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il Rimino - Riministoria

Il carbonaro ringrazia Internet

Bella la definizione di carbonaro apparsa su Ariminol. Ma correlata all’ambiente riminese. Ovviamente. Non a quella grande risorsa democratica che è Internet. Dove possono girare anche balle, che però alla fine si scoprono. Ma dove circolano pure le idee sane (scusate la presunzione), senza che debbano sottostare alla licenza delli superiori, o senza che i loro autori debbano umilmente inginocchiarsi davanti a chi tiene ben serrati i cordoni della borsa. (Sì ricatto, tremendo ricatto.)
Il problema, altrettanto ovviamente, non è solo di Rimini. Ma chissà perché a Rimini esso acquista un senso del tutto particolare.
Restiamo in città, e basta. Non sono stato l’unico a sollevare il problema. Il Pasquino da solo con quel titolo da antico regime la dice lunga. Sembra quasi che un governo oscurantista regoli la nostra vita quotidiana. Opinione personale di uno solo, di pochi o di molti?
Dibattito. Dibattito. Saltiamo i pregiudizi, le pregiudiziali, raccontiamo e raccontiamoci, perché soltanto il silenzio fa il gioco dei poteri nascosti («occulti»?).
Ma chi te lo fa fare, potrà chiedermi qualche amico. Beh, la voglia di non passare per fesso. Che in città non si possano dire cose innocenti di dominio pubblico, è un fatto apparentemente comico ma potenzialmente tragico.
Che in città sia lecito soltanto il pettegolezzo, è una regola dettata da certi «diplomatici» che poi scorticano vive privatamente le persone con cui hanno che fare ufficialmente bussando invocando ottenendo.
Una illustre collega, nel senso che insegnava come me, mi ha detto appunto che io non sono diplomatico, e che in quanto tale non otterrò mai nulla. (Chissenefrega!) E quando per telefono m’ha parlato del mio pezzo cosiddetto «inquieto», vedendo chi era stato a definirmi «polemico», l’amica ha aggiunto: «Ma proprio lui, che…». E qui ricordava perfettamente l’episodio della tremenda censura rivolta al mio amico Angelo Grilli, della quale parlavo nelle tre righe che il Ponte ha tolto dal mio pezzo, dopo averlo in un primo momento bocciato in toto.
Sì proprio «lui, che…». Ma detto inter nos, non apertis verbis, come ho invece il malcostume io di fare. Scandalizzando i «diplomatici».
E poi, che cosa significa che uno è «polemico»?
Chi ha stabilito che a Rimini nulla dev’essere messo in discussione se esce da certi «palazzi», e che tutto invece può esser stroncato se proviene invece da civili abitazioni come è successo al mio amico Angelo Grilli.
Voi che siete diplomatici, ed abitate nei dintorni dei «palazzi», di quei certi «palazzi», per favore spiegatemelo. Farete un’opera di carità cristiana.
Il bello di certi cristiani è che preferiscono ingraziarsi magari i massoni, piuttosto che difendere quelli che lavorano per loro. Anche questo riguarda il problema dell’informazione, come ebbi a scrivere proprio sul Ponte, in un articolo intitolato Che idea, la «Storia delle. Una disciplina poco praticata a Rimini.
Articolo che finiva con queste parole: «Questo clima favorisce chi, nei gruppi chiusi e potenti, riesce a manovrare, grazie agli appoggi politici e finanziari offerti dagli enti pubblici. La nostra provincia (intesa pure come istituzione), si è dimostrata terreno fertile per la massoneria. Loro sì che la «Storia della idee» la sanno fare. Delle loro idee. Ed a spese nostre. (Un vecchio amico di famiglia, dichiaratamente massone, nel 1998 in occasione del convegno su Bertòla, ci confidò: «Per fortuna che ci siamo noi, altrimenti chi si sarebbe ricordato di lui...».)».


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