Alle origini di Rimini moderna (14). La crisi economica condizionata anche dai fatti militari. Nel 1469 è bruciato il Borgo Nuovo che va dalle mura di San Giuliano alle Celle
Fiere, terremoti, fami e pestilenze
[Versione non definitiva]
Una "fiera delle pelli" si tiene fin dal 1500 a Rimini tra Borgo San Giuliano e le Celle, per la ricorrenza di sant'Antonio dal 12 al 20 giugno, dal ponte di Tiberio o della Marecchia (con le botteghe di legno) sino al torrione del monastero del Monte della Croce alle Celle, posto lungo la strada per Cesena (lato a monte) poco dopo il bivio con la via per Ravenna.

Tra porte e Borghi
La "fiera delle pelli" è seguìta da quella di san Giuliano nata nel 1351 nell'omonimo Borgo (dal 21 giugno, vigilia della festa del santo, sino al 22 luglio). Il calendario resta stabile fino all'inizio del 1600, quando soprattutto a causa delle carestie, le due fiere sono spostate fra settembre ed ottobre, inglobando pure quella di san Gaudenzio nata in ottobre nel 1509.
Sino al 1538 la fiera di san Gaudenzio si svolge fuori dalla porta di San Bartolo, verso la attuale Flaminia uscendo dall'arco d'Augusto, che apparteneva al quartiere di Sant'Andrea ed anticamente aveva fatto "l'ufficio di porta, e perciò fu detto porta di San Genesio, e di San Bartolo" (L. Tonini). Dopo il 1538 la fiera è spostata alla piazza maggiore, nell'antico foro romano, "propter ruinam" dello stesso Borgo di San Gaudenzio, provocata "dalle ultime guerre con i Malatesti" (C. Tonini).

Freni politici
All'inizio del secolo la crisi economica ha unificato ad ottobre (poi tra 8 settembre ed 11 novembre), in una "fiera generale" i tre appuntamenti tradizionali: delle pelli, di san Giuliano e di san Gaudenzio.
Nel 1627 esse, sempre come "fiera generale", sono anticipate dal 15 agosto al 15 ottobre, e nel 1628 ritornano dall'8 settembre all'11 novembre. Nel 1630 è sospesa la "fiera delle pelli" per la pestilenza, preceduta da due anni di carestia. Nel 1656 nasce la fiera di sant'Antonio sul porto, dal 6 all'11 luglio, riscoperta di recente (M. Moroni, 2001).
Già nel 1613, narra Adimari, cinquanta mercanti tra forestieri e cittadini, hanno chiesto una nuova fiera in primavera, "mossi dalla bona commodità del vivere et negotiare, et conversare et fare esito delle loro mercantie in questa città". Nel 1656 c'è questa iniziativa che si ripete nel 1659, ma è sospesa nel 1665 per volere del governatore di Rimini. Riprende il 22 maggio 1671 per undici giorni (cioè sino al primo giugno), con l'autorizzazione di papa Clemente X del 13 agosto 1670.

Doganieri contro
Nel 1678 l'apertura è posticipata al 3 agosto, per sperimentare, come si legge in un atto comunale, "se in questo tempo potesse prendere quell'augmento che hoggi giorno fa' conoscere l'esperienza non ritrovarsi, a causa forse di venire in tempo scarso di monete per non essere seguiti li raccolti". Non sono d'accordo i doganieri: in agosto con la franchigia per la fiera riminese, non pagherebbero dazio le barche che ritornano dalla fiera di Senigallia. Il 10 maggio 1681 la fiera sul porto è sospesa. Ogni anno era andato "diminuendo il concorso" di mercanti e compratori per cui non portava "se non incomodo" ai commercianti di Rimini.
Nel 1691 la fiera riprende. L'anno precedente il prefetto delle "Entrate" ha scritto al Consiglio: sono andate in disuso e sono state tralasciate le due fiere tradizionali, quella d'ottobre dalla porta del Borgo di san Giuliano alla Madonna del Giglio, e l'altra di maggio sul porto. Nel giro di un secolo l'appuntamento autunnale di san Gaudenzio era passato dal Borgo di porta romana a quello di san Giuliano. Il prefetto proponeva di "rimettere ò l'una ò l'altra", con un calendario adatto sia alla città sia ai mercanti forestieri.

In disuso
Il 17 giugno 1690 il Consiglio civico ha approvato (25 contro 12) di ripristinare alla fine del maggio 1691 "la fiera che si faceva nel Porto", seguendo concessioni e privilegi papali del 1670. Il segretario comunale Felice Carpentari il 18 ottobre 1690 ha suggerito un posticipo al 6 luglio, in deroga agli ordini di papa Clemente X del 1670, "parendo che in detto tempo si rendesse più facile l'introduzione, e più numeroso il concorso" dei mercanti. Ed il Consiglio ha approvato (34 contro 6).
Il 14 febbraio 1693 non è però giunta ancora l'autorizzazione allo spostamento della data quando in Consiglio si approva (32 contro 11) un nuovo memoriale del prefetto delle "Entrate" che invita ad osservare il vecchio calendario di fine maggio. Lentamente le fiere riminesi vanno di nuovo "in disuso". Soltanto nel 1726 si riapre quella sul Porto in onore di sant'Antonio.

A San Giuliano
Abbiamo ricordato la rovina del Borgo di San Gaudenzio. Va citata pure quella del Borgo Nuovo di San Giuliano nel 1469.
Quando il pontefice scalpita, considerandosi beffato da Roberto Malatesti che non ha mantenuto la promessa di prendere Rimini in nome della Chiesa. Paolo II invia a giugno i propri soldati. Roberto, dopo la morte del padre Sigismondo non si getta immediatamente nella mischia, ma prima accetta di amministrare la città assieme a Isotta ed al fratellastro Sallustio. Isotta e Sallustio nel 1466 sono stati dichiarati da Sigismondo eredi di tutti i suoi beni. Il governo di Isotta, Roberto e Sallustio passa alla storia per il bando che concede la libertà di commercio d'importazione a tutti i mercanti cittadini e forestieri.
Nel 1469 Rimini vive un momento drammatico che avrà conseguenze gravissime. Il Borgo Nuovo di San Giuliano, è letteralmente cancellato (come racconta L. Tonini). Nell'agosto le truppe papali entrano in città attraverso il fiume Marecchia. Roberto riesce a ricacciarle indietro, impedendo loro di proseguire verso l'antico foro romano.
Dal Borgo Vecchio di San Giuliano (che s'estendeva dal ponte di Tiberio sino alle mura poste dietro l'omonima chiesa), i pontificii bombardano Rimini, e poi ripiegano nella campagna dopo aver distrutto con le fiamme quasi completamente il Borgo Nuovo. La gloria militare di Roberto risplende nelle cronache che ne esaltano il valore per aver combattuto ferocemente con le poche forze armate a disposizione. Ma il destino della città è segnato in maniera terribile dal quel fuoco che avvolge il Borgo Nuovo.

Anche le bombe
Questi avvenimenti, accaduti tra giugno ed agosto 1469, cambiano il volto della città. Ad essi però non è stata prestata la necessaria attenzione.
Nel 1469 Rimini è dapprima bombardata con 1.122 colpi dalle truppe pontificie appostate lungo il Marecchia , e poi vede bruciare gran parte del Borgo Nuovo di San Giuliano che sorgeva dalla cinta malatestiana dietro la chiesa omonima lungo un chilometro e mezzo sino alle Celle "ove le strade per Bologna e per Ravenna fanno trivio" (L. Tonini).
Il Borgo Nuovo è attestato dal 1248, ed era sede della fiera che prendeva nome dal luogo (vedi Statuti del 1351).
Sull'analogo episodio del 1356 accaduto nel Borgo Vecchio, L. Tonini, partendo dall'Annalista Cesenate, scrive: "ai 17 di Ottobre Francesco Ordelaffi Capitano di Forlì venne coi cavalli e coi fanti forlivesi e cesenati sin al Borgo San Giuliano di Rimini, facendovi abbruciar molte case, e traendone molti uomini e molta preda".
I bombardamenti e la distruzione del Borgo Nuovo di San Giuliano non sono elementi di sfondo come purtroppo appaiono a chi (e sono quasi tutti quelli che ne hanno scritto) riduce la storia ad una serie di fatti diplomatici e di illustri biografie. Essi si presentano invece come un totale sconvolgimento la cui portata è avvertibile soltanto se li collochiamo in un contesto più ampio di quei fatti diplomatici e di quelle biografie che solitamente sono presi come contenitori con cui spiegare tutto.
L'aspetto economico di questo contesto consiglia di ricordare un dato non secondario. Il Borgo Nuovo sembra timidamente rifiorire all'inizio del 1500 proprio con quella "fiera delle pelli" che abbiamo ricordato all'inizio. Le case distrutte riaffiorano dopo una fiumana del XIX sec. (L. Tonini).
(14. Continua)

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Antonio Montanari

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