il Rimino - Riministoria
La risposta inedita e minacciosa
della traduttrice chiamata in causa.
Il seguito della vicenda dantesca.

Corsi e ricorsi.
Nella sua stravagante (che ci azzecca la Massoneria con la filologia?) controreplica Pietro Corsi elude completamente l'argomento decisivo da me opposto alle sue obiezioni: la scansione metrica dell'esametro contestato, comprovante la correttezza del nominativo Dantes e, di conseguenza, della mia traduzione. In un estremo, disperato tentativo di confondere i termini della questione, egli punta l'intera sua posta sulla propria competenza grammaticale, a dimostrare che conspecta puella ablativo assoluto "non lo è per niente".

Chi conosce il Latino coglierà subito l'infondatezza delle sue eccezioni, il costrutto in questione soddisfacendo entrambe le condizioni dalla grammatica richieste perché di ablativo assoluto si tratti: 1) diversità del soggetto dell'ablativo assoluto (puella) dal soggetto della proposizione principale (hic); 2) assenza nella proposizione principale di ogni pronome riferentesi al soggetto dell'ablativo assoluto.

Pietro Corsi trascura questo importante secondo requisito, preferendo avventurarsi in una improbabile, personalissima interpretazione del primo, che mi limiterò a "smontare" citandogli due esempi tratti da prestigiose grammatiche non sospettabili di legame alcuno con l'aborrito Minculpop: a) Cicero, praesidiis dispositis, Lentulum in carcerem deducit. = Cicerone, dopo aver disposto dei presidi, fa portare Lentulo in carcere. (Tantucci/Rimondi,ed.1985, p.365); b) Fabricius, victis Lucanis, triumphum egit. = Fabrizio, vinti (o avendo vinto, poiché ebbe vinto) i Lucani, celebrò il trionfo. (Grassi/Cassese ed. 1988, p.305). Entrambi gli esempi ricalcano il modello di ablativo assoluto che il critico boccia come impossibile.

Per rispetto al mio contraddittore non intendo eludere alcuna delle eccezioni da lui sollevate. Pur nell'assenza di chiarezza argomentativa, da quel [le] con cui egli pretende di completare la mia traduzione si intuisce che egli "vede" nella proposizione principale un fantomatico pronome sottinteso riferito a puella : se così fosse la sua contestazione avrebbe fondamento grammaticale.

Purtroppo (per lui) il pronome non c'è, né è ipotizzabile, come rivela l'analisi del secondo verso (ma già, il "lavoretto papiniano" lui l'ha letto "a righe dispari"....). Rivolgendo il complimento alla fanciulla Dante dice: "Nella nostra città non c'è una più bella di questa" (hac, non te), solo in seconda battuta passando all'uso del tu, per confondere meglio colei.
Con ciò la vexata quaestio si chiude, almeno per quanto mi riguarda, almeno su questo giornale. A ogni eventuale sussulto di coda del mio avversario rispondo anticipatamente: Errare humanum, perseverare diabolicum.


Nota bene.

Circa l'eventuale «sussulto di coda», conoscendone (al contrario della sua interlocutrice), il preciso significato jettatorio in lingua italiana, Pietro Corsi fa sapere che si è ripetutamente toccato in quella parte del corpo che si ritiene deputata ad allontanare effetti negativi prodotti da altre persone.

Circa poi l’ipotesi di continuare la polemica in altra sede diversa da quella originaria (il settimanale Il Ponte), ognuno è libero di scrivere dove può essere ospitato, e dove prima della pubblicazione (e forse anche dopo) non è letto da nessuno.


818/20.07.2003