Riministoria© Antonio Montanari

Pagine dedicate a Guido Nozzoli.


La sua scomparsa

L'11 novembre 2000, è deceduto Guido Nozzoli, a Rimini, dove era nato il 2 dicembre 1918.

Giornalista, scrittore, uomo politico dall'intensa partecipazione alla vita del Paese, lascia il ricordo di una persona che onestamente ha combatutto le sue battaglie ideali, nel segno della Giustizia e della Libertà.


Nozzoli ricordato da Igor Man

Per Nozzoli e il Vajont

Per Nozzoli su Internet


Morto Nozzoli storica firma de "Il Giorno"

MILANO – E' morto l'altra notte, a Rimini, Guido Nozzoli, una delle firme storiche del nostro giornale: invato di punta, cronista prestigioso dei fatti d'Africa e del Vietnam, testimone appassionato della tragedia del Vajont e del lungo disperante strascico giudiziario.

Nozzoli era nato a Rimini nel 1918 e aveva studiato Lettere all'Università di Urbino, allievo di Apollonio, Bo, Rebora, Ronconi, Musatti. Nel 1943 è arrestato per "attività politica contraria al regime" e dopo il 25 luglio partecipa alla Resistenza nell'entroterra romagnolo.

Dopo la guerra comincia l'attività giornalistica, prima a "Il Progresso d'Italia", poi all'"Unità", infine a "Il Giorno". Formalmente, da Bologna a Milano: in realtà sempre in giro per il mondo: Centro Africa, Algeria, Vietnam. E anche quando rientra in Italia resta ben poco nella redazione di via Fava. I suoi servizi arrivano dal fango di Lavarone o dalle aule giudiziarie: rigoroso nella testimonianza, affascinante nel racconto, ma sempre pronto a sollevare il dubbio, a denunciare l'inganno, a difendere i diritti dei più deboli.

Dopo la pensione si era ritirato a Rimini, nella speranza di ritrovare la città che era stata sua e dell'amico Fellini, ma era rimasto deluso e si era dedicato agli studi e alle letture. Al giornale era ricomparso rarissime volte, con il suo cappellaccio nero a larghe falde e il mantello di altri tempi.

"Oggi - dice Gaetano Tumiati - ci resta l'insegnamento del suo rigore assoluto, del suo disinteresse per il denaro, insieme all'utopistica passione politica e ai meravigliosi racconti di una Rimini che non c'è più". Gi. Gu. [Il Giorno, 12 Nov. 2000]


La coscienza del cronista

Guido Nozzoli, scomparso sabato 11 novembre ad 82 anni, è stato un giornalista che ha avuto come unica regola la dignità della professione, ed ha creduto nell'obbligo di non scendere a compromessi nell'esercizio della cronaca. Questo gli ha procurato fastidi e noie. A cui era stato abituato fin da giovane, quando nel 1943 venne arrestato per attività sovversiva.

Dal Vietnam inviava corrispondenze che non piacevano al Potere. Alla Farnesina fremevano, "Il Giorno", per il quale fu inviato speciale a Saigon, era governativo (proprietà Eni). Poteva un "foglio di Stato" contraddire la politica estera del Governo? Con Nozzoli, poté. Ed i fatti gli dettero ragione.

A tanti anni di distanza, quando raccontava la scena della fucilazione di un soldato vietcong (che urlava alle armi spianate il suo credo di libertà negata dall'invasione straniera), Guido aveva gli occhi lucidi e gli si incrinava la voce. Era la stessa commozione che provava nel ricordo dei Tre Martiri riminesi i quali, catturati, non parlarono, salvando così la vita dei compagni, tra i quali c'era pure Nozzoli. Al contrario di altri che poi si sarebbero inventati meriti inesistenti, lui non ha mai esibito quelli veri, tra cui ci fu il suo adoperarsi perché San Marino non venisse bombardata a tappeto, come Montecassino.

Aveva visto gli orrori e le violenze di tante altre vicende politiche, in Africa, ad esempio, dove maturava un storia fatta di tragedie: nel 1954 dall'Algeria, come inviato dell'"Unità" (organo del pci), scrisse opinioni contrarie alla politica ufficiale del pc francese. Dall'"Unità", dopo una breve esperienza in un innovativo settimanale ideato da Gaetano Baldacci, fondatore e direttore del "Giorno" dal 1956 al 1959, approdò proprio a questo quotidiano milanese, quando al timone era Italo Pietra, seguendo anche grandi eventi nazionali e di cronaca giudiziaria.

Per le corrispondenze sulla tragedia del Vajont, fu querelato. Al processo lo stesso pubblico ministero chiese la sua assoluzione. A testimonianza della funzione civile del "quarto potere".

Antonio Montanari

(da "Il Ponte", 19 novembre 2000)


 

"Guido Nozzoli, inviato di guerra di grande umanità"

Messaggio di Vasco Errani

presidente della Regione Emilia Romagna

"Desidero esprimere il cordoglio mio e di tutta la Giunta regionale per la scomparsa di Guido Nozzoli, giornalista di grande spessore umano, interprete rigoroso e attento della storia attraverso l'onestà ed il rigore dei suoi reportage da Algeria, Cecoslovacchia e Vietnam, come inviato speciale dell'Unità e del Giorno, dal dopoguerra alla metà degli Anni '70, per i quali ha ricevuto alti riconoscimenti e premi prestigiosi.

La sua storia, dalla condanna del Tribunale Speciale per attività antifascista alla partecipazione in prima persona alla guerra di Liberazione come Commissario Politico fino all'impegno civile per la rinascita e ricostruzione di Rimini nel dopoguerra, testimonia la passione professionale e l'impegno civile di Nozzoli.

Persona scriva e riservata, resta un punto di riferimento importante per interpretare la storia del XX secolo, attraverso il racconto e la denuncia delle sofferenze dei popoli coinvolti nei conflitti".


Guido Nozzoli, giornalista e scrittore

Il Sigismondo d'oro della città di Rimini per il 1999 a Guido Nozzoli

giornalista e scrittore: premio ad una carriera di prestigio

Il "Sigismondo" 1999 attribuito all'inviato speciale Guido Nozzoli è un riconoscimento alla carriera. Nato nel 1918, nel gennaio '43 è arrestato assieme a Gino Pagliarani per "attività politica contraria al regime": "I due giovani intellettuali riminesi erano diventati due piccoli leader sui quali cominciava ad orientarsi un po' la bussola dell'antifascismo riminese", ha scritto Sergio Zavoli in "Romanza". Al periodo della Resistenza, Nozzoli ha dedicato un libro, "Quelli di Bulow". Nell'intervista pubblicata da Bruno Ghigi ("La guerra a Rimini e sulla Linea Gotica") ha ricostruito le vicende della Liberazione, quando si è stati ad un passo dal bombardamento a tappeto del monte Titano. Grazie alle informazioni fornite da Nozzoli all'autorità militare alleata, si evitò lo "spianamento di San Marino" già programmato.

La sua carriera giornalistica si è svolta tutta tra Bologna e Milano, dove alla fine è approdato al "Giorno".

Negli anni '50 ha lungamente soggiornato in Africa. Poi è stato spedito nel Vietnam. Guido Nozzoli, ha scritto Enzo Biagi nel "Corriere della Sera" (1997), è stato "l'unico dei nostri che capì come andavano a finire le storie" di quella terra. Di recente Vittorio Emiliani, nel volume "Gli anni del Giorno", ha inserito Nozzoli tra le firme più importanti di quella testata, nata nel '56 con Gaetano Baldacci direttore.

Lo scorso anno Igor Mann su "Specchio", parlando della comune esperienza giornalistica a Saigon, ricordava che "Guido Nozzoli fece aggiungere alla scritta bilingue" del braccialetto di riconoscimento, "l'orgogliosa dizione: Cittadino di Rimini".

Nozzoli ha dato alle stampe anche "Il pianeta Romagna", una biografia di Amilcare Cipriani, ed "I ras del regime, gli uomini che disfecero gli italiani".

La sua formazione politica è stata ricostruita da Umberto Lazzarini in tre interviste su "Chiamami città" (febbraio-marzo 1996). Qui non si trova però un gustoso aneddoto. Nell'immediato dopoguerra, quand'era consigliere comunale, volevano eleggere Nozzoli sindaco di Rimini. Lui avvisò: "Ragazzi, chi ruba va dentro". Ha fatto 'soltanto' il giornalista.

(A.M., Il Ponte, Nov. 1999)


Da Guido Nozzoli, "Questa Romagna", Bologna 1965

"Questa Romagna, tanto per intenderci, dove comincia e dove finisce? Nessuno lo ha mai stabilito con precisione. Né i Romani che l'associarono a casaccio persino alla Liguria, né i Bizantini da cui ebbe il nome, né i signorotti che la fecero a brandelli, né i papi che, ricucendola, tennero gli orli abbondanti aggiungendovi Bologna e Ferrara.

I limiti che le assegnava Dante - Tra il Po, il monte, la marina e il Reno - erano invece troppo stretti, anzi del tutto fuori di misura. Se mai si poteva dire: Tra il Reno, il monte, la marina e il Conca. L'endecasillabo avrebbe perso d'eleganza, però la Romagna avrebbe riguadagnato le province di Forlì e di Ravenna: le sole, in fondo, che le appartengano.

Ma gli umori della terra romagnola non si esauriscono entro i confini amministrativi convenzionali di queste due province, anzi si spandono per un buon tratto nell'imolese in provincia di Bologna, verso Marradi in Toscana, attorno alla Repubblica di San Marino e in certi pigri paeselli del Montefeltro nelle Marche.

Per segnare almeno una linea di divisione tra l'Emilia e la Romagna, Antonio Baldini suggeriva di scendere da Bologna verso Imola chiedendo da bere ad ogni casolare: finché vi danno dell'acqua siete in Emilia, dove cominciano a darvi del vino - e' be', il bere, come lo chiamano - comincia la Romagna.

Il geografo di un'autorevole enciclopedia italiana non fornisce indicazioni molto più precise quando scrive che, pur facendo parte dell'Emilia, la Romagna continua a imporre la sua individualità, impressa più nel carattere della popolazione, in molti elementi folkloristici, nella vivace letteratura dialettale e nelle caratteristiche tradizioni musicali, che nel paesaggio geografico. Una terra senza confini, che non si riconosce dai boschi, dai monti, dai fiumi, dal clima, ma dalla gente e dalle sue abitudini. Non una regione geografica, dunque, ma una regione del carattere, un'isola del sentimento. Un pianeta inventato dai suoi abitanti".


Scheda Servizio Bibliotecario Nazionale

Autore=guido nozzoli

(1/11) [Monografia] - Nozzoli, Guido - I ras del regime : gli uomini che disfecero gli italiani / Guido Nozzoli - Milano - 1977 (IT\ICCU\TO0\0123785)

(2/11) [Monografia] - Nozzoli, Guido - Quelli di Bulow : (Cronache della 28. Brigata Garibaldi) - Roma - 1971 (IT\ICCU\LIA\0040815)

(3/11) [Monografia] - Nozzoli, Guido - I ras del regime : Gli uomini che disfecero gli italiani - Milano - 1972 (IT\ICCU\LIA\0041764)

(4/11) [Monografia] - Nozzoli, Guido - I ras del regime : Gli uomini che disfecero gli italiani - Milano - 1972 (IT\ICCU\LIA\0093563)

(6/11) [Monografia] - Nozzoli, Guido - La Zanzara : cronache e documenti di uno scandalo / Guido Nozzoli e Pier Maria Paoletti - Milano - 1966 (IT\ICCU\NAP\0153181)

(7/11) [Monografia] - Campagnoni, Orano - Il coltello di don Giuseppe / Orano Campagnoni ; presentazione di Guido Nozzoli - Bologna - 1970 (IT\ICCU\RAV\0009142)

(8/11) [Monografia] - Nozzoli, Guido - Quelli di Bulow : cronache della 28. Brigata Garibaldi / Guido Nozzoli - Roma - 1971 (IT\ICCU\RAV\0041858)

(9/11) [Monografia] - Nozzoli, Guido - Quelli di Bulow : cronache della 28. Brigata Garibaldi / Guido Nozzoli - Roma - 1957 (IT\ICCU\RAV\0114212)

(10/11) [Monografia] - Il pianeta Romagna / di Guido Nozzoli . Circa il ponere li nomi alli figliuoli / Sabba da Castiglione . Qui ch'i i'era ; Queli ch'al gn'era / Olindo Guerrini . Societa - [Bologna - 1963] (IT\ICCU\RAV\0202267)

(11/11) [Monografia] - Nozzoli, Guido - I ras del regime : gli uomini che disfecero gli italiani / Guido Nozzoli - Milano - 1972 (IT\ICCU\SBL\0462402)


Library of Congress USA

Author: Nozzoli, Guido, 1918-

Title: I ras del regime. Gli uomini che disfecero gli

italiani.

Published: [Milano] Bompiani [1972]

LC Call No.: DG574.N69

 

Author: Nozzoli, Guido, 1918-

Title: La Zanzara; cronache e documenti di uno scandalo

[di] Guido Nozzoli e Pier Maria Paoletti.

Published: Milano, Feltrinelli [1966]

LC Call No.: HQ27.N68

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Uno dei "ragazzi" riminesi degli anni Venti

Guido Nozzoli è morto sabato 11 novembre.

Non ha voluto, come era nel suo stile riservato, né funerale, né manifesti. Antifascista in tempi non sospetti, organizzatore politico nell'immediato dopoguerra, giornalista inviato speciale di quotidiani nazionali. Era nato nel 1918, apparteneva ad una generazione che ha vissuto la guerra e poi si è dispersa in altre città; alla fine quasi tutti sono ritornati

"... pretendere di dire la verità e tutta la verità con un giornale è come pretendere di suonare la Nona di Beethoven con un'ocarina. Lo strumento non è propriamente adatto"

 

La folta schiera di amici morti in questi ultimi anni, oltre che portarmi un lugubre annuncio di vecchiezza, mi ribadisce una assoluta, per quanto dura da accettare, verità: non c'è alcun rimedio contro il tempo. Anche Guido Nozzoli se ne è andato. Dignitosamente, tra le viscose foschie di un cinereo novembre, ha intrapreso l'ultimo, definitivo viaggio verso la "lontana, deserta isola del silenzio, immersa nella penombra, avviluppata nel mistero".

Iniziò la professione di giornalista nell'immediato dopoguerra, allorché venne assunto al "Progresso" di Bologna insieme ad un altro giovane intellettuale riminese: Gino Pagliarani; passò quindi all'"Unità" ed infine a "Il Giorno".

Nei primi anni '60, allorché i miei coetanei ed io, cominciavamo a leggere i giornali, cercando di capirci qualcosa, la firma di Guido Nozzoli era notissima. I protagonisti della generazione precedente alla sua, da Mario Missiroli, Giovanni Ansaldo, Orio Vergani, rimanevano, per noi, ciò che in realtà erano stati ed erano: vecchi mestieranti compromessi con una stagione ormai tramontata, screditati da un atteggiamento morale scettico e da un inevitabile approccio cinico con la realtà e con la notizia.

Guido Nozzoli, con la sua bravura, con la simpatia che ogni suo scritto sapeva trasmettere, con la spregiudicatezza che l'ha sempre contraddistinto, aveva, ai nostri occhi, il grande merito di non imprimere mai, sui suoi servizi, sulle sue corrispondenze, il marchio avvilente della ufficialità. Parlando della sua professione, diceva: "Per essere un bravo giornalista occorre soprattutto saper ascoltare e sapere dove cercare le notizie. Bisogna, inoltre, usare le gambe almeno quanto il cervello, nel senso che è indispensabile, prima di licenziare un articolo, verificare le informazioni, ma pretendere di dire la verità e tutta la verità con un giornale è come pretendere di suonare la Nona di Beethoven con un'ocarina. Lo strumento non è propriamente adatto".

Fu in Sicilia, cronista rigoroso, all'indomani di quel torrido 5 luglio 1950, allorché il corpo del bandito Salvatore Giuliano venne trovato privo di vita nel cortile di una casa di Castelvetrano. Fu da una Modena insanguinata e offesa che Guido Nozzoli scrisse uno dei suoi servizi più toccanti, fremente per indignazione e passione civile, nel momento in cui raccontò della proditoria strage, compiuta dai "celerini" del ministro Scelba, i quali sparando dai tetti delle Fonderie Orsi sulla folla di scioperanti, lasciarono sul terreno sei morti ed una decina di feriti.

Fu tra i primi a riferire circa le immani devastazioni provocate dallo straripamento del Po nelle località Occhiobello e Paviole, il 17 novembre 1951 ed immediatamente accorse, il 10 settembre 1963, in una apocalittica Longarone, dopo che una frana, caduta nel bacino artificiale del Vayont, aveva provocato una improvvisa, colossale inondazione che causò migliaia di morti. Per Guido Nozzoli, fare giornalismo ha voluto dire occuparsi dei mali dell'uomo, condividere i dolori di molti, esprimere coraggiosamente le proprie idee, criticare e giudicare, il tutto con la massima partecipazione ed onestà intellettuale.

Fu come inviato speciale di guerra che Guido Nozzoli diede il meglio di sé. Già nel 1954, quando ancora scriveva per l'"Unità", venne a contatto con i massimi vertici del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) algerino sposandone da subito la causa. Da codesta particolare posizione, di cronista e fiancheggiatore dei "terroristi ribelli" (così gli uomini dell'OAS, Organisation de l'armée sécrete, chiamavano i patrioti africani che combattevano per l'indipendenza e per la libertà del proprio paese), il giornalista riminese raccontò, vivendolo in prima persona, tutto il conflitto.

Magistrali furono le interviste effettuate a Ben Bella, al generale Yves Godard, capo del reparto strategico dell'organizzazione dei Pieds Noir e nel 1962, allo scrittore francese Andrè Malraux, allora ministro della cultura, chiamato espressamente a quell'incarico dal presidente De Gaulle. Poi venne il Vietnam ed anche qui il nostro uomo, non poteva che schierarsi da una parte. Nella lontana Indocina, tra le paludi insalubri, la fitta jungla, le bombe al napalm, scelse di stare dalla parte dei Vietnamiti del Nord. Con profetica esattezza, in tempi non sospetti, dalle colonne de "Il Giorno", Guido Nozzoli si era detto sicuro della disfatta dell'esercito americano. Ebbe ragione. La guerra del Vietnam costò agli Stati Uniti 55.000 morti, 300.000 feriti e 110 miliardi di dollari. Essa per di più contribuì ad offuscare, mettendola decisamente in crisi, l'immagine degli USA nel mondo. Poi, a cinquantacinque anni, nella pienezza dei suoi mezzi espressivi, senza una ragione plausibile, staccò la spina. Ripose la fidata Olivetti lettera 22 nella custodia ed andò in pensione. Non ne volle più sapere né di collaborazioni né di soldi né di nulla.

 

Una lezione di stile e di umiltà

 

Abbandonò definitivamente Milano e ritornò a Rimini nella vecchia casa paterna e qui, quasi andasse alla riscoperta di un panorama compiutamente familiare, avvolto nel proprio dolore come in un velo di favola (l'amata figlia Serena se ne era andata per sempre, divorata da un male che non perdona), si sottrasse un poco alla volta alla vita. Spesso, durante le nostre lunghe conversazioni, che ci portavano a consumare intere nottate, mi confessò di non possedere più la forza di aderire al proprio destino.

Mi confessò che ormai il mondo gli pareva assurdo ed inestricabile e che non vedeva come fosse possibile trovare la salvezza mediante un atto di volontà. Incantevole e malinconico riusciva (e questo fino agli ultimi giorni), ad ammaliarti in virtù dell'uso magico della parola e nella biblioteca surriscaldata dove, tra montagne di libri, erano affastellate a capriccio sfere armillari, pupazzetti di panno Lenci, cofanetti di cristallo di rocca, specchi di Boemia, scudisci dancali, maioliche dai molti colori, alambicchi, ritornava ad essere quell'animoso, lucido, implacabile argomentatore che durante la campagna elettorale del 1948 demoliva col suo rigore dialettico la "paranoia controriformistica" dei vari padri Samoggia e Lombardi.

Nel dicembre dello scorso anno, il Comune di Rimini lo volle onorare attribuendogli il "Sigismondo d'oro". In quell'occasione, di fronte ad assessori distratti, giovani politici che nulla conoscevano di lui e della di lui storia, Guido fu dissacrante, autoironico riuscendo ad impartire a tutti i presenti una lezione di stile e di umiltà. Ultimamente le sue apparizioni in Piazza Cavour, consueto luogo di incontro con gli amici, si erano diradate.

Spesso mi telefonava: una volta era per avere chiarimenti circa una parola provenzale antica e voleva che risolvessi i suoi dubbi andando a cercare nel monumentale: Lexique roman ou dictionnaire de la langue des Troubadours, di Raynouard; un'altra volta per aver conferma di una certa data o di un nome che non riusciva a ricordare o soltanto, più semplicemente, per dirmi di andarlo a trovare. Non c'era in lui, al di là dell'increscioso problema della vecchiezza, il minimo indizio che lasciasse supporre la fine imminente. Era soltanto stanco. Il melodioso fruscio delle foglie cadute sull'acciottolato del pletorico camposanto si mischiava al sommesso parlottio dei vecchi amici che lentamente, sotto un cielo novembrino, si allontanavano, dopo avergli reso l'estremo saluto. Ora che Guido non c'è più, fitte di insicurezza e di sgomento trafiggono l'incongruità della mia esistenza ed il mio atroce desiderio di vivere.

Enzo Pirroni (da "Chiamami città", 21 novembre 2000)

 

Nozzoli ricordato da Igor Man


Per Nozzoli e il Vajont

Per Nozzoli su Internet

Vedi Serena Nozzoli


 

DocumentiResto del Carlino di Rimini, 21 Dicembre 1999 (nota di Silvano Cardellini)

"Poi la cerimonia di consegna dei 'Sigismondo d'oro '99' al giornalista Guido Nozzoli e ai pluricampioni di pattinaggio Beatrice Palazzi Rossi e Patrick Venerucci. Assente il gruppo di An per protestare contro l'assegnazione del riconoscimento a Nozzoli, appena reduce dal conferimento della massima onorifenza massonica. All'inizio del ricevimento qualche consigliere comunale, proclamandosi cattolico, aveva assicurato che avrebbe lasciato la sala prima della premiazione di Nozzoli. Ma poi visto che il vescovo non faceva una piega sono rimasti al loro posto."


Documenti Da Chiamami Città n.336, articolo di Enzo Pirroni

Guido Nozzoli, riminese, è stato per alcuni decenni una delle grandi firme del giornalismo italiano. Qualche giorno fa è stato insignito del "Sigismondo d'oro". Un uomo che ha avuto la ventura di poter testimoniare tutti gli avvenimenti di rilievo del primo trentennio postbellico

Un ironico e lucidissimo

cacciatore di notizie

La stanza è come al solito surriscaldata. Il luogo, ingombro di libri, affastellato di oggetti che a capriccio, senza un sistema, stanno sparsi su tavoli, in bilico su pencolanti mensole, serrati dentro severi armadi, è di una bellezza angosciante. Non sembra neppure appartenere al mondo reale. E' più una proiezione dell'immaginario. Il laboratorio d'un qualche pittore metafisico.

Guido Nozzoli mi accoglie qui per trascorrere insonni nottate tra sfere armillari, inutili mercatanzie, preziose minuterie, stormi di quadri, vasi di diaspro, cucurbite, alambicchi, recipienti per coagoli e gatti. Tanti gatti. Vecchi felini, taluni oppressi dalla obesità, alcuni orbati, altri compunti e felpati che, con indifferenza, quasi movendosi nel sogno, trasportano la loro demonia nell'irridescente splendore di drappi luminosi.

La scienza di codesto vecchio giornalista si colloca in un delicato punto d'incontro tra immaginazione e conoscenza, per cui attraverso precise rivisitazioni che, grazie alla perizia verbale di Guido, trapassano in racconti, si ridestano le memorie più lontane, cronache dimenticate riappaiono intatte, accadimenti remoti risplendono di repentina, attuale chiarezza. Succede, nelle viscose ore notturne del torvo inverno rivierasco, di avvilupparsi nell'intricatissimo simbolismo mistico della letteratura rabbinica ed allora Guido Nozzoli, con la naturalezza derivantegli da un'antica consuetudine, mi erudisce circa le differenze tra il talmud gerosolimitano e quello babilonese, mi accompagna con soave immediatezza, procedendo di citazione in citazione, attraverso la gimatreya, ovvero l'interpretazione delle lettere per mezzo del loro valore numerico che è, senza dubbio, l'aspetto più affascinante dell'ermeneutica cabbalistica, mi conduce in una vertigine di segreti, ponendomi domande, di volta in volta sempre più inquietanti, per i sette sentieri della Torah, facendomi infine approdare alle enigmatiche acque del Sefer ha-zohar (Il libro dello splendore).

Succede anche, che un'improvvisa nostalgia di giovinezza, un senile, irresistibile bisogno di ritornare alle memorie più lontane, induca Guido a rievocazioni di personaggi famosi o di compagni che in tempi passati si sono esibiti, chi come augusto chi come clown bianco, sotto lo zingaresco chapiteau del giornalismo. Da una Bologna rabberciata in preda a forti tensioni post-belliche, dalle spoglie stanze, niente di più di taccagne stamberghe, che fungevano da redazione al "Progresso d'Italia", spunta la figura del redattore-capo Giosuè Ravaioli. Canticchiando arie mozartiane, quest'uomo di Forlimpopoli, singolare ed incantevole per maestosità e ponderatezza, osava, dissipando le sepolcrali, dense nebbie che avvolgevano i lugubri comitati centrali del PCI, contraddire il segretario generale del partito e contrastare, con perfetto, agghiacciante equilibrio logico, la collera servile di funzionari cortigiani e disutili frapponi. Sarà in un clima di accesa guerra fredda, durante la campagna elettorale del 1948, mentre i "comitati civici" di Luigi Gedda, attraverso la vischiosa, cagliostresca rete parrocchiale, lanciavano la loro malanimosa crociata ideologica, che Guido Nozzoli vivrà la stagione più esaltante, dando modo alla sua propria naturale ironia, al suo implacabile rigore dialettico di trionfare in qualsivoglia contraddittorio.

 

Nel cuore della storia e della grande politica

 

Inseguiva ovunque andassero i rapinosi "frati volanti" e con studiato zelo perseguitava la lucida paranoia controriformistica di padre Lombardi, "vero e proprio architetto di calunnie", assurto, per prodigio tecnologico, a marconiano microfono di dio. Padre Samoggia, incalzato e messo alle corde dagli artifizi verbali e dalle scaltritezze retoriche del giovane giornalista riminese, fuggì dopo esser caduto in attacchi isterici e non prima di aver ricoperto l'antagonista di maledizioni, vomitandogli contro una cascata di appellativi propri della satanica legione: Rubicante, Graffiacane, Ciriatto, Barbariccia, Libicocco, Cagnazzo, Alichino, Calcabrina, Farfarello...

Inviato speciale in ogni parte del mondo, Guido Nozzoli, abilissimo a stringere in netti contorni ed a contenere, descrivendole in raffinati servizi, le grandi vicende epocali che hanno caratterizzato questi ultimi cinque lustri di storia, fu lucido testimone allorché i carabinieri del colonnello Luca, annunciarono, il 5 luglio 1950, di aver ucciso il bandito Giuliano in uno scontro a fuoco avvenuto in località Castelvetrano. Seguì il processo che, il 31 ottobre 1951, decretò la condanna all'ergastolo dell'ex maggiore delle SS, Walter Reder. Fu a Modena quando, nel freddo inverno del 1950, la polizia del ministro dell'interno Mario Scelba, dai tetti delle Fonderie Orsi, sparò sugli operai, causando sei morti ed una decina di feriti. Visse da protagonista la catastrofe biblica che il 17 novembre 1951, colpì il Polesine nel momento in cui il Po ruppe gli argini e otto miliardi di metri cubi d'acqua si riversarono per le campagne distruggendo paesi e case, uccidendo e devastando. Seguì, minuto per minuto, l'azione con la quale il generale vietnamita Vo Nguyen Giap, costrinse alla resa, il 7 maggio 1954, la roccaforte francese di Dien Bien Phu, difesa dal generale Christian de Castries, con i suoi 10.000 uomini. Si recò a Budapest per tener dietro agli esiti della sollevazione ungherese, repressa brutalmente dai carri armati sovietici, nonostante la disperata resistenza della popolazione, nell'autunno del 1956. Esemplari furono i suoi reportages sulla rivolta algerina, tra i quali spicca l'intervista strappata al capo del Fronte di Liberazione Nazionale, Ben Bella. Scrivendo sulle pagine de "Il Giorno", il quotidiano milanese voluto e finanziato da Enrico Mattei, Guido Nozzoli, continuò le peregrinazioni di giornalista girovago e, da qualsiasi luogo che rappresentasse una tappa della sua geografia antropica, produsse singolari ed incantevoli "articoli". Protagonista di una enorme, incessante sfilata avente come passerella l'atlante, Guido Nozzoli, percorse regioni e stati: la Praga di Dubcek, il Congo e l'Uganda, Firenze sott'acqua, la penisola del Sinai, la Cisgiordania e le alture del Golan, la Liberia mangiata da mosche, Barbiana sperduta, maggio a Parigi, Quartiere Latino, Vajont e processi e ancora il Vietnam. Chissà se a Cecco Rosso, Igor Man, Egisto Corradi, che gli furono compagni fedeli in codesti tortuosi pellegrinaggi, sia capitato di trovare la verità? La coscienza della vanità d'ogni cosa impedisce al vecchio cronista, di nutrire eccessive speranze. "L'intera mia generazione - dice Guido - è ridotta povera e cieca. Chissà di cosa parlano i giovani tra loro?". Le ore della notte, che scivolano silenziose, sembrano attenuare la ciclotimia e la tristezza del mio caro amico anche se il dolore di un distacco, di una luttuosa sciagura che incessante si ripropone, l'avvolge come in un velo. Provo a dirgli che nonostante tutto dobbiamo avventurarci nel nostro assurdo, insensato, crudele destino. E parlo e dico che è forse giusto dare un senso perfino alla disperazione. Ringrazio Guido per i suoi silenzi, per gli amari pensieri, per la sua incomparabile scrittura, per l'onesta esibizione della sua vecchiezza, per il suo sapere, per i suoi racconti che sanno penetrare fino al cuore. Ringrazio Guido di essermi amico.

Enzo Pirroni


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24 novembre 2000

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