiamarla "del pensiero umanistico", per quel bassorilievo che illustra la Concordia, con due giovani che si tendono la mano in un gesto di delicata eleganza. Forse sono lo stesso Sigismondo e la sua Isotta. Nella cappella si mostra la finalitá della Cultura, cioè educare ad una vita tra cittadini tutti uguali e quindi liberi. Questo aspetto si rivela nelle tre immagini dell'ultima striscia della stessa cappella: la Concordia appunto, poi la Città giusta e la Scuola.
Il tema della Concordia riguarda non solo la vita della città (opponendosi ai governi dei principi come Sigismondo), ma pure l'Unione fra le due Chiese (proclamata il 6.7.1439 con un decreto destinato a breve durata). Per quella unione i Malatesti hanno svolto un grande ruolo in nome della Chiesa. Nella tavola della Concordia si raffigura un'unione matrimoniale: la donna potrebbe essere Cleofe Malatesti, scelta dal papa come sposa (1421) di Teodoro, figlio dell'imperatore di Costantinopoli, e poi finita uccisa nel 1433.
Antonio Montanari



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