Primo
giorno di scuola
Ricordo ancora il primo giorno di
scuola al ?Cesಯ?
come
se fosse oggi. Eravamo tutti ammucchiati nell?androne del palazzo di Via
Parini in attesa dell?appello nominativo, che avrebbe formato anche le varie
sezioni e le varie classi.
Si conosceva appena qualche
ragazzo, perch頭agari venivamo dalla stessa scuola media, ma del resto non si
conosceva quasi nessun altro. Man mano che venivamo chiamati, salivamo per le
scale che portavano ai piani superiori e, logicamente per quei tempi, eravamo
divisi in classi maschili e classi femminili.
Fu allora che ho conosciuto il preside Castaldi per la prima volta: sovrintendeva il tutto da un pianerottolo
superiore ed ogni tanto richiamava a far silenzio quando il mormorio ed il
cicaleccio aumentava di tono.
Si percepiva giࠤal primo giorno l?importanza di una scuola di livello
superiore, infondendo rispetto e soggezione a noi tutti che ci sentivamo ancora
degli scolari.
Io fui inserito nel corso ?C? ed inizi periodo pi?lo della mia vita.
La
professoressa di Chimica
Era e rimase la pi?la di
tutte le professoresse avute in tutto il nostro periodo dell?Istituto: la
signora Cacace. Fu per lei che ebbi un incidente con il preside Castaldi.
Era la sua ora nella nostra classe e mi interrogopo l?interrogazione
mi chiese il favore di portare un quaderno all?insegnante di una classe
femminile durante la lezione. Ricordo che ella aveva sequestrato il quaderno ad
una ragazza del corso ?A?, sorpresa a fare i compiti relativi alla materia
successiva durante l'ora di lezione.
Andai e, non conoscendo perubicazione della classe, chiesi ad una
ragazza nel corridoio delle aule femminili. Questo lato dell?edificio era
strettamente sorvegliato dai bidelli ed uno di questi mi scopr젰roprio nel
momento in cui formulavo la domanda alla ragazza. Senza neanche capire di che
cosa io stessi parlando, non volle saper ragione e mi condusse subito alla
presenza del preside Castaldi. Il
preside, a sua volta sempre sospettoso quando si trattava di ragazze, non voleva
credere alle mie giustificazioni e minacciveri provvedimenti, lasciandomi
rientrare in classe. Dovette intervenire allora la prof.ssa Cacace per calmare
il preside e, se ricordo bene, anche l?insegnante fu invitata a non mandare
pi?ini nella sezione riservata alle donne.
Il
compagno di banco
Ora non c?蠰i? mio
compagno di banco era un ripetente del primo anno che poi rimase con me fino al
conseguimento del diploma: Salvatore Monaco.
Era il figlio del sindaco pro-tempore di Torre e si fece notare subito per
le sue idee politiche; il padre era un esponente del Partito Comunista, mentre
egli faceva pubblicitࠡllo scudo crociato della Democrazia Cristiana e rimase
sempre un democratico.
Con i compiti in classe ci
aiutavamo spesso reciprocamente: egli mi suggeriva gli argomenti in italiano ed
io l?aiutavo nei compiti di matematica.
In tutto il periodo dell?Istituto ci meritammo anche una punizione con
una sospensione dalle lezioni di tre giorni, perch頥ravamo stati sorpresi a
giocare con i dadi durante l?ora di Geografia della professoressa Pisani.
Allora eravamo distaccati nell?edificio dell?ex-pastificio Vitagliano alla
fine del Corso Vittorio Emanuele (il nuovo Istituto era in costruzione).
Ricordo
benissimo che Salvatore Monaco, dopo i tre giorni, si presentscuola
accompagnato da un amico, che finse di essere il fratello maggiore, ingannando
cos젩l vice-preside Galasso.
Facemmo
allora un sacco di risate, maggiormente per il fatto che l?amico, per rendere
pi?le la scena, gli diede uno schiaffo vero davanti al
vice-preside: civenne la barzelletta dell'Istituto per parecchi anni.
Franco
Solimeno
ex alunno della 5a C 1958/59
I
LETTORI CI SCRIVONO
(Da
INFO-ADEAC N. 1 - Febbraio 2004)
UN INDIMENTICABILE INCONTRO
Cari compagni, su richiesta della direzione del periodico mi ero impegnato a
scrivere due righe, pi? altro per far sentire, in tal modo, la mia presenza
a chi mi ha conosciuto (mi diplomai ragioniere nel 1968, dopo aver frequentato
il corso C) ed anche per allacciare ulteriori conoscenze con quelli che non
erano al Cesaro con me nel periodo 1963-68.
Lo
spunto di queste note mi 蠯fferto da un avvenimento che mi ha emotivamente
coinvolto nel profondo dell?animo durante le scorse festivitatalizie in
occasione di un viaggio a Napoli per recare di persona gli auguri ai parenti e
ad alcuni amici (abito a Roma dal 1972). Si tratta, nientemeno, che
dell?incontro fra lo scrivente (e la propria consorte) con la professoressa Rita
Gagliardi, docente di materie letterarie al corso C nella seconda metࠤegli
anni sessanta e i primi anni settanta e di cui rendo partecipi voi tutti che so
essere sensibili a tali fatti. Era dall?estate del 1968 che non rivedevo la cara
professoressa Gagliardi da quando, cio謠aveva svolto il delicato compito di
Membro Interno per tutti i corsi di ragioneria in occasione dei terribili esami
di Stato. Ritengo, percihe anche gli altri compagni delle sezioni A e B, che
l?hanno avuta come avvocato difensore presso la severa Commissione Ministeriale
di una volta, ne abbiano un piacevole ricordo.
Non
riesco ad esternarvi la profonda commozione provata nel riabbracciare l?amata
insegnante di un tempo, rimasta nel mio cuore in tutti questi lunghi anni e
sempre viva attraverso i miei stessi sentimenti da lei in buona parte educati ed
affinati. Mi ha parlato del suo trasferimento a Bolzano, in un primo frangente
chiamatavi dal Provveditore agli Studi prof. Alfio Cozzi, giࠐreside del Cesaro
negli anni 1965-68 senza soluzione di continuitࠨse non per qualche mese; ed in
ci mia memoria dissente da quanto pubblicato da Mimmo Della Corte nel
volumetto ?Una Citt࠵na Scuola? in cui 蠲iportato un altro nominativo per
l?anno scolastico 1966-67) e sul quale sarebbe opportuno far conoscere qualche
cenno biografico su queste colonne.
Abbiamo discorso di tante cose, vi lascio immaginare, su noi e sui nostri
compagni; mi ha molto colpito la testimonianza di profonda stima verso il nostro
Istituto della cara professoressa Rita che, vincitrice di concorso a cattedra,
rifiut comodo posto a Napoli, sua cittଠper farsi trasferire al Cesaro a
Torre Annunziata, forse perch頬o considerava un istituto pi?stigioso
rispetto a quelli partenopei.
Ma
qual era l?ambiente di questa prestigiosa scuola in quegli anni per far s젣he
diversi docenti napoletani (ma dal capoluogo venivano anche degli studenti;
nella mia classe, per esempio, ce n?era uno) non disdegnassero insegnare in un
istituto superiore di provincia? La nostra associazione, a tal proposito,
dovrebbe farsi carico di accurate ricerche in proposito cominciando col
ricostruire l?intero organico del Corpo insegnante o, almeno, tratteggiarne le
figure pi?nificative che hanno lasciato il segno della loro permanenza nella
scuola e, probabilmente, nella nostra stessa personalitࠨvedasi, per esempio,
la mitica figura del prof. Campagnuolo).
Tornando alla professoressa Gagliardi, ho da lei appreso che tuttora mantiene i
contatti con alcuni ex alunni del Cesaro e ancora serba il caro ricordo di tanti
suoi allievi dei quali ricorda persino la grafia. Mi piacerebbe, un giorno,
potermi con essi riunire per finalmente trascorrere, con la nostra cara Maestra
di vita e di sentimenti, qualche ora di serenitࠥ gioia.
Walter Guadagno
ex
alunno della 5? C ?1967/68.
P.S. In futuro, se occorre, potrei fornire qualche altra osservazione in
aggiunta a quanto pubblicato.
(Da
INFO-ADEAC N. 5 - Dicembre 2002)
....Dovevo immaginarlo che prima o poi qualcuno,
animato da nobili sentimenti, avrebbe cercato di portare oltre il tempo,
qualcosa che al tempo 蠬egata: cos쬠anni trascorsi tra i banchi di una
scuola, si fanno memoria e comune denominatore di vite parallele, per alimentare
in quelle vite un ricordo che non 蠳olo reminiscenza ma parte integrante di
ciascuna vita.
Dovevo immaginarlo che l?aver rivisto cos젰er
caso la mia scuola, dopo oltre 20 anni spinto a questo punto non so pi?da
semplice curiosit da quel desiderio tipicamente umano di riscoprire un
passato dimenticato, doveva essere un segno in qualche modo premonitore di
qualcosa che da l젡 pochi mesi sarebbe successo.
E cos젨 successo che, grazie alla sensibilitࠤi
uno dei responsabili, mi sono ritrovato a leggere il libro curato dal carissimo
Mimmo Della Corte, navigare tra le pagine del sito, ma soprattutto rivivere
giorni della mia vita nei confronti dei quali avr perenne debito di
riconoscenza, in quanto hanno profondamente segnato la mia formazione umana e
professionale.
Tra le righe del libro, tra i links del sito leggo nomi, trovo immagini, ma
soprattutto riscopro il luogo: l?Istituto Ernesto Cesaro o semplicemente la
ragioneria? come familiarmente chiamavamo la nostra scuola e, forse,
tradizionalmente conosciuta da tanti torresi. Flash-back di posti cari chiedono
il giusto spazio in una memoria che, senz?altro a torto, li ha relegati in
angusti confini. E cos젲itorna la lunga scalinata, teatro di corse per colmare
i ritardi della mattina, fatta di gradini-sgabello dove scambiarsi compiti e
valanghe di amicizia. E le porte finestre, da sempre custodi di un sapere che si
trasformano in austeri giudici estivi, vestendosi di scrutini e di voti finali.
Ed ancora corridoi fatti di voci e di aule ed aule fatte di volti e di mura e
mura come spugne impregnate di conoscenze e speranze..
E la palestra, i campi di basket e di tennis, come hangar di aerei-sogni per
vittorie sportive o pi?plicemente come spiaggie di sabbia-sudore per
interminabili sfide tra classi e sezioni. E l?incompiuta opera del Palazzetto,
orgoglioso desiderio di quanti si sono alternati nell?Istituto nella disperata
speranza di vederlo ultimato. E la segreteria, l?allora nuova ala con la
nuovissima aula-magna, il laboratorio di dattilografia?
Ricordi di luoghi per un luogo da ricordare dove
cognizioni, apprendimenti, tecniche, scienze ancora oggi si fondono con attese,
desideri, ambizioni, orgogli e danno un risultato che sono io, sono i miei
compagni di classe, sono i tanti ragazzi e ragazze che dal 1931 si sono seduti
nei banchi del Cesaro.
Ma il luogo, la scuola, l?Istituto, non purescindere, come giustamente teorizzato anche nel libro, dalla cittଠda
quella Torre Annunziata dalla quale quasi venti anni fa sono andato via
(ritornato solo per un breve periodo di tre anni dal 1986 al 1989) e nei
confronti della quale ancora oggi provo il contrastato sentimento dell?amore-odio.
Amore derivante da quell?istintivo senso di auto-conservazione di me stesso,
dei miei affetti e dei ricordi di persone care, senza il quale rischierei di
fare del male solo a me stesso, rinnegando una delle parti migliori della mia
vita; ma amore anche verso un concetto di cittࠣhe continuo disperatamente a
cercare e che non trovo nel mio infinito peregrinare: una cittࠣome Torre
dalle miti e dolci connotazioni geo-climatiche, una cittࠣome Torre che vanti
un passato ricco di tradizioni e di storia di cui sentirsi orgogliosi, una
cittࠣome Torre ancora viva nonostante gli attentati morali e fisici che ha
subito e continua a subire.
Eppure questo amore, cos젦orte dentro di me a
distanza di chilometri dalla mia cittatale, svanisce dopo poche ore di
permanenza, durante i miei sporadici soggiorni torresi. Svanisce, nel vedere il
degrado urbanistico in cui da anni versa la cittsvanisce nell?apprendere l?ennesimo
atto di violenza gratuita perpetrato ai danni di ignari concittadini; svanisce
nel constatare la mediocritࠤella classe politica deputata al governo della
cittE cos젳i fa largo questo senso di insoddisfazione, di rigetto che mi
induce ad affrettare la partenza e ritornare a peregrinare ancora in citt?sconosciute illudendomi di trovare finalmente quella giusta in cui vivere.
Lo so: 蠵na contraddizione eppure sono anni che quando mi trovo a presentare
ad altri la mia cittࠤi origine, la dipingo sempre a tinte fosche, e concludo
quasi sempre dicendo: ?Io posso parlar male di Torre Annunziata, ma guai se
sento qualcuno che ne parla come me: non lo accetto!?.
Ritornando sul Cesaro e pi?priamente sull?iniziativa
A.D.E.A.C. non posso che condividerla, complimentandomi con chi l?ha promossa
e realizzata ed augurando all?attuale Comitato Direttivo ed ai collaboratori
un proficuo lavoro. Ho spedito la mia domanda di adesione con la copia del
versamento effettuato sul conto corrente postale dell?Associazione
manifestando cos젩l mio desiderio di poter essere annoverato tra i soci dell?A.D.E.A.C.
e nel contempo, venire informato delle iniziative che l?Associazione
promuoverଠsperando, compatibilmente con il mio lavoro e la distanza da Torre
Annunziata, di poter essere presente ai prossimi incontri.
A chiunque legger࠱uesta mail, vorrei che si
facesse portavoce dei miei pi?titi ringraziamenti per il Sig. Salvatore
Izzo che mi ha permesso di conoscere l?Associazione. Un saluto carico di
affetto per Mimmo Della Corte (spero si ricordi ancora di me) alla cui famiglia
sia io che mio padre siamo stati molto legati da vicende sportive ma soprattutto
da una profonda e sincera amicizia. Ed ancora una saluto al Prof. Lello
Cosentino, anche lui con la sua famiglia parte integrante della mia giovinezza torrese.
Ed in ultimo a suggello di tutto un saluto, che in
questa circostanza si traduce in un ringraziamento devoto e sincero, a quegli
insegnanti che molto mi hanno dato, ed oggi posso dirlo con assoluta certezza,
non solo come formazione scolastica, ma come testimonianza ed esempio di vita:
Professoressa Monaco, Professoressa Amitrano,
Professoressa Sgambati, Professoressa Filosa, Professor Bandino, Professor
Capasso, Professor Sparavigna, Professor Celotto, Professor Cavaliere e gli
altri di cui purtroppo non ricordo il nome ma conservo l?insegnamento.
Francesco Servillo
Alunno dell?I.T.C.G. "E. Cesaro" dall?A.S. 1975-76 all?A.S.
1979-80
|