Rimini come, viaggio dentro la città [3]
Foto di famiglia con albergo
"il Ponte", Rimini, 31.07.1988
Quarant'anni di turismo: dal miracolo economico alla ricerca di un nuovo modello per uscire dalla crisi. Lavoro nero, sfruttamento dei dipendenti, continue lamentele sui 'pochi' guadagni. Ed intanto crescevano i capitali. Tre generazioni a confronto, dalle cambiali ai Bot.

Riministoria
il Rimino

Quarant'anni di industria turistica hanno fatto di Rimini una città ricca. Dalle cambiali ai Bot, è stato il cammino di tre generazioni che con modi ed idee diverse si sono guardata attorno.
I nonni hanno ricostruito, usando i calli delle mani come garanzie dei loro impegni. Poca cultura, nessuna professionalità, molto lavoro, i guadagni investiti nuovamente. Gente che da piccole stanze ha ricavato pensioni, da pensioni alberghi.
È stata la fase patriarcale della nostra economia turistica, in cui si sono mescolati attegiamenti dispotici e strafottenti.
Capitalismo era una parola da cancellare dal vocabolario, nel clima politico del Dopoguerra.
Nessuno osava pronunciarla, ma fu in quegli anni che molto proletariato divenne borghesia, se non come classe sociale, almeno come ceto economico.
C'erano i soldi da fare o fatti, i debiti da pagare, rimandati o tirati per le lunghe, perché l'albergo potesse crescere in dimensioni, aggiungendo cubature ai piani, o alzando l'edificio, nel silenzioso disordine che caratterizzò l'urbanistica di quegli anni.
«Ho fatto i soldi?» dice il protagonista di una poesia di Raffaello Baldini, santarcangiolese, nella sua recente raccolta «Furistir» onorata con il Premio Viareggio: «O fat i bòcch? ò fat i bòcch, e alòura? / a m so rangé, fintént ch'u i è di patàca…» (Ho fatto i soldi? ho fatto i soldi, e allora? mi sono arrangiato, finché ci sono dei minchioni…).

Spesso i nuovi padroni provenivano dalle campagne, reduci da miserie antiche subìte sotto i vecchi signori abituati a non fare mai i conti con i loro contadini.
E adesso, gli ex contadini ricopiavano i comportamenti dei loro ex padroni.
Quel poco di tedesco che sapevano, lo avevano imparato al tempo del fronte (od in campo di concentramento), non come i cittadini che, già prima della guerra, avevano potuto fare esercizi di lungua alla stagione dei bagni, tra le tende del mare ed i tendoni dei caffè. La loro ignoranza voleva una rivincita sociale, pretesero che i figli studiassero gli idiomi stranieri, sapessero far di conto, oltretutto è sempre meglio curare i propri interessi, e si può risparmiare nel personale.
Non è che la manodopera mancasse, anzi ce n'era in abbondanza. Le ragazze capivano che era più facile fare la cameriera che la contadina, gli anni erano quelli del miracolo economico, con la fuga dai campi e lo sviluppo dell'industria. Ma sùbito dopo venne la 'congiuntura', come nel 1964 si chiamò il primo segno di crisi del sistema economico italiano, che aveva aperto al nuovo, ma non aveva trovato il coraggio di superare lo sfruttamento iniziale di una manodopera che, di lì a qualche anno avrebbe chiesto più garanzie e più salario.
Il turismo s'allargava nei mille negozi che di sera occhieggiavano lungo la costa, con imprenditori del luogo, ma anche forestieri, che avevano compiuto il loro passo decisivo verso una ricchezza che sbocciava improvvisa. Dopo due o tre 'stagioni', ci scappava fuori la casa in proprietà, la villetta, un pezzo di terra in un punto buono che avrebbe moltiplicato in pochi anni il suo valore, e poi avrebbe accolto un condominio a tanti piani.
Era nato il grattacielo, proprio sul confine tra la città invernale e quella estiva, a ridosso della ferrovia: nelle cartoline, diventava il simbolo di una città all'americana, un sogni ricorrente per tutta la costa, come a Cesenatico ed a Milano Marittima.

I nonni del turismo vedevano crescere i figli nella consapevolezza che ormai il l più era fatto.
I giorni sono eguali ai giorni: perché il mare avrebbe dovuto cambiare con il passare del tempo?
Si trattava, in fin dei conti, di garantire un servizio decente, i bar si rinnovavano, crescevano i dancing, le orchestrine raccoglievano i professori d'orchestra che poi suonavano alle opera della stagione lirica all'aperto od alla Sagra malatestiana. (E Silvio Berlusconi faceva il pianista al 'concerto' del bar Sombrero.)
Cambiava un poco la cornice, ma la sostanza del quadro non poteva mutare: la certezza espressa dalla seconda generazione non ammetteva dubbi.
Da essa nacque di lì a poco, e sono questi anni, il disinteresse dei nipoti, quasi ad avverare la massima la massima dei vecchi borghesi che nelle dinastie, tranne rare eccezioni, individuano quelli che creano, quelli che mantengono e quelli che infine sperperano tutto il capitale.

I sogni di ricchezza e di gloria sono una malattia sociale che sfocia in atteggiamenti strani. I quali poi si riverberano nel tessuto economico in cui vive una città.
Anche Rimini, abbandonato il dinamismo che s'accompagnava al lavoro vero, allo sfruttamento intensivo dei dipendenti, fu affascinata da quei sogni. Per cui quando si è trovata di fronte alla necessità di una riorganizzazione che sapesse conciliare il discorso del bilancio con i problemi della tutela sindacale dei lavoratori, con il salario pagato secondo tariffa e prestazioni nei limiti dell'orario, ha iniziato a rallentare il passo, zizzagando nel suo cammino. Rimini cominciò lentamente ad invecchiare.
Il 1974 è stato l'anno della riforma fiscale in Italia. Uno storico dell'Economia che volesse andare a verificare la forza-lavoro locale di quello e degli anni successivi, confrontandola con i dati dei periodi precedenti, farebbe una scoperta sensazionale.
Rimini, da quel momento, decuplicò le cifre ufficiali dei dipendenti. Gli imprenditori, potendo detrarre dai guadagni le spese per lavoratori che sino ad allora avevano pagato in nero, si accorsero che evadere il fisco in quei momenti, era più un danno che un guadagno.

Non tutto il nero scomparve, divenne un fenomeno più contenuto, ben camuffato dalle continue lamentele per le (solite) difficoltà ad andare avanti. Ma, nel frattempo, erano stati costruiti edifici che garantivano rendite non indifferenti.
Sopra il pianto regolarmente ripetuto di crisi che impedivano di lucrare onestamente dal proprio lavoro, turismo ed attività ad esso collegate costruirono la ricchezza di una città che ha ormai dimenticato la funzione sociale del capitale, il ruolo che l'imprtenditore può avere per creare lavoro e benessere collettivo.

Fu così che la rendita da capitale prese anche la strada dei titoli pubblici (Bot e Cct), cresciuti a dismisura, con una disaffezione verso l'attività economica che per i più giovani talora è diventata qualcosa da usare soltanto ai propri scopi egoistici, rifiutando quei calli nelle mani che, per i loro nonni, erano stati segni di fierezza da uomini che s'erano 'fatti da soli'.
Per molti di questi nipoti della terza generazione, sembra esistere soltanto il divertimento, la vacanza perenne. In qualcuno di loro, nasce anche la tentazione di accorciare i tempi per veloci arricchimenti.
Se la Borsa cala ed il mercato ha le sue difficili leggi ed i suoi complessi compromessi, ad alcuni balena l'idea del momento.
Ci sono altri mercati che tirano. Quelli ad esempio della droga. Un colpo, tentato come alla roulette, porta spesso nella cronaca nera, tre gli elenchi delle operazioni anticrime di Carabinieri o Polizia.
Il mito narcistisco della ricchezza può avere anche questi risvolti amari. E dai nipoti, ai loro padri, la brama di denaro può lasciare il segno anche sulla vita di chi è più maturo.
Dietro in cinquantenne che si inabissa nel porto canale, nella scorsa primavera, con quasi due miliardi di buco, ma dentro una costosissima auto appena comperata, c'è la storia di speculazioni finanziarie andate male, con la crisi della Borsa. C'è l'ansia di una città che vuole crescere giocando abilmente con i titoli azionari, c'è insomma l'aria di chi vuole abbandonare vecchi clichè economici e sociali.
Ma c'è pure il segno riassuntivo di come, nel mutamento generale della società italiana, sia cambiata anche Rimini, Dai debiti alla voglia di ricchezza, con qualche puntata tre le colonne della cronaca nera. [3]

Rimini ieri. Cronache dalla città
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1541, 08.12.2011. Modificata, 08.12.2011, 09:31

Antonio Montanari

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