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Milano - Chiesa di Santa Maria delle Grazie
Esterno della chiesa di Santa Maria delle Grazie Dalla felice unione fra le forme architettoniche toscane e il gusto coloristico della decorazione lombarda, è nata la chiesa di Santa Maria delle Grazie, ulteriore esempio del momento di passaggio fra Gotico e Rinascimento. Nel 1463, il capitano delle truppe di Francesco Sforza, conte Gaspare Vimercati donò ai domenicani un terreno sul quale sorgeva una cappella con affrescata l'immagine della Madonna detta delle Grazie. I frati dettero incarico a Guiniforte Solari di costruire una chiesa ed un convento, ed i lavori ebbero inizio il 10 settembre 1463. La chiesa, costruita fra il 1466 e il 1490, fu concepita dal Solari ancora in quelle forme tipiche di transizione fra i due stili: una facciata a capanna di tipo lombardo, divisa da lesene, con monofore in basso e oculi in alto. Solo il portale, a forma di protiro , è un aggiunta posteriore, appartenente all'epoca in cui Bramante lavorava alla chiesa. Il medesimo motivo delle monofore sormontate da un oculo riappare nel fianco, spartito da contrafforti. Il chiostro, che la tradizione attribuisce a Donato Bramante, sovrastato dalla poderosa tribuna La chiesa poteva dirsi ultimata, essendo già completati il presbiterio e l'abside, quando intervenne il nuovo signore di Milano, Ludovico il Moro, che decretò di ampliare la chiesa. Egli fece abbattere sia l'abside che il presbiterio e chiamò Donato Bramante a dare alla chiesa quella spettacolare conclusione che il grande architetto doveva realizzare nella grandiosa tribuna. Iniziata nel marzo 1492, era terminata nel 1497, quando Ludovico il Moro vi fece deporre il corpo della moglie Beatrice d'Este.
La Tribuna del Bramante è, per l'arte lombarda, una nuova lezione di stile rinascimentale, anche se è vero che il suo creatore s'ispirò al complesso absidale del Duomo di Parma per la soluzione architettonica delle tre absidi nascenti da un corpo quadrato. è tuttavia vero che nella mente di Bramante non poteva non essere presente l'idea brunelleschiana dello spazio rigorosamente concepito, che aveva dato a Firenze le sue prove migliori. La Tribuna consta di un gigantesco cubo munito di tre absidi, sul quale s'innesta il tiburio poligonale, che cinge e cela la cupola, aperto in alto da una profonda loggia di colonnine binate. La superficie, mossa continuamente dal gioco d'oggetti e di rientranze, si presta così ad accogliere la ricca decorazione fatta di nicchie, di tondi inclusi nelle finestre, di paraste a candelabra, di cornici sottili che animano, con il loro contrasto cromatico fra il cotto e il marmo, tutta quanta la tribuna. Tutto questo gioco di masse regolari serrate fra loro, non può non suggerire un senso di grandiosità L'interno di Santa Maria delle Grazie spaziale che si svolge all'interno, e che le stesse masse sembrano contenere a mala pena, nella loro animata energia.

Anche all'interno della chiesa ci colpisce la stessa emozione che già abbiamo provato all'esterno: quel magnifico contrasto fra la purezza gotica delle navate e l'esuberanza decorativa della tribuna. Guiniforte Solari ideò le tre navate divise da archi ad ogiva nascenti da colonne e coperte da volte a crociera. Ma gli archi mediani della navata centrale proseguono con le lesene che si interrompono bruscamente sui capitelli delle colonne, per cui si ha l'impressione di una delicatissima trama armonica, che avanza discreta ed elegante verso la solenne conclusione della tribuna. Qui, l'interno del cubo, pur nella sua rigorosissima definizione spaziale, appare come frantumato dalla decorazione cromatica. Quattro grandiose arcate, che si aprono sui lati del cubo, collegano lo spazio inferiore a quello superiore tramite i pennacchi. L'arcone di fondo dà luogo al presbiterio, mentre quelli laterali s'incurvano in profonde nicchie con i catini a lacunari. La decorazione pittorica è quanto mai semplice, e proprio nella sua semplità, unita al costante ripetersi del motivo, consiste la sorprendente originalità della concezione. Il motivo del cerchio, della ruota raggiata, del tondo, si ripete dappertutto: sui pennacchi, sulle cornici, sul giro degli arconi, sulle finestre.
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