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Milano - Basilica di Sant'Eustorgio
Su una semplice piazzetta alberata, si alza la modesta facciata di una importante chiesa: la basilica di Sant'Eustorgio, uno dei complessi monumentali più importanti della città. La basilica fu eretta nel 515 dal vescovo Eustorgio II, che la edificò sui resti di una precedente costruzione molto più antica, nel IV Veduta aerea della Basilica di Sant'Eustorgio secolo del tempo del vescovo Eustorgio I. Verso la fine del secolo XI, la chiesa venne rifatta secondo le solide forme romaniche, e così rimase fino a che Federico Barbarossa non la distrusse quasi completamente, portando via a Colonia, nel 1164, un sarcofago romano in cui, secondo la tradizione, sarebbero stati conservati i corpi dei tre re Magi. La ricostruzione della basilica fu intrapresa verso il 1190, e fu un rifacimento che si protrasse per diversi secoli: le cappelle gentilizie che si susseguono sul lato destro della chiesa denunciano chiaramente le varie fasi di costruzione. Al Quattrocento si devono le cappelle a sud della chiesa e quel gioiello di architettura rinascimentale che è la cappella Portinari. Il campanile, alto 75 m., è del 1297-1309, eretto nelle forme tipiche lombarde, con le sottili nervature date dalle lesene, ripartito orizzontalmente da fasce di archetti, bifore nella cella campanaria e coronamento a cuspide conica.

L'interno della chiesa, lungo 70 metri, è a tre navate, di cui la centrale termina nell'ampia abside, e otto massicci pilastri cruciformi che la dividono in altrettante campate. Il vasto spazio, reso ancora più ampio dall'illusione ottica data dalla leggera inclinazione dei pilastri, è tutto dominato dalle grandi volte ribassate a crociera, che si impostano su archi a pieno centro. Per il gran numero di opere che la chiesa raccoglie al suo interno, si può considerare un vero e proprio museo: Facciata della Basilica di Sant'Eustorgio affreschi, sarcofagi, sacelli, statue.
La cappella dei Brivio, di Francesco e Tommaso Cazzaniga e del Briosco; la cappella dei Torelli, con la gotica arca su colonne tortili, della scuola di Jacopino da Tradate, che funge da sepolcro a Pietro Torelli; la cappella dei Visconti, con il sepolcro di Stefano Visconti, grandiosa edicola gotica, opera di Giovanni di Balduccio: ancora nella cappella, affreschi di scuola lombarda testimoniano i modi dell'arte toscana, primi tra tutti quelli di Giotto; e all'altare maggiore l'incompiuto dossale marmoreo con Storie della Passione. Opera sia di epoche che di mani diverse, il dossale resta tuttavia un capolavoro per l'alto lirismo e la forza espressiva. Ispiratore dell'opera fu senza dubbio un maestro appartenente al mondo del gotico internazionale (e perchè non azzardare il nome dello stesso Giovannino de' Grassi?), a cui si aggiunse il notevole contributo di un anonimo scultore di scuola campionese e di un grande ignoto maestro di formazione toscana.
E infine la Cappella Portinari, una delle più pure creazioni rinascimentali in cui si fondono mirabilmente le forme della più grande e migliore architettura toscana con la decorazione del Foppa, che porta una voce nuova anche nella pittura lombarda della fine del Quattrocento. Fu fatto costruire dal fiorentino Pigello Portinari, nel 1462 e fu terminata nel 1468, anno della sua morte. C'è chi ha voluto vedere in Michelozzo l'autore della cappella, ma L'ampia navata centrale della basilica oggi si è più propensi a credere alla paternità di un maestro lombardo che abbia interpretato felicemente in termini locali il progetto toscano. L'esterno si presenta come un corpo quadrato con quattro edicole agli angoli e un tiburio poligonale con tondi fra lesena. Anche l'interno è a pianta quadrata, con la cupola che nasce dal tamburo, lungo il quale si svolge una delicata teoria di Angeli in Stucco del Foppa. Al centro della cappella, la celebre Arca di San Pietro Martire eseguita tra il 1336 e il 1339 da Giovanni di Balduccio. Essa segna una tappa fondamentale nel cammino di rinnovamento della scultura lombarda: uscito dalla bottega di Giovanni Pisano, Giovanni di Balduccio elaborò una sua personale maniera in questa popolatissima, concitata arca, in cui il semplice ritmo contenuto si unisce alla linea gotica, tutta vibrante e inquieta.
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