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Milano - Cenacolo di Leonardo da Vinci |
I quasi diciotto anni che Leonardo da Vinci passò alla corte di Ludovico
il Moro segnarono un punto talmente importante, nella storia dell'arte lombarda del
Rinascimento, che essa ne fu totalmente condizionata per tutto il Cinquecento. Leonardo
iniziò questo lavoro, che è forse il vertice della sua arte, nel 1496 su
incarico di Ludovico il Moro che, dopo aver ampliato la chiesa di
Santa Maria delle Grazie, aveva fatto ingrandire
e abbellire anche il convento attiguo con il Refettorio. Divenne leggenda la lentezza con
cui Leonardo lavorò a quest'opera. In una lettera, inviata da Ludovico il Moro
a Marchesino Stampa, il 29 giugno 1497 si legge infatti: «... havemo
summamente a core... de solecitare Leonardo fiorentino perché finischa l'opera
del Refettorio delle Gratie principiata...»; ciò vuol dire che all'epoca
della lettera, il Cenacolo doveva essere quasi ultimato. Leonardo lo dipinse (spesso senza
posare il pennello per un giorno intero, ma talvolta anche senza mettervi mano per quattro
giorni), con una tecnica inconsueta, ma purtroppo assai disgraziata perchè ridusse
in breve tempo il dipinto ad una larva, come oggi lo vediamo: il Maestro, cioè, non
dipinse ad olio, bensì a tempera forte su una complessa preparazione di due strati
di gesso, che non ressero all'umidità. Già nel 1568, il Vasari vi
vedeva appena «una macchia abbagliata»: l'umidità si concentrava
sotto il dipinto, causando lo stacco della pellicola colorata, l'affioramento di fiori di
salnitro, l'estendersi della muffa. A questi difetti si aggiunsero nel tempo le offese
dell'uomo: i mercenari francesi nel 1500 e i soldati di Napoleone nel 1700. Scampato
miracolosamente al bombardamento aereo che nell'agosto del 1943 distrusse quasi completamente
il Refettorio, il Cenacolo fu sottoposto, dopo i tanti brutti restauri che lo avevano
scempiato nel passato, a quelli più moderni che hanno cercato di salvarlo dalla
rovina totale. Nonostante tutto, l'affresco è sempre fonte di grande emozione:
l'insieme compositivo rigorosamente prospettico e simmetrico, che Leonardo derivò
da quello di Andrea del Castagno, si amplia in una nuova direzione, quella della
profondità. Tutta la scena è immersa in una debole luce diffusa, proveniente
in parte dalle tre finestre poste in fondo alla stanza ed in parte dalla fonte luminosa
anteriore che sembra accordarsi con quella delle finestre dell'ambiente reale. Le figure
si impostano, raggruppate tre a tre, sulla linea orizzontale della tavola, di cui Cristo
è il centro, il punto fisso, su cui convergono tutte le direttrici della
composizione: gesti e sguardi degli apostoli, ognuno caratterizzato psicologicamente
nel suo diverso reagire alle parole pronunciate dal Cristo: «Qualcuno di voi
mi tradirà». |
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