TERZO RAGIONAMENTO

Le vicende sovietiche ci risolvono, quindi, diverse questioni di fondo: il terzomondismo, il leninismo, il riformismo, le alleanze, il parlamentarismo, la "transizione" al comunismo, l’organizzazione partito. Inoltre ci confermano la spregiudicatezza del tatticismo che qui verrà usato in maniera esasperata e, in più, l’uso del marxismo tout-court non come metodo d’analisi, ma come ideologia buona a tutti gli usi.

Il primo atto storico di Lenin fu di convincere ed imporre al comitato centrale del Partito Bolscevico di partecipare alla manifestazione armata promossa e guidata dai marinai (ed è bene ricordare che nelle forze armate zariste i marinai erano operai, mentre l’esercito era composto prevalentemente da contadini). Quegli stessi marinai che ritroveremo nelle vicende di Kronstadt.

L’astuzia tattica e spregiudicata di Lenin permise al Partito Bolscevico di rivendicare, così, la presa del "Palazzo d’Inverno", ma tutto ciò non gli valse molto se non di partecipare all’accaparramento di beni e magazzini alimentari e militari. Il Partito nonostante fosse organizzato "come una fabbrica", per stessa ammissione di Lenin, non controllava il territorio sovietico. Quindi gli necessitava un riconoscimento esterno per imporlo, poi, all’interno.

Sul fronte tedesco-sovietico si verificavano dei grossi sodalizi fra soldati tedeschi, austriaci e sovietici, diserzioni di massa, ufficiali intransigenti deposti ed adunanze festose e pacifiche. Tutto questo non era solo preludio ma, già, sostanziale evento di amicizia fra i popoli che i governi ponevano come rivali. Era una situazione pericolosa (soprattutto per la borghesia tedesca, in quanto paese altamente sviluppato). Alla borghesia, tramite lo Stato tedesco, necessitava un trattato con una qualsiasi controparte russa per porre fine alla pace, di fatto, tra i popoli senza frontiere e imporre e dividere con un confine ciò che le armi e la diversità di linguaggio non erano riuscite a fare, per porre fine, intendiamoci meglio, al dilagarsi di un affratellamento contagioso.

Trotzkij tentennò, ma Lenin comprese i grossi vantaggi che ne sarebbero derivati, al suo prestigio ed al Partito, sedendosi a quel tavolo. La spregiudicatezza tattica di Lenin si rese miope e sorda alle istanze di abbattimento delle frontiere e del sodalizio tra i popoli e valse, così, la ragione del Capitale e dello Stato Separato.

I machiavellisti gongolano di fronte a queste astuzie tattiche, ma sulla pelle di chi? Se non sulla stessa dei due popoli?

La pace di Brest-Litovsk segnò la fine di una grossa speranza, portò Lenin alla funzione di depositario del marxismo e confuse una rivoluzione borghese nazionale con quella ben più agognata da tutto il mondo. La Pace di Brest Litovsk, impose alla Russia di Lenin e Trotskji condizioni molto pesanti in cambio del riconoscimento politico internazionale della borghesia e cioè: la rinuncia alla Polonia, alla Finlandia, alle provincie baltiche (Lituania, Lettonia, Estonia), all'Ucraina e quindi con notevoli concessioni alla Germania. Col riconoscimento borghese internazionale del regime leninista si organizzò un esercito con i resti di quello zarista, l’etichetta fu suggestiva e roboante "Armata Rossa", dove vi affluirono cosacchi e gendarmi di prima, che reprimette dapprima le scompaginate Armate Bianche. Poi si dedicò a quelle forze umane che, ispirate da alti progetti internazionalisti, si opponevano all’attuazione del regime, e, tutto ciò lo sappiamo perché sfuggì alla segretezza tattica, grazie a un gruppo di dissidenti che parteciparono all’occupazione della Fortezza navale di Kronstadt e dotati di una radio diffusero diversi appelli10. Una parte dei marinai che occupavano la fortezza erano gli stessi che avevano partecipato, in prima fila, alla "presa del Palazzo d’Inverno". Per questa operazione la "volpe" Lenin tentennò e fu il "gatto" Trotskji a sveltire l’attacco finale alla fortezza di Kronstadt.10

Una volta rafforzato il potere dell’oligarchia su tutto il territorio russo, concessa la riforma agraria, restava il problema della "Terza Internazionale".

Ora, a noi interessa come la conduzione della Terza Internazionale si comportò nei confronti dei comunisti europei (tedeschi, olandesi, italiani, ecc.) che ne contestavano la natura nazionalista bolscevica. Per diretto intervento sovietico e di tutti i settori dell’Internazionale che erano schierati con Lenin, fu costituito il Partito Comunista Tedesco, filo-bolscevico, atto diretto ad indebolire ed a provocare delle fratture all’interno del Partito Spartachista -Spartakusbund, che fino ad allora rappresentava il vero grande polo organizzativo per i comunisti ed il movimento operaio in Germania. Ma nell’Internazionale vi erano i rappresentanti di almeno altri 6 partiti comunisti* "indisciplinati" agli interessi capitalistici dello Stato Sovietico; l’Internazionale che era diretta e tenuta in pugno da Lenin e i suoi uomini, riuscì a stravolgere quei partiti, cercando di emarginare i loro rappresentanti per sostituirli con dirigenti più omogenei, meno "estremisti" e più in linea con la linea leninista prima, e stalinista poi.

Le opposizioni internazionaliste, a cui solo Stalin riuscirà, qualche anno dopo, a chiudere la bocca definitivamente, con la soppressione dell'Internazionale, in sostanza erano raccolte attorno alle seguenti posizioni: 1) Lo Stato Sovietico doveva sottostare alle decisioni ed agli interessi dell’Internazionale. 2) Nello stesso Stato Sovietico vi dovevano concorrere elementi di qualsiasi nazionalità. 3) Che la strategia dei partiti, nei vari paesi, non doveva permettere la tattica di partecipare alle elezioni politiche borghesi (astensione elettorale). 4) Il divieto di alleanze tattiche con quelle forze che sarebbero state, in futuro, nemiche mortali.

Da questo, e da altro, si deduce che nonostante l’adesione alla Terza Internazionale, le posizioni erano distanti anni luce. L’uso, e la concezione, che Lenin voleva fare dell’Internazionale ai fini tattici del rafforzamento dello Stato Sovietico, per cui ne scaturisce la formalizzazione del "Socialismo in un Paese solo", completata poi da Stalin, si differenzia in modo abissale, dagli intenti autenticamente internazionalisti della frazione.

Anche se Lenin adoperò frasi marxiane, nei suoi scritti, non possiamo non far rilevare che i metodi e le finalità nulla avevano a che vedere con gli interessi comunitari dell’uomo e comunque con gli interessi storici del proletariato.

Si potrebbe anche comporre una mappa dei comunisti europei che iniziavano ad assumere posizioni molto critiche rispetto alle degenerazioni pericolosissime a cui si prestavano la politica dei bolscevichi Lenin e Trotskji. Si spazierebbe dalla Francia all'Olanda, dalla Germania all'Italia.

Anche Rosa Luxemburg prese posizione contro le degenerazioni innescate dal bolscevismo, ma non fece in tempo a rendere pubblici i suoi scritti. Solo dopo il 1920, Paul Levi, ormai definitivamente radiato dal partito e dall'Internazionale bolscevica, pubblicò un testo di Rosa sulla rivoluzione russa. A partire da un giudizio complessivo evidentemente ben diverso da quello espresso da Kautsky in Die Diktatur des Proletariats (La dit-tatura del proletariato, Agosto 1918), la Luxemburg avvia qui una riflessione sulle condizioni concrete dell'abuso dell'esercizio del potere da parte dei bolscevichi a un anno dalla rivoluzione di Ottobre. Vi si trova, con la "Critica del giacobinismo bolscevico", una dura denuncia, che ci lascia intuire quali posizioni e quali consensi avrebbe trovato in seno alla "sinistra comunista" dell'Internazionale (dal 1918 al 1924), la Luxemburg, se non fosse stata assassinata il 15 gennaio 1919. La critica lapidaria dei danni causati dalla tattica leninista rappresentano, comunque, l'ultima grande testimonianza scritta di Rosa Luxemburg, anche se ciò è stato riposto nell'ombra dalle commemorazioni e dalla saggistica della cultura opportunistica di sinistra. Eppure, è proprio in quell'intervento che è possibile raccogliere ciò che rappresenta la fine di una esperienza rivoluzionaria: Rosa sentiva già sulla propria pelle le conseguenze degli accordi di Brest Litovsk.

Come a puntare l'indice contro una resa che l'oligarchia leninista vendeva per una vittoria, mentre nella realtà creava le premesse per lo smembramento del movimento rivoluzionario tedesco, l'indebolimento politico e organizzativo della Terza Internazionale. È in quel clima che si riesce a comprendere, malgrado il veloce susseguirsi degli eventi, come fu possibile per il Governo Germanico sbarazzarsi definitivamente di due figure ingestibili come Rosa Luxemburg e Karl Leibnechkt.

Rosa e Karl furono trucidati mentre Lenin e Trotskji lanciavano proclami contro il "Luxemburghismo" e il cosiddetto estremismo.

A chi abbia giovato, quindi, ostacolare a livello internazionale il movimento spartachista, procedendo alla sua veloce sostituzione-di fatto- con un Partito Comunista Filo Bolscevico, peraltro di breve durata, ce lo può dire solo la Storia, con le drammatiche conseguenze che in pochi anni avrebbero finito col ripercuotersi su tutta l'Europa.

Ma i bolscevichi non si accontentarono di ostacolare l'emancipazione comunista solo in Germania: vi erano altri schieramenti che man mano andavano opponendosi a Lenin, sia a livello dell'Internazionale che a livello di intervento pratico nelle nazioni: dalla Russia stessa alla Germania, all'Olanda, al Belgio, all'Ungheria, alla Francia ed all'Italia in modo particolare.

In Italia Amadeo Bordiga restava leader indiscusso della sinistra socialista fino a riuscire a fondare il Partito Comunista con la scissione di Livorno con programmi politici autenticamente internazionalisti ma nei fatti anche antileninisti. Fatta la scissione di Livorno, costruito un partito in Italia che entra a pieno titolo nell'Internazionale, Lenin propone ai comunisti Italiani di ripiegare (sempre a fini tattici, naturalmente...) sul parlamentarismo: ma gli italiani, da Bordiga a Gramsci a Terracini, gli rispondono picche e che fatta la rivoluzione in Russia bisogna occuparsi della rivoluzione nei paesi a capitalismo conclamato... Se consideriamo che agli Italiani si aggiungevano le molto simili posizioni degli olandesi, dei tedeschi e di quei comunisti-non bolscevichi, possiamo ben comprendere come il focolaio dell'Internazionale restasse un problema per l'interpretazione arbitraria del marxismo che andavano elaborando la Volpe-Lenin ed il Gatto-Trotskji.

Si assiste quindi ad uno scontro tra quelli che erano gli interessi della via nazionale imboccata dai bolscevichi e l'internazionalismo comunista sostenuto invece dagli Italiani e da altri schieramenti, con movimenti e partiti che facevano capo a personaggi come Anton Pannekoek, Herman Gorter, Luxemburg, Liebnecht. e Korsch.

In Italia la maggioranza guidata da Bordiga si indebolirà solo nel 1924 col precipitare degli eventi: da una parte la stagnazione all'interno dell'Internazionale causata dagli interessi bolscevichi ed il cedimento di posizione11 di personaggi come Gramsci e Terracini, dall'altra la situazione nazionale, precipitata in una svolta che vedeva la borghesia nazionale affidare i propri interessi al fascismo.

Ma è solo a Lione, nel 1926, che Gramsci trova la forza per separarsi da Bordiga e conquista una maggioranza preoccupata più di salvaguardare il mantenimento dei fondi dell'Internazionale che le tesi poste e riposte da Lenin negli anni precedenti per un livellamento dei programmi che fossero in sintonia con le esigenze di Mosca, mentre in Italia, però, le uniche prospettive per i comunisti si restringevano al cerchio dell'esilio piuttosto che alla soluzione parlamentaristica. Gramsci, infatti, non riuscirà ad utilizzare per molto tempo lo strumento del parlamento, perché arrestato in seguito alle leggi speciali mussoliniane, trascorrerà in carcere il resto dei suoi anni fino ad essere anche abbandonato da coloro che si schiereranno con Stalin.

Molte sono le posizioni politiche ed economiche che adoperano i metodi d’analisi marxiani, ma ciò non toglie che rimangano posizioni inglobate dalla società stessa del Capitale. Per meglio spiegarci senza ricorrere a paroloni che possono sembrare astratti, lo stesso esempio del ravanello dovrebbe dirla lunga... anche se le illuminate e giovanili menti della cultura di sinistra hanno dimostrato una certa stitichezza a recepirne il messaggio. Dello stesso travestimento si sono rese protagoniste tante (e tanti personaggi) organizzazioni e correnti di pensiero e posizioni politiche del XX secolo. Fatto importante, quanto grave, che ha permesso la conseguente manipolazione della Storia per una migliore gestione politica.

La prosopopea tattica di respingere, da parte di Lenin, le istanze dei partiti comunisti d'Europa nell’internazionale fu capziosa e tronfia di potere acquisito. La relazioni dattiloscritte degli interventi, sfuggite alla censura della forbice, chiarificano gli intenti, i fini e le menzogne che si sono perpetuate e che, ancora, a tutt’oggi permangono.

Anche Lenin salì al cielo e gli si edificò un mausoleo (come le piramidi ai faraoni). Così a Marx si aggiunse Engels, per ciò che fece con gli appunti incompiuti de "IL CAPITALE", poi Lenin, per aver posto l’etichetta comunista allo Stato Sovietico, per aver codificato la doppia rivoluzione nei paesi sottosviluppati, senza dover attendere la rivoluzione nei paesi industrializzati, "lo "Stato-guida, la tattica , il partito organizzato come una fabbrica, le alleanze, la partecipazione tattica alle elezioni borghesi, ed altre corbellerie... Quindi Stalin*, per aver "sancito" la costruzione del socialismo in un paese solo, aver eseguito l’estinzione formale della Terza Internazionale, per aver risvegliato il patriottismo ed il nazionalismo russo ed il processo primitivo d’accumulazione nello Stato Sottosviluppato Sovietico.

Mao fece in Cina ciò che fecero Lenin e Stalin* in Russia, così Castro a Cuba, Ho Ci Min in Viet-Nam ecc. ecc.

Le rivoluzioni nazionali borghesi si travestivano, e tutt’oggi si travestono, di rosso. Gli stati rossi sottomessi alle leggi del Capitale internazionale ed ai rapporti capitalistici interni, subiscono tutti i condizionamenti conseguenti:

Disumanizzazione della produzione, alienazione dei prodotti, reificazione delle popolazioni, mercificazione dei rapporti umani, ecc. ecc. ...*

Raccogliamo la lezione storica, senza recriminazioni di stampo idealistico. Disingannati dalle mistificazioni, rifiutiamo l'uso del leninismo ritenendolo inutilizzabile. Lasciamo ai cultori del potere borghese il bricolage del leninismo.*

Poniamo così le basi dell’importante TERZA DIVARICAZIONE DI POSIZIONE.

Gli interessi generalizzabili "privati", non vanno mai anteposti né in momenti tattici, né in posizioni strategiche, per quanto giustificabili possano apparire.

 

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[10] Le vicende di Kronstadt sono importanti perché aprono una grande finestra sul panorama della transizione. Andiamo ad esaminare un periodo che va dal passaggio della guerra civile (il cosiddetto comunismo di guerra) a quella della "normalizzazione" culminata con la NEP (Nuova politica economica). Contemporaneamente, a livello internazionale, il bolscevismo di Lenin e Trostskji si avviava ad indebolire l'Internazionale Comunista, in quanto fenomeno sempre più ingestibile che andava contro tutti gli interessi contigenti e prezzolabili della tattica bolscevica. L'insurrezione di Kronstadt, per stessa ammissione di Lenin, non aveva natura anticomunista, ma si prestava alle strumentalizzazioni politiche e militari che avrebbero potuto giovare ad una ripresa in grande delle attività controrivoluzionarie. Ragionando in termini di coalizzazione di forze socialiste, di massa e rivoluzionarie, Kronstadt rappresenta il primo ed ultimo fenomeno di resistenza alle degenerazioni fuorvianti innescate dalla condotta bolscevica. Le testimonianze col "senno di poi" rilasciate nel 1937 da Victor Serge (testimone degli eventi), da Bucharin (nel corso del III Congresso dell'Internazionale Comunista) confermano tale interpretazione delle vicende. Gli unici a difendere l'operato dei bolscevichi furono Trotskji (che non ha mai ammesso il fallimento della tattica leninista) insieme a Stalin (con diversi punti di veduta). Persa nei fatti la partita cosa rimaneva da fare? Assecondare il processo di degenerazione (ciò che è avvenuto) o sfoderare tutto il coraggio rivoluzionario di cui i comunisti devono essere costantemente in possesso e passare all'"opposizione"? Chi ha combattuto il bolscevismo proponeva l'abbandono di rapporti vischiosi di un potere ormai diretto verso obiettivi che già, nel 1921, non corrispondevano alle prospettive storiche del socialismo: ha perso.

Resta il fatto che la vittoria bolscevica su Kronstadt non è servita a modificare il corso di 70'anni di capitalismo di sinistra...

[11] Il contrasto di fondo tra Bordiga e Gramsci si manifestò dopo il IV Congresso dell'Internazionale Comunista, apertosi a Mosca il 5 novembre 1922. Di fronte allo scatenarsi della reazione in Italia e in Europa, il congresso sostenne la necessità di realizzare in ogni Nazione il "fronte unico" dei partiti antifascisti. Mentre Gramsci si fece sostenitore del "fronte unico", Bordiga si pose contro questa decisione dell'Internazionale. Nella conferenza clandestina di Como, del giugno 1924, la mozione per il fronte unico presentata da Gramsci fu largamente sconfitta da Bordiga che esercitava ancora una prevalente influenza sull'apparato del partito, nonostante si fosse già dimesso dal Comitato Centrale. Contrariamente alle manipolazioni storiche del dopo guerra guidate prima da Togliatti e poi dagli storici di sinistra che sono arrivati a raccontare barzellette perfino sui testi scolastici, numerose testimonianze (Tasca, Silone, Terracini ed altri) e la pubblicazione di documenti sfuggiti al taglio della forbice, hanno rivelato che l'autorità ideologica e politica di Bordiga durante i primi anni della Storia del Partito comunista fu netta. Ancora nel marzo 1924, quando la posizione di Bordiga poteva dirsi compromessa in seguito allo scontro con Lenin e poi con Stalin, Gramsci scriveva di lui: "Per sostituire Amadeo, nella situazione italiana, bisogna inoltre avere più di un elemento, perché Amadeo effettivamente, come capacità generale di lavoro, ne vale almeno tre, ammesso che si possa in tal modo sostituire un uomo del suo valore".

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